Emozioni e risate con Giovanni Veronesi, si chiude la kermesse di Maestri alla Reggia

di Margherita Tamburro, laureanda in Lettere presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli

L’ultimo maestro del secondo ciclo della rassegna organizzata dall’Università Vanvitelli in collaborazione con Ciak, Maestri alla Reggia, è salito ieri sul “pulpito” della Cappella Palatina del Palazzo Reale di Caserta. Gli studenti, i professori, il personale dell’Università, insieme ai tanti cittadini presenti, hanno avuto il piacere di ascoltare Giovanni Veronesi “maestro della commedia”, come è stato definito nella presentazione da Piera de Tassis che lo ha intervistato per il pubblico presente.

 


Un susseguirsi di momenti divertenti ed emozionanti quelli dell’intervista, fin dall’inizio, quando la direttrice di Ciak gli chiede quale fosse stato il riconoscimento più grande della sua carriera e Veronesi risponde: “Un assegno di De Laurentis, enorme, lo portai a casa e lo guardai per tutta la notte. Era tutto quello che mio padre avrebbe guadagnato in due vite di lavoro normale e pensai che non avrei potuto mostrarlo a lui, altrimenti gli sarebbe venuto un ictus. E quell’ assegno mi fece capire che di questo mestiere, forse, ci si può vivere e ci si può vivere anche bene.”

Parlando dei suoi esordi racconta di come sia, “per un colpo di fortuna”, entrato nel mondo dello spettacolo dalla “porta principale”, grazie a Francesco Nuti che lo vede a teatro e gli propone di lavorare insieme. Riporta inoltre che da sempre era nei suoi piani lavorare nel cinema e che se avesse deciso di intraprendere un’altra strada, ad esempio seguire quella del padre, architetto, sarebbe sicuramente stato frustrato. Un invito quindi al pubblico e agli studenti a seguire i propri sogni e le proprie inclinazioni, come lui che non si è “mai dato un’alternativa” alla fine è riuscito a coronare il proprio sogno.

Dopo la visone di una clip de “La grande Guerra” di Monicelli, Veronesi commenta il video e spiega cos’è per lui la commedia:” Un comico e un grande attore che alla fine di un film, in una cornice così apocalittica come la grande guerra, muoiono. Fanno i vigliacchi per tutto il film, fanno ridere, scherzano sulla guerra, scappano, diventano disertori ma arrivati nel momento cruciale, in cui basterebbe un piccolo atto di vigliaccheria, diventano invece eroi. Questa è la commedia” e continua “La commedia è far piangere, far ridere, far emozionare, far divertire. C’è una gran confusione fra la definizione di commedia e quella di film comico. I film comici puntano solo a far ridere e ad avere un lieto fine quasi sempre assurdo, la commedia invece racchiude in se tutti i generi dal drammatico, all’emozionante fino al divertente. Mai una scena in una commedia deve essere chiusa con una gag o una battuta altrimenti diventa un film comico.”
Decisa la sua critica sul cinema come intrattenimento puro, una regola che lo perseguita per tutti gli anni ‘90, quando sulla scia di programmi TV come Drive In, anche il cinema prende la definizione di momento ricreativo perdendo ogni “velleità artistica”. Sottolinea poi invece perché, secondo lui, il cinema è meglio della televisione, spiegando come “L’arte ha bisogno del suo tempo per essere assaporata, cosa che al cinema si può fare, a casa no. Il problema è che le persone non hanno più tempo per il cinema.”

Emozionante il racconto della morte dei genitori, entrambi malati di cancro, morti con molta dignità sei mesi di distanza l’uno dall’altro:” Il giorno che è morto mio padre, dopo la morte di mia madre, io e mio fratello ci siamo resi conto che cosa c’avevano davvero insegnato i nostri genitori. E’ facile insegnare ai figli a vivere, ma loro c’hanno insegnato a morire.”

In una girandola di aneddoti e pensieri sul cinema, dai 3 attori fondamentali con i quali ha lavorato, passando per un aneddoto sul film “Italians”, il discorso si sposta poi sul fenomeno di costume creato dal film “Il Ciclone”, successo del 1996 con protagonista Pieraccioni e di cui è stato lo sceneggiatore, e sulla figura dei critici cinematografici che Veronesi critica fortemente.
Il regista racconta poi la storia vera di un’amicizia particolare ed emozionante fra un bambino e un gorilla, soggetto del suo prossimo film, di cui inizierà le riprese nel settembre del 2018 e che annuncia in anteprima alla platea della Vanvitelli.

L’incontro con Giovanni Veronesi si conclude con un aneddoto riguardo al mestiere di regista e la sua identità personale parlando della visione della vita di un ragazzo gravemente disabile, Massimiliano dopo aver visto al telegiornale le immagini della guerra civile in Ruanda, incurante dei cadaveri, delle armi e della distruzione a cui aveva assistito risponde alla domanda della madre su dove volesse andare in vacanza risponde: “in Ruanda, perché è un paese bellissimo”
“Massimiliano aveva visto solo ciò che voleva vedere lui, aveva fatto ciò che ogni artista o regista deve fare, prendere l’ottica della realtà e spostarla di 30 gradi e vedere la realtà dal suo punto di vista e non da quello che ti vogliono far vedere gli altri. Io da quella sera mi sono proclamato down”.