di Vincenzo Nigro, ordinario di genetica medica della Seconda Università di Napoli e ricercatore del Telethon Institute of Genetics and Medicine (TIGEM) di Pozzuoli
Metà delle distrofie muscolari di solito rimane ‘misteriosa’, senza che si riesca a risalire al difetto genetico che le provoca nonostante esami talvolta lunghi e invasivi, ma grazie a uno studio italiano il destino della maggior parte di questi pazienti potrebbe cambiare. Pubblicata sul numero di luglio 2016 della rivista Neurology, la ricerca descrive quali sono le basi genetiche delle distrofie sconosciute. Il lavoro è stato coordinato da Vincenzo Nigro, ordinario di genetica medica della Seconda Università di Napoli e ricercatore del Telethon Institute of Genetics and Medicine (TIGEM) di Pozzuoli.
La diagnosi genetica non significa solo dare un nome esatto ad una malattia, ma vuol dire consulenza genetica nei familiari, diagnosi prenatale e la possibilità di essere reclutati per la sperimentazione di nuovi trattamenti. Quest’ultima possibilità sta diventando sempre più vicina con un gran numero di trial clinici attivi nel campo delle malattie neuromuscolari. A fronte di quest’esigenza c’è un gran numero di pazienti che nonostante test genetici di riferimento e biopsie muscolari resta senza diagnosi. Il protocollo messo a punto a Napoli prevede più fasi per arrivare ad identificare le basi genetiche nei pazienti “senza diagnosi”.
Innanzitutto il DNA di 504 pazienti con malattie muscolari senza una diagnosi genetica è stato inviato a Napoli da differenti centri clinici italiani riuniti in due networks insieme con esperti francesi e belgi. Per tutti questi è stato firmato un consenso all’indagine. Il gruppo del prof Nigro (primo nome il dott Marco Savarese) ha creato e messo a punto un test detto “Motorplex” basato sulla nuova tecnologia di next generation sequencing che permette di analizzare con la massima accuratezza tutti i geni responsabili di queste malattie. In sostanza si è trattato di leggere circa 1 milione di basi di DNA per paziente, cosa che sarebbe stata impossibile con i test tradizionali. Il protocollo identifica ogni variazione della sequenza del DNA nei geni noti.
Usando Motorplex il 43.3% dei pazienti ha avuto una risposta definitiva, trovando la mutazione alla base della malattia, ed un ulteriore 31,7% una diagnosi parziale. Inoltre nel 30% dei casi la presentazione clinica era atipica e per almeno 10 geni c’è stato un’ulteriore diversificazione della presentazione rispetto a quanto noto.
“Questo è al momento il più grande studio mai pubblicato nel mondo - spiega Nigro - e suggerisce che questo tipo di analisi dovrebbe costituire il test d’ingresso per la diagnosi di queste malattie, mentre ora ci si sottopone ad accertamenti anche invasivi che in metà dei casi non portano ad un risultato.” Noi abbiamo preso questi casi senza diagnosi e nella maggior parte dei casi siamo riusciti a risalire alla causa. Inoltre quei pochi che rimangono sono nella fascia di malattia più lieve, in cui la componente genetica potrebbe svolgere un ruolo minore. La seconda fase prevede di studiare i pazienti che sono negativi al Motorplex. Questa fase è già avviata ci sta consentendo di leggere anche tutti gli altri geni a funzione ignota. La sfida è identificare ulteriori cause genetiche di distrofia muscolare.”
La piccola parte di pazienti che restano senza diagnosi anche dopo questo studio entreranno in una nuova sperimentazione di sequenziamento dell’intero genoma. Si ritiene che nei prossimi 5 anni il sequenziamento del genoma umano ad alta copertura possa essere disponibile per tutti i pazienti. Con enormi vantaggi, primo fra tutti che il test sarà uno solo per tutte le malattie genetiche e le predisposizioni ereditarie e si farà per una sola volta nella vita. Restano da sensibilizzare le istituzioni e da preparare i laboratori per questa rivoluzione copernicana.