a cura di LUDOVICA DECIMO – Dottore di Ricerca e Docente a contratto di “Diritto patrimoniale ecclesiastico e delle organizzazioni no profit” (IUS/11) - Dipartimento di Giurisprudenza - Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”
Il Governo e le autonomie locali, per fronteggiare l’epidemia da Covid-19, nella c.d. «Fase 1», hanno adottato provvedimenti restrittivi della libertà religiosa. Le ordinanze contingibili ed urgenti e i D.L. hanno infatti disposto la sospensione dei riti e manifestazioni di culto e la limitazione all’accesso dei luoghi sacri, giustificati da una ragione di urgenza-emergenza per la tutela della salute pubblica.
Tali provvedimenti che interdicono la fede sono del tutto legittimi? La libertà religiosa non è un diritto limitabile, ma è comprimibile in alcune sue manifestazioni nel rispetto delle regole dell’ordinamento costituzionale. Ciò è possibile con precisi vincoli temporali e sulla base di provvedimenti proporzionati e basati su reali esigenze di necessità ed urgenza a tutela di altrettanti valori costituzionalmente protetti come appunto la salute.
Le misure adottate sono state avvertite come necessarie anche dalle confessioni che hanno collaborato con lo Stato. Le religioni non hanno infatti contrastato i provvedimenti limitativi dei propri spazi di libertà e all’esercizio del culto dei loro fedeli, ma hanno disposto autonomamente la chiusura di spazi ed edifici, invitando i propri fedeli ad atti di culto individuali. Ne discende una preziosa cooperazione tra Stato e religioni per contrastare l’emergenza sanitaria e tutelare la salute pubblica. Nella c.d. «Fase 2» le confessioni religiose hanno concordato con il Ministero dell’Interno protocolli operativi per garantire la ripresa delle funzioni religiose nel pieno rispetto delle misure di sicurezza.
La straordinaria emergenza sanitaria che sta vivendo il nostro paese deve però indurre il giurista a porsi alcune domande fondamentali. Potrà accadere di nuovo? Ci potranno essere altri eventi per i quali sarà necessario comprimere la libertà religiosa individuale e collettiva? È possibile ipotizzare che ciò avvenga, sin da subito, con modalità concordate preventivamente con le stesse confessioni religiose, in ossequio al principio di bilateralità pattizia? A tali domande è necessario fornire prontamente delle risposte per salvaguardare il diritto di libertà religiosa e l’autonomia delle confessioni religiose da possibili prevaricazioni normative.