La XXXV edizione di Futuro Remoto si svolgerà dal 23 novembre al 3 dicembre, con attività in presenza a Città della Scienza dal 23 al 28 novembre e con attività da remoto per tutta la durata dell’evento, secondo le modalità e nei limiti della normativa emergenziale – in materia coronavirus – vigente nel periodo della manifestazione.

Move-on-App a Futuro Remoto, l’applicazione smartphone che promuove uno stile di vita sano

Move-on-App a Futuro Remoto, l’applicazione smartphone che promuove uno stile di vita sano


L’app che aiuta la tua attività fisica. Si chiama Move-on-app ed è l’applicazione per smartphone che promuovere uno stile di vita sano attraverso esercizi personalizzati, ed è progettata, almeno in questa fase di start up - per pazienti affetti da patologie croniche come l’artrosi, ma per cui l’attività fisica è…

Road safety e smart mobility: verso una città sostenibile e connessa

Road safety e smart mobility: verso una città sostenibile e connessa


Un simulatore di guida per promuovere la sicurezza stradale nelle città sostenibili. Si chiama “Road safety e smart mobility” il laboratorio/dimostratore di mobilità sostenibile che sarà presente negli stand di Futuro Remoto di immediata fruizione e finalizzato a promuovere buone pratiche, ricerche tecnico-scientifica e sviluppo tecnologico anche al fine del…

Smart water network, alla Vanvitelli reti idriche “intelligenti” per ottimizzare l’uso dell’acqua

Smart water network, alla Vanvitelli reti idriche “intelligenti” per ottimizzare l’uso dell’acqua


Smart city più vicine grazie al progetto sulle reti idriche “intelligenti”. Sarà presentato a Futuro Remoto il progetto della Vanvitelli - sviluppato a valle del dottorato di ricerca in Ambiente, Design e Innovazione della Vanvitelli dalla dott.ssa Anna Di Mauro - incentrato sulla sostenibilità ambientale, ed in particolare sull’ottimizzazione dell’uso dell’acqua in…

Difendersi dalle inondazioni, la Vanvitelli presenta un progetto

Difendersi dalle inondazioni, la Vanvitelli presenta un progetto "sociale"


Rischio di inondazioni, 10 immagini per sensibilizzare sul tema. Nasce così il progetto presentato a Futuro Remoto dal Dipartimento di Architettura e disegno industriale, con l'obiettivo di sensibilizzare i giovani al valore della difesa da futuri rischi di inondazioni, dovute ai sempre crescenti fenomeni di innalzamento dei mari e incremento…

Verso una città sostenibile: biosensori in fibra ottica per il monitoraggio continuo della qualità delle acque

Verso una città sostenibile: biosensori in fibra ottica per il monitoraggio continuo della qualità delle acque


Nanotecnologie al servizio dell’ambiente. L’Innovativo sistema di sensori in fibra ottica plastica ideato dal Dipartimento di Ingegneria della Vanvitelli prevede infatti l’utilizzo di nanotecnologie per il monitoraggio della qualità delle acque, volto alla misurazione in differenti matrici ambientali (acqua potabile, acqua di fiume, acqua di mare, acque reflue, etc) di concentrazioni…

Verso una città sostenibile, sensori distribuiti in fibra ottica per il monitoraggio acustico e strutturale

Verso una città sostenibile, sensori distribuiti in fibra ottica per il monitoraggio acustico e strutturale


Sensori per il monitoraggio acustico e strutturale. Sarà presentato a Futuro Remoto l’ultimo nato al Dipartimento di Ingegneria della Vanvitelli, un sensore ottico applicabile in ambito geotermico, stradale, ferroviario, aerospaziale, e persino utilizzabile nel monitoraggio acustico di perdite nelle condotte. I sensori distribuiti in fibra ottica (DOFS) sono tra le…

Greenways, valorizzare i territori in maniera ecosostenibile. Al via il progetto della Vanvitelli

Greenways, valorizzare i territori in maniera ecosostenibile. Al via il progetto della Vanvitelli


Greenways come driver della valorizzazione ecosostenibile dei territori, attuata attraverso l’idonea connessione dei singoli giacimenti culturali. Sarà presentato a Futuro Remoto un progetto di ricerca internazionale che ha visto coinvolte l’Università della Campania (Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale) - coord. Elena Manzo - e la Hochschule Bochum (Department of Architecture), Bochum…

 

 

 La stagione estiva può rivelarsi una vera e propria alleata per i pazienti psoriasici: la luce del sole e l’acqua del mare possono essere utilizzate “a fini terapeutici” ma è sempre necessario rispettare le regole basilari per evitare i danni indotti dagli UV e non interrompere le terapie se non in accordo che il proprio dermatologo. Ne parliamo in questa intervista con Elisabetta Fulgione, specialista in Dermatologia e Venereologia presso la Clinica Dermatologica Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. 


Perché il sole migliora la psoriasi?

Il binomio sole e mare può essere una combinazione vincente per la maggior parte dei pazienti che soffrono di psoriasi : l’azione cheratolitica dell’acqua marina permette di ridurre lo spessore delle lesioni mentre i raggi solari fanno aumentare la sintesi di vitamina D e la sua azione benefica “ antipsoriasica”, diminuire il turnover delle cellule (velocità di crescita delle cellule molto elevata in questa malattia) e aiutano a spegnere l’infiammazione . Il sole può agire, inoltre, come una “terapia” grazie all’azione di stimolo del cervello con aumentato rilascio di endorfine, le molecole del buonumore, e conseguente diminuzione della percezione dello stress, uno principali trigger (fattori grilletto) della malattia. In presenza delle varianti pustolosa ed eritrodermica, tuttavia, si può osservare un peggioramento della psoriasi (circa 5% dei casi) ed proprio per questo motivo è fondamentale farsi consigliare dallo specialista sulle precauzioni da mantenere in vacanza.


Anche i pazienti psoriasici devono utilizzare protezioni solari? Esistono delle regole da seguire per una corretta esposizione al sole?

