Terremoti, studiare gli effetti di sito per costruire meglio.

di Dario Tedesco, Docente di Geochimica e Vulcanologia del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Biologiche e Farmaceutiche (DiSTABiF) della Seconda Univesità degli studi di Napoli

 

Sembrava un remake della scossa del 23 Novembre 1980, quando tutti i muri di casa all’improvviso cominciarono a vibrare e solo dopo numerosi lunghissimi, furono veramente tanti, secondi tutto si placò. Le crepe erano e sono ancora visibili, almeno in un paio di stanze di casa dei miei genitori a Napoli.

Il 24 Agosto 2016 in piena notte quando la stanza ha cominciato a tremare, nella mia casa di Roma, ho avuto la sensazione di essere tornato indietro di tanti anni e di rivivere un esperienza già fatta.

La prima impressione è stata quel senso di indecifrabile incomprensione su quanto stesse accadendo: è certamente stata una scossa … ma dove? Per un attimo ho pensato ai Colli Albani, poi ho deciso nonostante il sonno di saperne qualcosa in più e di conoscere l’amarissima verità. Alto Lazio, nel Reatino in particolare, tra Lazio, Marche e Abbruzzi. Paesi come Amatrice, Accumoli e Arquata, spazzati via dalle carte geografiche.

Le case crollate, le persone che mancano all’appello ed una desolazione sempre difficile da mettere in conto, questo è il solito bilancio di un evento naturale drammatico come un terremoto. Non c’è tempo per pensare, per prepararsi per mettersi se stessi ed i propri cari al riparo dall’evento.

Sempre dopo ogni evento naturale è prassi oramai consolidata cercare colpevoli, inadempienze strutturali ed azioni criminali, di chi avrebbe dovuto fare e non ha fatto, o peggio non ha fatto secondo le regole. Si parla subito di disastro colposo, di errori di costruzione, di tecniche non adeguate e certamente di materiali sbagliati non idonei a sopportare scosse di tale energia.

Ma siamo sicuri di tutto questo?

Uno sguardo al catalogo degli eventi sismici tanto per dire dal 1900 ad oggi, ci propone una sequenza ininterrotta di terremoti, che molto spesso si sono ripetuti, talvolta con M diverse nelle stesse aree. Quello che colpisce è che nessuna area italiana, anche quelle considerate a basso rischio, sono immuni dall’essere colpite da scuotimenti della crosta terrestre. Escludiamo da queste aree la sola Sardegna. Le alpi, soprattutto l’area Friulana-Slovena, tuttia l’area appenninica, da quella più a nord Tosco-Emiliana sino alle montagne Calabresi e Siciliane, passando per l’appennino campano-laziale, umbro marchigiano e abruzzese – molisano. Perfino la tranquilla Puglia non è stata risparmiata, anche in tempi recenti, da brutali scosse che hanno lasciato dietro di loro, vittime e i soliti immancabili strascichi di polemiche

Il grosso problema è che l’uomo, ancor più spesso il politico, ha memoria molto corta e dunque tende, sarebbe meglio dire tendiamo, a ricordare gli eventi più recenti, ma cerchiamo, forse inconsciamente ad allontanare da noi quelli avvenuti solo alcune decine di anni fa.

Quindi ritornando al catalogo sismico relativo all’ultimo secolo o poco più, risulta stupefacente che siano stati tantissimi gli episodi relativi a dannosissime scosse di terremoto. Ricordiamone alcuni, giusto perché ritorni a tutti la memoria di quanto accaduto. Su tutti gli eventi, i 100,000 morti del terremoto di Reggio e Messina nel 1908 con una M di 7,24 risulta l’evento più disastroso che il nostro paese ha vissuto. Questo terremoto ha ricevuto un “avvertimento” da 5.9 di M solo l’anno prima (1907) ed una precedente scossa, ma meno devastante del 7,24 M di 7.06, sempre nella stessa area nel 1905. Avezzano e la Marsica nel 1913, con una M di 6,99 hanno pianto ben 30.000 vittime. Invece io credi di aver memoria dei telegiornali dell’epoca che mostrano immagini della Valle del Belice nel 1968 con un sisma di M 6.12, che precede l’avvento dei media nelle catastrofi naturali. Gli eventi sismici devastanti diventano di pubblico dominio nel 1976 in Friuli con due principali e micidiali scosse di 6.43 e 5,91 di magnitudo, con la seconda avvenuta a distanza di 4 mesi dalla prima e circa 1000 vittime. La Valnerina nel 1979 con una magnitudo di 5,9 precede, quello decisamente più devastante dell’Irpinia 6.7 nel 1980, che lascio’ sul terreno circa 2914 vittime. In Irpinia però gli anziani ricordavano sia per averlo direttamente vissuto sia per averne sentito parlare, un evento sismico altrettanto forte, 6.72 di M nel 1930 ed un terzo di M 5.84 nel 1910. Sempre nelle stesse aree. Non sembrano esserci dubbi, non è un caso, che in alcune aree eventi sismici particolarmente forti, si ripetono con feroce ciclicità anche con scadenze ravvicinate. Altra scossa a nord della Sicilia, nel Golfo di Patti di M 6.06 avvenne nel 1978. Questo evento è stato ritenuto responsabile di aver ridestato l’apparato vulcanico dell’isola di Vulcano con un veloce aumento delle temperature e variazioni chimiche che fecero temere una nuova drammatica eruzione.
Gli ultimi eventi, nel 1997 l’evento che prenderà il nome da Col Fiorito e Assisi o quello nel 2002 a San Giuliano di Puglia quello all’Aquila nel 2009 ed infine nel 2012 un evento di M 5.9 colpisce le province di Modena e Ferrara.

