Omicidio Noemi Durini, il punto con Anna Costanza Baldry

Non sembrano diminuire gli episodi di femminicidio in Italia che quasi ogni giorno vengono accertati. L’ultimo ha come protagonista Noemi Durini, la 16enne di Castrigliano del Capo, Lecce, uccisa dal fidanzato “perché voleva sterminare la sua famiglia”, come ha dichiarato lo stesso durante l’interrogatorio. Su questo ultimo caso di cronaca nera si è pronunciata l’esperta Anna Costanza Baldry, criminologa e docente di psicologia sociale all’Università Vanvitelli, da sempre attiva sui temi della violenza contro le donne.
“In ogni caso, che si tratti di omicidio o no, tutti gli uomini hanno una semplicità di mettere in atto la violenza di fronte a un no o alla loro volontà di prevaricazione - ha commentato la docente durante un’intervista di Effetto Notte Radio 24 -. Il vero problema è che l’uomo di oggi è ancora legato ad un concetto di donna quale oggetto su cui prevaricare e quando incontra una donna che richiede una sua indipendenza, questa diversità non la accetta”. “Il problema non è solo di chi la agisce la violenza, ma della facilità culturale con cui la si minimizza” - ha proseguito la Baldry, sottolineando, nel caso di Noemi, l’importanza di smettere di colpevolizzare la vittima e di porre l’attenzione su di essa, e anzi comprendere ,invece, come e perché ha agito chi le ha fatto del male, procurandole la morte, in questo caso il fidanzato della ragazza. “Ognuno di noi deve avere il coraggio e la forza di ascoltare i propri sentimenti ed anche di chiedere aiuto a chi può fare qualcosa per noi”, ha concluso la docente.
A peggiorare ulteriormente il caso di Lecce, è la posizione del padre del fidanzato ed assassino di Noemi, indagato per avere aiutato il figlio ad occultare il cadavere della ragazza. Padre e figlio, il complice e l’assassino, sono un’altra immagine di una terra che ha già offerto una storia simile, quella di Avetrana. In un certo senso, Noemi Durini e Sarah Scazzi sono figlie di una società tossica, apparentemente felice , che fugge alle proprie responsabilità, non affronta e non comprende il pericolo, e soprattutto non attua alcun tipo di provvedimento di fronte a denunce e richieste di aiuto, ma resta immobile dinanzi ad eventi che ormai fanno parte della quotidianità. Quello di Lecce è solo uno degli ormai innumerevoli casi che  fa riflettere su quanto la società di oggi sia piena di giovani sempre più infelici e violenti e di famiglie complici e codarde.

di Katia Di Lorenzo, studentessa al Master in Giornalismo e Ufficio Stampa