Anche se la luce del sole e l’acqua del mare possono essere utilizzate nei pazienti psoriasici “a fini terapeutici” è sempre necessario rispettare le regole basilari per evitare i danni che possono essere indotti dagli UV. L’esposizione al sole deve essere graduale evitando “full immersion” nelle ore più calde (11-15) e ricordando sempre d’applicare un crema protettiva almeno 20 minuti prima di farsi baciare dal sole e ogni 2-3 ore nel caso di esposizione protratta. La protezione solare andrà scelta sempre in base al proprio fototipo per evitare scottature e, di conseguenza, danni alla cute. Anche le acque termali possono essere estremamente utili per i pazienti psoriasici: qualche attenzione in più, se la pelle è particolarmente infiammata e con ragadi e spaccature, deve esser posta nel caso dei bagni in piscina per l’azione irritante che può esser causata dal cloro.

 

I miglioramenti ottenuti grazie all’azione del sole portano molto spesso i pazienti a interrompere i trattamenti : è corretto concedersi una 'vacanza terapeutica' ?

L’esposizione solare può essere un valido alleato ma non un sostituto delle terapie tradizionali per questo i pazienti psoriasici, cosi come tutti coloro che per patologie croniche sono sotto terapia dermatologica, dovrebbero discutere sempre con lo specialista le eventuali modifiche e variazioni sia dei trattamenti locali che di quelli sistemici: deciderne arbitrariamente la sospensione può provocare, non raramente, peggioramento e/o un successivo “rebound” della malattia. Tra i farmaci utilizzati per la terapia della psoriasi i nuovi trattamenti biologici non necessitano di sospensione estiva ma nel caso di terapie con molecole ad azione fotosensibilizzante è sempre necessario discutere con il dermatologo curante per evitare fenomeni di sensibilizzazione o scottature dovute alla loro assunzione.


Le alte temperature, il clima umido e l’inevitabile aumento della sudorazione possono causare disagi ai pazienti psoriasici?

Il sudore eccessivo può, purtroppo, peggiorare la psoriasi. La prima regola da seguire per evitare disagi eccessivi è sicuramente quella di indossare indumenti leggeri cosi che la cute resti fresca e asciutta via libera quindi al cotone, lino e fibre nobili. Attenzione alle fibre sintetiche e agli indumenti stretti che possono aumentare la sudorazione e lo sfregamento tra cute e stoffa che può provocare irritazione. Non cercare, inoltre, di sfuggire dal caldo estivo trascorrendo molte ore in ambienti rinfrescati dai condizionatori: l’aria resa più secca da questi refrigeratori può peggiorare le patologie dermatologiche croniche e tra queste la psoriasi.


Spesso per il caldo eccessivo si è portati a passare più tempo sotto la doccia e la pelle diventa più secca: ci sono delle precauzioni che possono prendere i pazienti che soffrono di psoriasi ?

Per contrastare la secchezza che può derivare dai continui lavaggi è importante scegliere detergenti a base oleosa ed emolliente che favoriscano la giusta idratazione evitando il peggioramento della xerosi. E’ fondamentale, inoltre, non dimenticare mai d’applicare dopo la doccia ed il bagno balsami o creme con azione lenitiva ed idratante: la presenza di urea in una concentrazione dal 5 al 10% è particolarmente utile per ripristinare idratazione e facilitare, li dove necessario, l’eliminazione delle squame.


In caso di punture di insetti sulla psoriasi, come regolarsi?

Cercare di non traumatizzare la zona con il grattamento ed applicare prodotti specifici per le punture di insetti non fotosensibilizzanti ( spray ,creme olii e pomate ) è la regola principale da seguire: qualsiasi forma di traumatismo, sia di tipo fisico, che meccanico o chimico (dalle ustioni alle ferite fino anche al semplice grattamento o ad una epilazione o rasatura non delicate) può provocare nei pazienti psoriasici la comparsa di chiazze psoriasiche esattamente nelle sedi interessate dal trauma ( fenomeno di “Koebner”).


L’alimentazione e lo sport possono influire sul benessere di questi pazienti?

Sfruttare l’estate per svolgere un’attività fisica regolare può contribuire ulteriormente a “tenere sotto controllo” la psoriasi: lo sport agisce permettendo di arginare lo stress e rafforzando il sistema immunitario. Il rapporto tra dieta e psoriasi è stato sottolineato da recenti studi e oggi possiamo affermare che una scorretta alimentazione è in grado di indurre peggioramenti significativi del quadro clinico. I pazienti che soffrono di psoriasi dovrebbero assumere soprattutto cibi che non modificano lo stato infiammatorio come frutta e verdura, pesce e carni bianche.

 

 

 

a cura di Sebastiano Costa, docente di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione alla Vanvitelli 

Bimbi in casa, sei mesi di casa e famiglia: come è cambiata la crescita dei bambini al tempo del lockdown?

Il lockdown è stata sicuramente un’esperienza complicata per molte famiglie e anche per molti bambini. In generale, sono cambiate le routine quotidiane e tutte le abitudini son state stravolte da un giorno all’altro, eventi che rappresentano una importante fonte di stress. A questo si aggiunge che l’impossibilità di uscire di casa e di incontrare amici, compagni, insegnati e parenti per un periodo così lungo ha creato una condizione di disagio insolita ed inaspettata. Non è semplice fare un discorso generale sulle ricadute che questo evento possa avere nella vita dei bambini, perché ci sono tantissimi fattori che entrano in gioco. I bambini possono rispondere alle situazioni difficili in modo differente in base alle proprie qualità e capacità individuali, ma anche le caratteristiche della famiglia ed in generale la rete di relazioni intorno a loro possono avere una forte influenza. Nell’insieme, gli studi sul benessere psicologico durante il lockdown hanno notato una maggiore frequenza delle normali incertezze, paure e ansie quotidiane con un rischio più alto di sviluppare emotività negativa. Nel report sul benessere psicologico redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 2020, pag. 2) durante le misure di distanziamento sociale veniva sottolineato come “le difficoltà emotive tra i bambini e gli adolescenti siano esasperate dallo stress familiare, l’isolamento sociale, con alcuni che affrontano un aumento di abusi, l’interruzione dell’istruzione ed incertezza sul proprio futuro, che si verificano in momenti critici dello sviluppo emotivo.”. Queste considerazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fanno capire bene come l’esperienza del lockdown possa essere considerata un fattore di rischio per il benessere psicologico, seppur senza cadere in facili catastrofismi. Fortunatamente, gli esseri umani e, in questo caso, i bambini, nella maggior parte dei casi hanno la possibilità di valorizzare le risorse individuali e di supporto sociale per affrontare adeguatamente le difficoltà e vivere esperienze di benessere anche a seguito di situazioni stressanti. Quindi, sebbene questa esperienza sia stata emotivamente molto forte, in presenza delle adeguate risorse individuali, familiari e sociali è più probabile che le conseguenze disfunzionali siano limitate. Tuttavia, nei casi in cui questo non avvenga e le preoccupazioni e gli stati emotivi negativi diventino continuativi e persistenti, allora sarebbe il caso di non sottovalutare i segnali di sofferenza dei bambini e chiedere aiuto ad un professionista, come uno psicologo, per aiutarli ad affrontare adeguatamente questo momento particolarmente complesso.

