Una proteina materna controlla la crescita dell'embrione, la scoperta di un team Vanvitelli

Studiare le proteine conservate nella cellula uovo per comprendere i meccanismi dello sviluppo embrionale. Un importante passo avanti nella ricerca contro l’infertilità femminile e i disordini dello sviluppo è stato compiuto dal team di ricercatori guidato da Andrea Riccio, docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali e Farmaceutiche dell’Università Vanvitelli e ricercatore associato dell’Istituto di Genetica e Biofisica Adriano Buzzati-Traverso del CNR. In collaborazione con il team del dottor Gavin Kelsey del Babraham Institute di Cambridge nel Regno Unito, i risultati di questa innovativa scoperta sono stati condivisi recentemente sulla prestigiosa rivista Genes and Development.

Il team che ha realizzato lo studio comprende come primo autore il dottor Carlo Giaccari. Seguono Francesco Cecere, Lucia Argenziano, Angela Pagano, Basilia Acurzio e la professoressa Flavia Cerrato. Il lavoro è frutto anche della collaborazione con i gruppi della professoressa Sandra Cecconi dell’Università dell’Aquila e della professoressa Maria Vittoria Cubellis della Federico II.

Lo studio si focalizza su un componente chiave del complesso multiproteico materno, PADI6, che svolge un ruolo fondamentale nell’immagazzinamento delle proteine nella cellula uovo, in maniera che esse possano essere utilizzate dopo la fecondazione, durante le prime divisioni cellulari dell’embrione.

"Le proteine materne - spiega Riccio – sono necessarie al prodotto del concepimento nelle prime fasi dello sviluppo, quando l’embrione non è ancora in grado di produrle. Mutazioni della proteina PADI6 sono causa di infertilità femminile e di alcuni rari disordini dello sviluppo, come la Sindrome di Beckwith-Wiedemann (BWS)”.

Il team ha generato un modello murino transgenico, in cui è stata riprodotta la mutazione di PADI6 precedentemente riscontrata in una donna le cui figlie erano affette da BWS. L’applicazione di tecniche innovative, come le analisi omiche su singola cellula, su questo modello animale ha permesso di dimostrare il ruolo che PADI6 svolge nella maturazione della cellula uovo e nella riprogrammazione del genoma embrionale, meccanismi molecolari che sono alla base dei difetti di sviluppo dell’embrione che si verificano prima dello stadio di impianto.

Questo studio apre nuove prospettive nella comprensione delle cause e nel potenziale trattamento dell’infertilità femminile. Nonostante ci siano ancora difficoltà per traslare questa promettente scoperta in fase pre-clinica e clinica, il team di Andrea Riccio è già al lavoro per individuare molecole che permettano di correggere il difetto di sviluppo causato dalla mutazione di PADI6 e sulla cui base individuare potenziali farmaci.
La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Telethon e dalla Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.