A cura di Dario Tedesco, docente di Vulcanologia alla Vanvitelli
I Campi Flegrei, come il Vesuvio sono l’area vulcanica più giovane del centro-sud Italia. In effetti sono proprio queste due aree vulcaniche che hanno modellato l’attuale morfologia della nostra zona, molto ampia, che ammanta e addolcisce colline e montagne di tutta la Campania.
I Campi Flegrei, con le sue due eruzioni principali, l’Ignimbrite Campana o Tufo Grigio Campano e il Tufo Giallo Napoletano ha dato luogo alle due più grandi eruzioni italiane conosciute. Sono avvenute rispettivamente tra i 39000 ed i 42000 e 15000 anni fa. Le altre, parliamo di oltre cinquanta eventi eruttivi, in alcuni casi con crateri perfettamente conservati, sono disseminate in quella che oggi chiamiamo “super” caldera flegrea. Questi crateri si sono formati generalmente in seguito ad un solo evento eruttivo e per questo definiti “monogenici” – formatisi in una sola eruzione--. Ma i Campi Flegrei prima delle due eruzioni principali erano stati particolarmente attivi proprio nella città di Napoli con almeno una decina di eventi esplosivi di forte energia riconosciuti solo di recente.
L’ultimo evento eruttivo, quello del Monte Nuovo è avvenuto nel 1538 nell’area dell’allora abitato di Tripergole alle spalle di Arco Felice. Insieme alla descrizione di Plinio il Giovane dell’infausta eruzione del Vesuvio del 79 DC è probabilmente uno degli eventi meglio conosciuti della storia antica, grazie ai resoconti dettagliati delle cronache locali e politiche del tempo. È proprio grazie a queste descrizioni che oggi riconosciamo i segni di un evento geologico di lunga durata che si protrae nel tempo e che porta il suolo a “gonfiarsi”, bradisismo positivo, e ad abbassarsi “bradisismo negativo”. L’etimologia della parola bradisismo indirizza chiunque voglia conoscere la storia di questo fenomeno verso la chiara sensazione che la terra nei Campi Flegrei non abbia mai un attimo di pace. Infatti, il movimento lento del suolo, che sia ascendente o discendente, spiega tutto quello che sta accadendo e che è accaduto durante i secoli, certamente dal 1400 ad oggi (documenti storici) ma certamente anche in epoca romana, se immaginiamo che le città di Puteoli (Pozzuoli) e Baiae erano il fiore all’occhiello dell’impero ed all’improvviso sono scomparse dalle cronache, ben prima della caduta dell’impero stesso. È possibile immaginare che un forte e lungo nel tempo, evento bradisismico abbia costretto abitanti, legioni e flotta romana ad andare altrove.
In epoca recente, tra il 1968 ed il 1970 si ricomincia a parlare del bradisismo quando all’improvviso ci si rende conto che a Pozzuoli il fondale marino si sta alzando ed è sempre meno profondo, le barche dei pescatori ed i traghetti hanno sempre più difficoltà ad entrare nella darsena ed ormeggiare. Di quella crisi ci si ricorda soprattutto l’evacuazione rapidissima del Rione Terra, l’area greco-romana più antica e caratteristica di Pozzuoli. Il fenomeno, a differenza delle due fasi che lo seguiranno, 1982-1984 e quella attuale, non ebbe una forte componente sismica. I cittadini della parte centrale di Pozzuoli furono evacuati in un nuovo quartiere costruito poco lontano, Rione Toiano. La seconda fase che ho vissuto in toto per la mia tesi di dottorato fu più brutale. Circa 180 centimetri di deformazione verticale accompagnata da 15000 scosse in due anni, centinaia delle quali avvertite dalla popolazione. Le scosse, la maggioranza nella parte centrale della caldera, erano localizzate tra la superfice ed i 4 Km di profondità con una magnitudo massima di 4,0/4,2. Il 10 Ottobre 1983 per la seconda volta in pochi anni tutta i 30000 abitanti di Pozzuoli ebbero l’ordine di evacuare; prima in campi creati per l’occasione ed in seguito nell’area di Monterusciello, il nuovo quartiere, una vera e propria piccola città, costruita in fretta e furia per dare un tetto ad un’intera città.