Come conciliare gli impegni dei genitori in smart working con quelli dei bambini e ragazzi senza che questi ne risentano?

Se dovessimo utilizzare una parola chiave credo sarebbe “organizzazione”. Nell’ambito familiare, l’organizzazione delle attività del figlio rientra tra le pratiche educative che quotidianamente il genitore mette in atto. Queste pratiche rivestono una maggiore valenza in circostanze di emergenza perché permettono ai bambini di riacquisire dei ritmi giornalieri che consentono di ridurre il sentimento di smarrimento e di incertezza legato allo stravolgimento delle proprie abitudini. Naturalmente, l’organizzazione non può coinvolgere solo le attività dei figli, ma necessita una riprogrammazione di tutto il sistema familiare. Ciascuna famiglia ha delle peculiarità ed esigenze uniche che non permettono di fornire una ricetta valida per tutte, ma un’adeguata organizzazione che tenga in considerazione i bisogni di tutti i membri della famiglia può sicuramente aiutare nella gestione di questa difficile situazione. Anche per i genitori, infatti, una pianificazione chiara delle attività familiari può promuovere il senso di controllo della propria vita che potrebbe essere stata intaccata dal caos e dell’incertezza di questo frangente. Lo smart-working ha le potenzialità per facilitare questi processi, ma necessita di un adeguato coinvolgimento e corresponsabilità di tutti i membri della famiglia per evitare che tutto il carico di lavoro domestico pesi su una sola persona.

References

https://medium.com/@wgrolnick/parenting-during-a-pandemic-tips-for-parents-home-for-extended-time-periods-2d71c06c456

https://www.un.org/sites/un2.un.org/files/un_policy_brief-covid_and_mental_health_final.pdf

Pelle perfetta anche se con mascherina e guanti! Ecco alcune pillole di bellezza a cura di Elisabetta Fulgione Specialista in Dermatologia e Venereologia dell'Università Luigi Vanvitelli. Vediamo nel dettaglio

 

 

 

a cura di LUDOVICA DECIMO – Dottore di Ricerca e Docente a contratto di “Diritto patrimoniale ecclesiastico e delle organizzazioni no profit” (IUS/11) - Dipartimento di Giurisprudenza - Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”

 

Il Governo e le autonomie locali, per fronteggiare l’epidemia da Covid-19, nella c.d. «Fase 1», hanno adottato provvedimenti restrittivi della libertà religiosa. Le ordinanze contingibili ed urgenti e i D.L. hanno infatti disposto la sospensione dei riti e manifestazioni di culto e la limitazione all’accesso dei luoghi sacri, giustificati da una ragione di urgenza-emergenza per la tutela della salute pubblica.

Tali provvedimenti che interdicono la fede sono del tutto legittimi? La libertà religiosa non è un diritto limitabile, ma è comprimibile in alcune sue manifestazioni nel rispetto delle regole dell’ordinamento costituzionale. Ciò è possibile con precisi vincoli temporali e sulla base di provvedimenti proporzionati e basati su reali esigenze di necessità ed urgenza a tutela di altrettanti valori costituzionalmente protetti come appunto la salute.

Le misure adottate sono state avvertite come necessarie anche dalle confessioni che hanno collaborato con lo Stato. Le religioni non hanno infatti contrastato i provvedimenti limitativi dei propri spazi di libertà e all’esercizio del culto dei loro fedeli, ma hanno disposto autonomamente la chiusura di spazi ed edifici, invitando i propri fedeli ad atti di culto individuali. Ne discende una preziosa cooperazione tra Stato e religioni per contrastare l’emergenza sanitaria e tutelare la salute pubblica. Nella c.d. «Fase 2» le confessioni religiose hanno concordato con il Ministero dell’Interno protocolli operativi per garantire la ripresa delle funzioni religiose nel pieno rispetto delle misure di sicurezza.

La straordinaria emergenza sanitaria che sta vivendo il nostro paese deve però indurre il giurista a porsi alcune domande fondamentali. Potrà accadere di nuovo? Ci potranno essere altri eventi per i quali sarà necessario comprimere la libertà religiosa individuale e collettiva? È possibile ipotizzare che ciò avvenga, sin da subito, con modalità concordate preventivamente con le stesse confessioni religiose, in ossequio al principio di bilateralità pattizia? A tali domande è necessario fornire prontamente delle risposte per salvaguardare il diritto di libertà religiosa e l’autonomia delle confessioni religiose da possibili prevaricazioni normative.

a cura di Carmen Di Carluccio - Ricercatore di Diritto del Lavoro - Dipartimento di Giurisprudenza - Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”

 

Nell’ambito delle misure di contrasto e di contenimento dell’emergenza epidemiologica determinata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2, causa della coronavirus disease 2019  (malattia nota con l’acronimo covid-19), il Governo ha riservato uno spazio privilegiato al lavoro agile che costituisce una «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato», nel cui ambito la prestazione, affrancata da «precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro», viene eseguita «in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno», «senza una postazione fissa», «entro i soli limiti della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva».

L’istituto, che nasce con la finalità di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, assume la nuova inedita funzione di strumento di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori e, prima ancora, di tutela della salute pubblica.

L’Esecutivo – attraverso i numerosi provvedimenti che si sono via via succeduti, a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020 – ha ridefinito i contorni del lavoro agile, prevedendo la possibilità di derogare alla prescrizione che richiede la sottoscrizione da parte del lavoratore e del datore di un accordo individuale sui contenuti e sull’organizzazione dell’attività da svolgere in formula agile, nonché una semplificazione con riguardo al vincolo in materia di informativa sui rischi, generali e specifici, connessi alla peculiare modalità di svolgimento della prestazione.