Nei nostri, napoletani e ischitani, ricordi orali, nei modi di dire, si menziona anche un terremoto spesso dimenticato ma di inaudita violenza e che a dispetto della bassa magnitudo, ma piuttosto della sua superficialità nel 1883 a Casamicciola (comune di Ischia) causò la morte di oltre 2313 persone. Un evento straordinario e di una drammaticità unica per le condizioni nelle quali avvenne e per la lentezza dei soccorsi. Questo evento fu preceduto due anni prima da un'altra scossa di magnitudo simile che aveva causato la morte di 126 persone.

Quindi la ricorrenza di questi avvenimenti, meno potente negli anni precedenti e più violento in seguito, sembra essere una preoccupante consuetudine.

Alcuni specialisti hanno cercato, purtroppo con risultati non brillanti, di spiegare ad ascoltatori affamati di informazioni corrette e soprattutto affidabili, un problema di cui parlano spesso i sismologi ovvero l’effetto di sito … cosa sarebbe? Lo si spiega facilmente, indipendentemente dall’energia dell’evento, dal fatto che due case costruite in maniera analoga, una viene completamente distrutta, mentre l’altra non subisce danni maggiori. E’ il sito, ovvero il basamento geologico sul quale la casa è costruita che rispondendo alle sollecitazioni delle onde sismiche provoca o meno la distruzione della casa. In pratica in funzione del materiale su cui poggia la casa, a parità di energia del sisma, ci sono maggiori o minori possibilità che questa rimanga in piedi o venga completamente rasa al suolo.

In un paese all’avanguardia come il nostro, studi di questo tipo possono e devono essere messi in opera. Certamente permetteranno di risparmiare e salvare vite umane. Quindi qualunque sia l’area del nostro paese in esame, ogni amministrazione locale, certamente aiutata dal governo centrale, dovrebbe avere il coraggio e la forza di cominciare a comprendere la qualità degli edifici, la loro messa in sicurezza e soprattutto studi appropriati su dove sono costruiti. Si tratta di un progetto di lungo termine e certamente costoso, molto costoso. Ma, ripensando ai tanti lutti e ai costi di circa un ordine di grandezza superiori utilizzati per le tante ricostruzioni e la perdita di un patrimonio artistico ingentissimo, possiamo certamente dire che ne vale la pena.

Un’ultima cosa, i terremoti non si prevedono, questo dovrebbe essere detto prima di ogni altra discussione. Negli ultimi 50 anni, in diversi paesi sono stati elargiti fondi importantissimi, Giappone e Stati Uniti in primis, per cercare di trovare parametri, fisici e chimici, che spieghino e soprattutto anticipino un evento sismico di grande magnitudo. Malauguratamente questi studi, nonostante le capacità dei ricercatori coinvolti, non hanno dato i risultati sperati. La paucità degli stessi ha bloccato se non addirittura prosciugato il flusso di fondi stanziati in questo settore.

A mio avviso, nonostante il deficit di certezze su possibili eventi premonitori, dovrebbe esistere un programma nazionale (possibilmente internazionale) che tenga conto di alcuni piccoli passi avanti fatti in questo campo negli ultimi trenta anni, permettendo ad alcuni ricercatori di portare avanti nuove ricerche e nuove idee, anche in funzione delle tante delusioni sui precedenti progetti. Questi studi potrebbero dare comunque un contributo importante nel migliorare le nostre conoscenze in questo settore. Sarebbe criminale non farlo.