È necessario fare un breve passo indietro. L’evacuazione non avvenne per il pericolo imminente di una nuova possibile eruzione, ma per la continua sismicità e per la fondata preoccupazione che molte strutture pubbliche ed edifici privati non avessero le caratteristiche statiche per reggere a terremoti di elevata energia e soprattutto molto vicini alla superficie. Di fatti, dopo l’evacuazione, con il proseguire delle scosse alcuni, pochi a dire il vero, edifici crollarono. È altrettanto vero che questi stessi edifici erano stati evacuati già prima del 10 Ottobre proprio per le loro precarie condizioni e per la non agibilità degli stessi.
Le prime due “crisi bradisismiche” hanno caratteristiche simili, almeno da un punto di vista temporale. Stessa durata e stessa variazione verticale, circa due metri. La prima avrà una discesa lenta di poche decine centimetri la seconda una più veloce di circa un metro. La poca sismicità della prima crisi contro una forte sismicità della seconda. Nell’ambito degli studi che sono stati effettuati durante la crisi tra il 1982 ed il 1984, quelli geochimici sono forse quelli che rivelano segnali premonitori con più largo anticipo. Infatti dal Gennaio 1984, con mesi di anticipo sulle componenti geofisiche, sismicità e deformazione continueranno ancora per alcuni mesi, tutti i parametri chimici relativi alla composizione dei gas cominceranno a scendere. Ci sono numerosi articoli scientifici su prestigiose riviste internazionali che ne parlano. Cosa vuol dire ? Una semplice spiegazione può essere quella che i fluidi (gas) si propagano in un mezzo altamente fratturato e permeabile come quello dei Flegrei molto più velocemente dei parametri geofisici ed arrivano molto rapidamente in superficie dove possono essere campionati e rivelarci eventuali variazioni di quanto avviene a profondità elevate. Un altro fattore importante è relativo al comportamento delle rocce dell’area e spiega anche come mai il primo segnale a disposizione sia quello dei gas. La prima variazione, probabilmente dovuta all’arrivo di fluidi caldi (non magma) è quello della vaporizzazione delle acque contenute negli strati attraversati da questi stessi fluidi durante la loro migrazione verso la superficie. Il passaggio da liquido a vapore crea un immediato squilibrio e soprattutto un aumento di pressione, lento ma continuo. Il vapore che prende il posto dell’acqua, mentre da una parte essendo molto più leggero tende a spostarsi e migrare verso l’alto creando un aumento di pressione ed un immediato rigonfiamento degli strati più prossimi che poi si propaga verso l’alto (deformazione verticale). All’inizio questa deformazione, proprio perché lenta, non produce sismicità ma viene assorbita dai diversi strati di rocce sotto forma di rigonfiamento. Le rocce che subiscono questo processo hanno un comportamento elastico all’inizio, fino a quando la deformazione non raggiunge un punto di rottura, e il sistema comincia a generare sismicità. Proprio la profondità dei sismi, tra i 4 Km e la superficie, ci dice che tutti gli strati sono interessati a questa deformazione e tutti gli strati, in maniera casuale, rilasciano energia nel momento in cui cominciano a fratturarsi.
Ed oggi? Oggi siamo di nuovo alle prese con lo stesso fenomeno, che però si è presentato sotto forma diversa, più lento (e purtroppo più lungo) nella sua evoluzione, circa 20 anni (dal 2002 ad oggi). Si manifesta con variazioni estremamente significative della composizione dei gas, con l’apparizione di nuove aree di degassamento, come l’area Agnano-Pisciarelli, ben visibile dalla tangenziale quando si arriva al casello. Una deformazione molto lenta del suolo, circa 120 centimetri che comincia 4/5 anni dopo le variazioni geochimiche ed una sismicità, ancora una volta che è l’ultima “a scendere in campo” che riprende, forse con un numero maggiore di terremoti a più alta magnitudo, la stessa sequenza delle due fasi precedenti.
Le domande più frequenti che ci poniamo sono due; (i) cosa genera queste crisi bradisimiche e (ii) quale sarà l’evoluzione di quella che stiamo attualmente vivendo ?