Il lavoro agile in tempi di pieno allarme sanitario diviene home working: il non-luogo di lavoro, che connota tipicamente il lavoro agile, non può più essere liberamente scelto dal lavoratore, dovendo forzatamente coincidere (salvo situazioni eccezionali) con l’abitazione di residenza e/o di domicilio del lavoratore, luogo necessitato da ragioni di salvaguardia della salute pubblica. Le misure di contenimento via via indicate dalla pubblica autorità delimitano, infatti, il perimetro degli spostamenti delle persone fisiche e, quindi, anche dei prestatori di lavoro sul territorio nazionale: la prestazione – sempre che sia riconducibile ad attività non sospese – è confinata all’interno dei locali aziendali, con l’assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio (in tal caso lo spostamento si giustifica per «comprovate esigenze lavorative»), oppure, e anche solo in parte, all’esterno degli stessi, presso l’abitazione del lavoratore o in altro luogo da lui individuato che risponda ad un bisogno reale, cosicché lo spostamento sia motivato per «situazioni di necessità» o cause «di salute» (si pensi, ad esempio, al bisogno di assistere un anziano familiare non convivente).

La rimodulazione dell’istituto è avvenuta, peraltro, attraverso modalità diverse per l’area del lavoro pubblico, nel cui ambito si prescrive che venga assicurato lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile, con l’individuazione da parte delle PA delle attività non procrastinabili da rendere obbligatoriamente sul luogo di lavoro. In tal modo si configura come eccezione il lavoro in presenza (ammesso esclusivamente per le attività «indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro anche in ragione della gestione dell’emergenza») e come regola l’attività svolta in modalità home, con una forte limitazione del potere gestionale datoriale.

Diversamente si dispone per l’area del lavoro privato, nel cui ambito «si raccomanda» il «massimo utilizzo» del lavoro in forma agile per tutte le attività «che possono essere svolte» con questa modalità (solo per i genitori lavoratori dipendenti che hanno almeno un figlio minore di anni 14 - se nel nucleo familiare non vi sia altro  genitore  beneficiario  di  strumenti  di sostegno al  reddito in   caso   di   sospensione  o  cessazione dell’attività lavorativa o non vi sia genitore  non  lavoratore - si configura un diritto a svolgere la prestazione in modalità agile «a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione»). In tal caso si demanda all’imprenditore la valutazione – discrezionale – relativa alla verifica della sussistenza delle condizioni (strutturali, organizzative, strumentali, tecnologiche, ecc.) di impiego dello strumento; una valutazione che non può prescindere dalle ulteriori prescrizioni rivolte alle organizzazioni produttive per evitare che le stesse possano trasformarsi in un veicolo di diffusione del nuovo coronavirus. Ci si riferisce, in particolare, all’invito a incentivare ferie e congedi retribuiti, assumere protocolli anti-contagio per i lavoratori in presenza, adottare DPI, porre in essere operazioni di sanificazione degli ambienti di lavoro, limitare al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentare l’accesso agli spazi comuni, con un auspicato contributo delle parti sociali.

L’emergenza sanitaria ha aperto i riflettori su uno strumento poco utilizzato dalle imprese, soprattutto quelle situate in certe aree geografiche del Paese e, ancor di più, dalla PA, sollecitando (imponendo, nel caso delle PA) un cambiamento forzato, improvviso e a tappeto delle modalità ordinarie di organizzazione del lavoro e di gestione del personale.

Occorrerà verificare ex post se quest’intervento si tradurrà in una innovazione tangibile dei processi organizzativi e se i soggetti coinvolti riusciranno a sperimentare – alle condizioni necessitate dallo stato di emergenza epidemiologica – i benefici dell’istituto, scegliendo di farne uso anche al termine di questa congiuntura critica.

Molto dipenderà dalla capacità del mondo datoriale – in specie di quello pubblico –  di sostenere il cambiamento che si è innescato attraverso azioni su processi-strumenti e sul personale.

Nella prima direzione appaiono utili alcune recentissime previsioni che semplificano le procedure per l’acquisto di servizi informatici da parte delle PA e istituiscono un fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione. Misure valide, queste, che non possono essere disgiunte da una riorganizzazione del lavoro che offra la possibilità al personale di sperimentare abilità e competenze nuove (non unicamente tecniche e specialistiche, ma anche di natura trasversale: apertura al cambiamento, problem solving, capacità di lavorare in gruppo, pensiero creativo, intelligenza emotiva, ecc.), senza trascurare la dimensione sociale e umana del lavoro. Quest’ultima rischia di essere fortemente messa in crisi da un home working che il lavoratore non ha scelto, ma subisce e sperimenta in una situazione emergenziale, che esige di riprogrammare routine di vita e di lavoro, gestendo, per un verso, l’isolamento forzato e la difficoltà di razionalizzare le inevitabili paure e il senso di smarrimento che accompagnano questi processi, dall’altro, le sfide imposte dalla ricerca di equilibri nuovi negli impegni di cura e di assistenza alla famiglia (e, in particolare, ai figli minori), resi più gravosi e talora totalizzanti, a fronte della sospensione dei servizi educativi per l’infanzia, delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, e, più in generale, dei servizi di sostegno della genitorialità.

Il COVID-19 ha messo in evidenza l’interdipendenza esistente tra uomo e natura, e l’impatto che l’uomo ha sul pianeta nel deviarne il corso dei fenomeni naturali ed i suoi equilibri.
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Una mala gestione delle risorse del pianeta ci danneggia: basti pensare all’inquinamento, che causa migliaia di morti l’anno, lo sviluppo di malattie ed epidemie trasmissibili all’uomo che derivano, ed esempio, dall’alterazione della biodiversità, il sovra sfruttamento dei terreni, che genererà importantissime crisi alimentari.
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Con fridays for the future il fenomeno dei cambiamenti climatici è diventato un tema mondiale. Ma bisogna agire subito per invertire il cambio climatico in atto. Diversamente, potrebbe essere troppo tardi.
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E’ possibile invertire questa corsa distruttiva?
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Siamo parte dell’Europa. Il greendeal, la strategia Farm to Fork, le nuove politiche PAC, sono solo alcune delle iniziative della Comunità Europea per uno sviluppo “verde”, per una società dove la sostenibilità non è solo garanzia di sicurezza e salute ma anche di sviluppo economico. Cambiare, dunque, è possibile, anzi doveroso, ma ciò richiede atteggiamento radicalmente diverso nei confronti dell’ ambiente, da parte delle istituzioni, dei cittadini, e, anche, delle Università.
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Anche l'Università Vanvitelli è parte attiva in tale sfida. Nel Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche i nostri ricercatori lavorano per una gestione sostenibile del pianeta. Abbiamo progetti attivi, ad esempio, nella salvaguardia e gestione delle foreste, sperimentiamo tecniche innovative per l’ agricoltura sostenibile, studiamo innovazioni per ridurre l’ effetto serra, testiamo tecnologie per la depurazione di acqua e aria. E molto altro ancora.
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Il nostro impegno è costante, e lavoriamo ogni giorno per far sì che l’approccio interdisciplinare e le conoscenze che maturiamo nei nostri laboratori vengano trasmessi agli studenti dei nostri corsi di laurea. I professionisti del futuro, che ci aiuteranno a gestire il cambiamento.
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Simona Castaldi, docente di Ecologia al Distabif
www.distabif.unicampania.it/

 

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The COVID-19 emergency highlighted the mutual relation existing between man and nature, and the impact that man has in deviating the course of natural phenomena and on the planet's equilibrium.
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Inadequate management of the planet's resources prejudices us: just think of pollution, which causes thousands of deaths a year, of the development of diseases and epidemics transmittable to humans deriving, for example, from the alteration of biodiversity and to the over-exploitation of land, which will generate very important food crises.
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With fridays for the future climate change has become a global topic. Action must be taken immediately to reverse the ongoing climate change. Otherwise, it may be too late.
It is possible to reverse this destructive run?
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We are part of Europe. The Greendeal, the Farm to Fork strategy, the new Common Farm policies, are just some of the European Community initiatives for a “green” development, for a society where sustainability is not only a guarantee of safety and health but also of economicalprogress. Therefore, change is not only possible but necessary. This mutation requires a radically different attitude towards the environment, from institutions, citizens, and, also, universities.
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The Vanvitelli University is also an active part in this challenge. In the Department of Environmental, Biological and Pharmaceutical Sciences and Technologies our researchers work for planet sustainability. We are working on projects, for example, for the protection and management of forests, we are experimenting innovative techniques for sustainable agriculture, we are studying innovations to reduce the e green house effect, we are testing technologies for water and air purification. And much more.
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Our commitment is constant, we work every day to ensure that the interdisciplinary approach and the knowledge that we develop in our laboratories are transmitted to our students. The experts of the future, who will help us deal with change.
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Simona Castaldi, Professor of Ecology at distabif
www.distabif.unicampania.it/

 

a cura di Roberto Marcone, docente di Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione  alla Vanvitelli 

I giorni successivi alla notizia dei primi contagiati di coronavirus in Italia e l’attuale situazione mondiale che ha portato l’OMS a dichiarare lo stato di pandemia e il Governo a prendere misure fortemente restrittive (DPCM del 09/03/20) con, tra l’altro, la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado e le Università (per ciò che riguarda la didattica), nonché tutti i centri di aggregazione sociale (palestre, piscine, pub, locali…) ha rivoluzionato la vita di tutti noi e ha improvvisamente e inderogabilmente obbligato ogni singolo e ogni famiglia a vivere una realtà nuova e inesplorata.
Stare in famiglia in un periodo di quarantena forzata può avere tanti risvolti positivi: come dice una meme che gira in questi giorni: “Sono stato a casa con la mia famiglia, ho scoperto che sono brave persone”.

Ecco quindi, una sorta di decalogo:

  • I legami che tengono uniti. Ascoltiamo, parliamo, coccoliamo, giochiamo, costruiamo, cuciniamo, ordiniamo, vediamo un cartone, un film, una serie tv insieme.
  • Diciamo la verità. Spiegare in maniera chiara ed efficace la situazione e la causa della stessa. Le modalità dovranno essere calibrate in funzione dell’età, ma ricordatevi che i bambini, anche i più piccoli, capiscono! Non lasciateli coi dubbi, non fategli ricostruire una loro realtà.
  • Non fate promesse che non potete mantenere. Non dite ai vostri figli che li porterete sulla Luna quando tutto sarà finito. Dategli futuro, stabilite le cose che si potranno fare, ma non esagerate con promesse “impossibili” da realizzare.
  • Organizzate le giornate. Ogni giorno la routine quotidiana non deve mutare troppo rispetto alla “norma”. Ci si lava, ci si veste, si organizzano i tempi, gli spazi e i modi per fare le cose. Forniamo uno spazio-tempo gestibile, sia quello comune, sia quello individuale. Facciamoci aiutare dai nostri figli nel farlo.
  • Giocare insieme. Condividete le scelte del da farsi. Supportate e state insieme a vostro figlio durante l’attività. Organizzate insieme a lui lo spazio ludico e l’attività stessa. Organizzate insieme a lui anche i momenti in cui dovrà giocare da solo, assicurandogli comunque una presenza attiva sempre (ascolto e condivisione). Permettete anche loro di “rivoluzionare” una parte della casa (una tenda, uno spazio fatto di cuscini in salotto), tanto non deve venirci a trovare nessuno. Per i più grandi, rinforzate l’utilizzo corretto della tecnologia; fateli giocare in rete con i loro amici. Interessatevi alle loro attività senza però essere eccessivamente invasivi. Evitate comunque che passino troppo tempo in isolamento nella loro camera: programmate la visione di una serie tv insieme, o di un gioco da tavola o, perché no, un videogioco da fare insieme.
  • Attività motoria. Provate a organizzare insieme ai vostri figli qualche esercizio ginnico da fare insieme quotidianamente: farà bene a tutti, e non solo nel fisico.

Ma vediamo nel dettaglio

Sono almeno tre le aree fortemente interconnesse cui far attenzione in questa delicata fase: la prima è affettivo/emotiva; la seconda è cognitiva; la terza è legata agli stili parentali. Provo quindi a sintetizzare il tutto in un discorso generale, fatto di punti salienti.

I bambini sotto i tre anni abbisognano fondamentalmente di un clima sereno e accondiscendente, che li faccia sentire sereni e al sicuro nella propria casa. Fino al 36mo mese ai bambini piace la routine, la sicurezza data da una figura che stia con lui a fare delle cose, a leggergli una storia, a colorare e disegnare. Non è necessario inventarsi chissà cosa: lasciatevi guidare dal semplice buon senso genitoriale approfittando della dilatazione del tempo: il vostro bambino non potrà che rasserenarsi e rasserenare anche voi. Se dovesse chiedervi perché non può uscire, siate sinceri, spiegandogli con parole estremamente semplici che in questo momento c’è la possibilità di contrarre una malattia molto molto forte e pericolosa e che quindi, per un po’ ci si dovrà divertire insieme restando a casa.

I bambini e i ragazzi più grandi possono mostrarsi spaesati e impauriti dal cambiamento improvviso delle loro routine e dalla plausibile agitazione che regna nella loro casa: non possono più uscire, andare in piscina, in palestra, a scuola, vedersi coi loro amici, ma saranno impegnati nei compiti scolastici, nelle lezioni a distanza o nelle chat di amici. Condividete con loro tutti questi momenti, chiedendo (senza assillo e insistenza), cosa hanno fatto, come si sono trovati, che strumenti hanno utilizzato. Fatevi raccontare la loro giornata. La tecnologia aiuta molto, i nostri figli sono nati nell’era digitale, sono preparati quanto (anzi più di) noi all’utilizzo di questi mezzi. Mantenete i contatti con le figure a loro più vicine (nonni, parenti, amici) attraverso videochiamate programmate. Supportate la loro necessità di utilizzare più spesso del solito giochi elettronici, ma suggerite loro di farlo in chat con amici, e non in isolamento solitario.

Quindi, ricapitolando.

Ascoltate le vostre emozioni e quelle di vostro figlio, e condividetelo. Parlate, parlate tanto se ce n’è bisogno. La condivisione è rassicurante, confortante e salda quelli che Bruce Springsteen chiama “I legami che tengono uniti” [The Ties that Bind, 1980] o che, in maniera più scientifica, Bowlby chiama legami di attaccamento. La vicinanza affettiva in questi momenti dev’essere chiara, disponibile, immediata. Ciò non vuol dire che vostro figlio dovrà necessariamente rispondere alle vostre domande, né che voi dobbiate tediarlo con le vostre preoccupazioni, anzi, come spesso capita, un abbraccio, un’occhiata, la condivisione di una cosa “terza” aiuta a sciogliere le resistenze e ad aumentare la vicinanza affettiva. Non chiedete costantemente “come va?”, “ti annoi?”, “sei preoccupato?”. Non pretendete risposte, ma chiacchierate, parlate.

Siate chiari. Con linguaggio diverso e con diverse modalità in funzione dell’età, spiegate a vostro figlio cosa sia il Covid-19, con linguaggio semplice e parole chiare. Illustrate la pericolosità del virus e, quindi, la necessità di stare a casa. Siate sinceri, semmai fantasiosi coi più piccoli (inventate una storia con personaggi e luoghi), ma sinceri: non minimizzate, non evadete il discorso. I più piccoli si sentiranno spaesati, non riusciranno a cogliere e comprendere il perché delle limitazioni e dell’agitazione, avranno solo più paura e costruiranno “teorie ingenue” per darsi una risposta. I più grandi potrebbero iniziare a reperire informazioni in maniera incontrollata, esternamente, perdendo contemporaneamente la fiducia o semplicemente la voglia di confrontarsi in famiglia. Non si è mai troppo piccoli per capire! Non commettiamo quest’errore, perché pur di capirci qualcosa i bambini e i ragazzi si autocostruiscono una teoria esplicativa, che può confonderli ancor di più e far perdere autorevolezza alla figura genitoriale.

Giocate, organizzate gli ambienti in maniera tale che la casa possa diventare fonte continua di svago e di gioco. I piccoli potranno impegnarsi in tante attività ludico-educative-ricreative. Non è necessario essere insieme a loro per tutto il tempo, ma è importante iniziare con loro, è importante strutturar loro l’ambiente ludico. Organizzate insieme lo spazio dove disegnare, dove costruire un puzzle, dove giocare con pupazzi e bambole. Parimenti, organizzate insieme alcune attività domestiche (mettere ordine, cucinare, lavare…), creando una routine ludica condivisa. I bambini, se sereni e coinvolti emotivamente, hanno tantissime risorse per poter gestire in autonomia anche per tempi lunghi un gioco: voi siate semplicemente pronti a rispondere alle loro richieste (“mamma! Guarda che ho fatto!”; “papà, mi aiuti con questo pezzo di lego?”). Evitate maratone eccessive di cartoni animati, che pur vanno bene per un tempo continuativo limitato: non per il cartone in sé, che potrebbe essere visto anche 4 ore di fila, ma perché si assopisce la componente di condivisione emotiva di ciò che si sta facendo.

Il momento è certamente difficile, inutile nasconderlo; dobbiamo imparare a vivere e convivere con le nostre paure e con l’incertezza, ma, da genitori, dobbiamo continuamente e costantemente essere punti di riferimento, basi sicure per i nostri figli.

Un ultimo consiglio
In rete, su canali istituzionali (ministero della salute, diverse università, save the children, telefono azzurro, rai, …) si trova molto materiale, sia informativo, sia di suggerimento per le attività da svolgere.

Di seguito qualche link
Telefono azzurro http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4122

Explora Roma https://www.mdbr.it/guida-galattica-al-corona-virus/

Policlinico di Milano https://www.policlinico.mi.it/uploads/fom/attachments/pagine/pagine_m/78/files/allegati/546/storia_di_un_coronavirus_-_alfabetico_-_secondo_finale.pdf

Approfondimento a cura di Mauro Rubino, docente alla Vanvitelli

Lo scioglimento dell'Antartide in passato ha causato un innalzamento del livello dei mari di più di 3 metri - e potrebbe capitare di nuovo

Le alte temperature dell'ultimo periodo interglaciale, più di 100000 anni fa, causarono lo scioglimento dei ghiacciai in Antartide e, di conseguenza, un estremo innalzamento del livello del mare, secondo uno studio condotto da un gruppo internazionale di scienziati, guidati dai ricercatori dell'Università del Nuovo Galles del Sud, a Sydney. Gli scienziati dicono che attualmente la terra sta andando nella stessa direzione di nuovo.

L'ultimo periodo interglaciale (circa 129000 - 116000 anni fa) fu caratterizzato da uno scioglimento di massa della penisola della parte ovest dell'Antartide, che ebbe come conseguenza un innalzamento notevole del livello del mare, secondo uno studio pubblicato oggi sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) e condotto da un team di ricercatori internazionali guidato da Chris Turney, professore presso l'Università del Nuovo Galles del sud.

L'estrema perdita di ghiaccio causò un innalzamento di molti metri dei livelli dei mari - e bastarono meno di 2 °C di riscaldamento dell'oceano per far avvenire il processo.

"Non solo la penisola antartica perse moltissimo ghiaccio, ma l'evento occorse all'inizio del periodo interglaciale" spiega Chris Turney, professore in Scienza della terra e del clima presso l'Università del Nuovo Galles del sud, a Sydney, e prima firma dello studio.

Strati di cenere vulcanica recuperati negli strati di ghiaccio in Antartide hanno permesso agli scienziati di definire il periodo in cui lo scioglimento prese piede. I risultati sono alquanto allarmanti perché indicano che la maggiorparte dello scioglimento occorse durante i primi millenni del periodo interglaciale, il che suggerisce una sensibilità elevata alle alte temperature dei ghiacciai della penisola antartica.

"Lo scioglimento potrebbe essere iniziato ben prima che la temperatura dell'oceano aumentasse di 2 °C - e questo ha grosse implicazioni per il futuro, considerato l'aumento della temperatura dell'oceano e lo scioglimento della penisola antartica che stanno accadendo al giorno d'oggi" commenta il professore Turney.

Probabilmente durante l'ultimo periodo interglaciale, le temperature dell'oceano ai poli erano meno di 2 °C più calde di oggi, il che rende quel periodo geologico molto utile per studiare il modo in cui l'aumento futuro della temperatura globale potrebbe influenzare lo scioglimento dei ghiacciai e l'innalzamento del livello dei mari.

"Questo studio mostra che potremmo perdere la maggioranza del ghiaccio della penisola antartica se ci sarà un riscaldamento di 2 °C" dice Turney.

I risultati della studio sottolineano, ancora una volta, la necessità urgente di praticare azioni di mitigazione del riscaldamento globale e di adattamento alle sue conseguenze future.

Influenza stagionale, impennata di casi nelle ultime settimane per grandi e piccini. Ma come prevenire la malattia? 
Intervista a quattro mani con i docenti della Vanvitelli Francesca Rossi, docente di Pediatria generale e specialistica e Andrea Bianco, docente di Malattie dell’Apparato Respiratorio.

 

I disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata) sono tra i problemi di salute più comuni negli adolescenti e nei giovani adulti. Pur essendo primariamente dei disturbi psichiatrici, essi producono spesso complicanze fisiche, secondarie alla malnutrizione e/o ai comportamenti impropri messi in atto per ottenere il controllo del peso e della forma del corpo (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi o diuretici). Essi rappresentano quindi una delle più frequenti cause di disabilità nei giovani e sono gravati da un rischio significativo di mortalità.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incluso i disturbi del comportamento alimentare tra le priorità per la tutela della salute mentale negli adolescenti. Due principi generali sono alla base della gestione di questi disturbi: a) l’approccio multiprofessionale, che coinvolge medici (psichiatri, internisti, nutrizionisti clinici), psicologi, dietisti, infermieri; b) la molteplicità dei contesti di cura (ambulatorio, centro diurno, day hospital, riabilitazione residenziale, ricovero ordinario).
Ogni anno nella popolazione femminile della Regione Campania si registrano circa 240 nuovi casi di anoressia nervosa e 360 nuovi casi di bulimia nervosa; mentre i nuovi casi di anoressia nervosa e di bulimia nervosa nella popolazione maschile sono stimati essere, rispettivamente, 23 e 10-15.

Nel 2014 la Regione Campania ha speso 4,5 milioni per i ricoveri fuori regione dei pazienti con disturbi del comportamento alimentare (circa il 15% della spesa complessiva per tutti i ricoveri fuori regione).
Per far fronte a questa emergenza, il 14 dicembre è stata attivata, su impulso e con il coordinamento del Centro Pilota Regionale dell’Università Vanvitelli diretto dal Prof. Mario Maj, la Rete Assistenziale Regionale per i Disturbi del Comportamento Alimentare.  La Rete comprende almeno un ambulatorio dedicato in ciascuna ASL della Campania; centri diurni (a regime almeno uno per ASL); posti letto dedicati per le esigenze internistiche dell’adulto e dell’adolescente; posti letto per day hospital; posti letto per i ricoveri psichiatrici; ed una struttura residenziale (a regime queste strutture saranno tre).

La struttura residenziale già attiva si trova a Salerno ed è in grado di accogliere 8-16 pazienti. Essa è composta da camere da letto arredate con mobili casalinghi, fornite di bagni privati, armadi e scrivanie; una sala da pranzo con cucina attrezzata; un salotto con TV; una sala per le attività ricreative con biblioteca ed accesso ad Internet; due ambulatori e una medicheria. Essa è coordinata dal Dott. Giulio Corrivetti e gestita da personale formato presso il Centro Pilota dell’Università Vanvitelli.

Il modello di riferimento per l’attività della Rete Assistenziale Regionale per i Disturbi del Comportamento Alimentare è quello del Centro Pilota, che offre una valutazione diagnostica psichiatrica, psicologica, nutrizionale e internistica; un trattamento specifico del disturbo (basato, a seconda dei casi, su interventi di counseling nutrizionale, psicoterapia cognitivo-comportamentale, psicoterapia familiare, psicoeducazione, farmacoterapia delle eventuali complicanze fisiche e psichiatriche); ed un percorso psicoeducazionale per i familiari dei pazienti.
Essenziale è la motivazione del paziente alla cura. Diversi pazienti, soprattutto anoressici, non considerano la loro patologia come un problema, ma al contrario valutano il controllo del peso e dell’alimentazione come un mezzo per diventare speciali o aumentare il loro valore personale. Altri ancora hanno difficoltà ad affrontare ogni situazione che minacci il loro senso di controllo. Infine, alcuni pazienti hanno avuto precedenti esperienze terapeutiche negative e sono riluttanti ad intraprendere nuovi percorsi di cura. È quindi essenziale dedicare molta attenzione all’ambivalenza del paziente, adottando uno stile terapeutico “coinvolgente” e fornendo un quadro chiaro di quello che il trattamento comporta.

La Rete Assistenziale della Regione Campania per i Disturbi del Comportamento Alimentare

• Centro Pilota: Dipartimento di Psichiatria, Università Vanvitelli (Largo Madonna delle Grazie, Napoli): Ambulatorio (0815666514), Centro Diurno (0815666528), Day Hospital (0815666507), Ricovero Psichiatrico.
• Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona (Via San Leonardo 1, Salerno): Ambulatorio (800130850), Day Hospital (089672703), Ricovero Internistico (adulti e adolescenti) (089672524, 089672418).
• ASL Avellino: Ambulatorio, Centro Diurno (Via Landolfi 29, Solofra, 0825581426), Ricovero Psichiatrico.
• ASL Benevento: Ambulatorio (Via Grimoaldo Re, Benevento, 0824308625), Ricovero Psichiatrico.
• ASL Caserta: Ambulatori (Viale Europa 6, Aversa, 0815020987; Via Salzano 6, Marcianise, 0823518482; Via Ficucella 1, Maddaloni, 0823200441), Ricovero Psichiatrico.
• ASL Napoli 1 Centro: Ambulatorio (Via Adriano 16, 0812548582), Ricovero Psichiatrico.
• ASL Napoli 2 Nord: Ambulatori (Via Solimena 4, Sant’Antimo, 08118840791; Via Napoli 194, Mugnano, 0817455122), Ricovero Psichiatrico.
• ASL Napoli 3 Sud: Ambulatorio (Corso Umberto I, Marigliano, 0818416720), Ricovero Psichiatrico.
• ASL Salerno: Ambulatori (Via M. Luther King, Salerno, 0983076340; Via Ricco 50, Nocera Inferiore, 0819212339; Via della Gatta, Massa di Vallo di Lucania, 0974711940), Centro Diurno (Via M. Luther King, Salerno, 0893076336), Residenza (Via M. Luther King, Salerno, 0893076318), Ricovero Psichiatrico.

Sistema Museale Nazionale per un nuovo rapporto tra musei e territorio, al via il percorso di approfondimento. Si terrà il 27 novembre alle ore 11.00 presso il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali un evento inserito nel ciclo di incontri di Museologia, che consentirà agli studenti di confrontarsi con il Dirigente ministeriale che sta seguendo l’importante lavoro di creazione del Sistema Museale Nazionale e la verifica dei nuovi livelli di qualità dei musei. I nuovi “standard”, emanati nel 2018, consentiranno l’adesione degli istituti appartenenti ad enti diversi dallo stato al Sistema Museale Nazionale che costituirà, finalmente, una reale opportunità di crescita per i piccoli e medi musei italiani (che costituiscono la parte più cospicua del capitale museale nazionale). Elemento centrale della discussione le macroaree previste dai “Livelli Uniformi di qualità” e, in particolare, gli obiettivi di progressione e miglioramento previsti per i musei dove opereranno i futuri professionisti che si formano nei nostri percorsi didattici.

L’incontro, aperto anche a tutti gli operatori museali del territorio, sarà anche un’ulteriore occasione di aggiornamento, in linea con quanto già fatto – nell’ottica della terza missione e del lifelong learning- dal DILBEC in occasione del progetto finanziato dalla Regione Campania I livelli Uniformi di qualità per i musei locali della Campania. Percorsi di aggiornamento e formazione del personale tenutosi tra luglio e settembre 2018 e che ha visto coinvolti operatori di ben 20 musei campani.

Concluderà la mattinata la dott. Anita Florio, dirigente dell’UOD Promozione e valorizzazione dei musei e delle biblioteche della Regione Campania.

 

Save the date! 

Martedì 27 novembre, ore 11,00 Aula 1 – Dilbec 
Aulario Via R. Perla 21 S. Maria C.V.

Incontro con Manuel Roberto Guido Componente Ministeriale della Commissione Sistema Museale Nazionale

Introduce Nadia Barrella - Professore di Museologia

Conclude Anita Florio - Dirigente UOD promozione e valorizzazione dei musei e delle biblioteche Regione Campania

Serena, key account per una multinazionale, laureata alla Vanvitelli. Scopri la sua storia

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Gestisce le relazioni con i clienti per una grande multinazionale, che ha più di 400 marchi nel campo dell'alimentazione, bevande, prodotti per l'igiene e per la casa. Serena Venditti, 29 anni, di Aversa, ha già una bella storia di successo, anche se giovanissima. Si laurea all’Università Vanvitelli nel 2014 in Economia…

Pina, fashion designer laureata alla Vanvitelli. Scopri la sua storia

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Designer fiera e decisa, grande appassionata di moda fin da bambina, laureata alla Vanvitelli in  Design per la moda. Pina lavora come senior kidswear designer da Fendi e ed è co-founder del brand Apnoea. Conosciamo insieme la nostra laureata eccellente! Da dove nasce la tua passione per la moda? Bella domanda, non ne ho…

Mario, esperto in comunicazione, laureato alla Vanvitelli. Scopri la sua storia

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Partito da una laurea in psicologia all'Università Vanvitelli, Mario - sguardo deciso e idee molto chiare -, è oggi esperto di comunicazione e lavora come Corporate Onboard Communication Programs Coordinator per MSC Crociere. Conosciamo insieme il nostro laureato eccellente! Dove lavori attualmente?MSC Crociere SPA. Sono Corporate Onboard Communication Programs Coordinator.Cioè?Sono coordinatore dei programmi…

Ferdinando, Risk Management Specialist per Enel, laureato alla Vanvitelli. Scopri la sua storia

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KPMG prima, Enel poi. Ferdinando, laureato alla Vanvitelli in matematica nel dicembre 2010, è oggi Risk Management Specialist per Enel - business line internazionale Enel Global Trading -. Conosciamo insieme il nostro laureato eccellente! Spieghiamolo ai più: che cosa fa un Risk Management Specialist?Il risk manager valuta quali potrebbero essere i rischi…

Marco, istruttore per astronauti in ESA, laureato alla Vanvitelli. Scopri la sua storia

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E’ una brillante carriera universitaria quella di Marco Carrano, che si laurea alla Vanvitelli in ingegneria aerospaziale nel 2009 ed inizia fin da subito a lavorare. Oggi Marco è istruttore per Astronauti presso l’Agenzia spaziale europea. Conosciamo insieme il nostro laureato eccellente!1. In cosa consiste il tuo lavoro?Sono un Flight…

 

 

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