Credo che ogni ricercatore che abbia lavorato sui Campi Flegrei e su almeno una di queste crisi abbia una sua idea. La mia è piuttosto semplice, pubblicata diversi anni fa e credo accettata da diversi ricercatori. Siamo di fronte ad un fenomeno che una volta partito non si ferma. Ovvero, che la svolta finale sia senza alcun dubbio l’eruzione. Ma, e c’è una ma molto grande, per avere l’eruzione bisogna che tutti i parametri funzionino nella stessa maniera, che tutto il sistema sia in perfetto “disequilibrio” e soprattutto che il magma sia a disposizione e, cosa più importante, si muova verso l’alto. In tutti gli scenari delle tre fasi bradisismiche manca la componente più importante, il magma. Ad essere sinceri sono sorpreso che ad oggi, qualunque modello, qualunque scenario, parli del magma come un’entità astratta. In verità ad oggi sappiamo solo che il magma non si muove, che il magma, per quanto i sismologici ci dicono, non è responsabile della sismicità o della deformazione e certamente ancor meno delle variazioni geochimiche. Se vogliamo essere più spietati, ad oggi non ci sono indicazioni di dove sia realmente il magma. In pratica non ci sono stati segnali precisi per cui il magma sia stato chiaramente individuato. Alcuni ricercatori parlano oggi di 8 km, durante la precedente crisi si parlava al di sotto dei 4 km. Questa è la principale incertezza che regola tutti i modelli e tutti gli scenari. È anche possibile, come scritto in alcuni articoli che le variazioni deformative siano proprio dovute a piccole iniezioni di magma. Per essere precisi, ogni metro di deformazione corrisponderebbe ad un metro (su una vasta area) di magma che si è mosso verso l’alto. Se così fosse, per la crisi 1982-1984 ci sarebbe stata un’intrusione di magna di circa due metri e probabilmente l’attuale crisi avrebbe generato un ulteriore iniezione di circa un metro. Prima di capire se sia molto o poco, ci sono altri studi che ci dicono che questi volumi di magma nel giro di poche settimane e/o mesi non avrebbero più le caratteristiche fisiche per potersi muovere, in pratica non sarebbero più capaci di spostarsi verso l’alto. In poche parole, se questi modelli sono corretti, stiamo parlando di prove di eruzione. Le quantità di magma sono piccole e non dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) potersi muovere e creare ulteriori problemi e condurre all’eruzione. Inoltre una delle domande da porci è senza dubbio come sia possibile che non si sappia dove sia il magma e forse se non fosse possibile che il magma si muova poco o forse non si muova per niente perché non ce la fa a muoversi. Ovvero le sue caratteristiche reologiche non gli permettono più di muoversi verso l’alto. E qui torniamo alla prima domanda, ma allora perché stiamo vivendo in 55 anni questa terza fase di bradisismo ?
L’unica possibile risposta ci viene dall’esperienza di Monte Nuovo nel 1538. I documenti dell’epoca ci dicono che la regina Giovanna (d’Angiò) cominciò ad elargire terre emerse a partire dal 1400, almeno 100 anni e più prima dell’evento eruttivo. Certamente questo processo deve essere cominciato diverso tempo prima e quindi sarà durato circa un secolo e mezzo.
Questo vuol dire che abbiamo ancora tempo? Io credo fermamente nella scienza e nei progressi che questa può fare in un ambito, delicatissimo viste le implicazioni, come la vulcanologia. Oggi non sappiamo tutto, ma certamente sappiamo molto più di 40 anni e 60 anni fa. La risposta principale che va data ai cittadini, i soli che hanno realmente bisogno di certezze, è se ci sono evidenze di una possibile eruzione oppure se si devono solo temere gli eventi sismici, che sono certamente un pericolo da un punto fisico ma soprattutto sotto il profilo psicologico.
I vulcanologi hanno un solo dovere, il primo è quello di dire che la vulcanologia non è una scienza esatta e quali sono ad oggi i propri limiti, il secondo è quali siano le conoscenze attuali e quali le possibili conclusioni. L’onestà e la chiarezza in questo campo sono fondamentali perché si abbia un rapporto corretto con i cittadini, soprattutto quelli esposti ai disastri naturali. La comunicazione diventa lo strumento principe affinché tutti sappiamo quale sia il grado conoscenza, di pericolo o più semplicemente cosa stanno facendo e come, in particolare i ricercatori impegnati ogni giorno in un lavoro spesso sfibrante e molto spesso non riconosciuto. D’altra parte la cacofonia di informazioni da parte di ricercatori che non hanno alcun titolo istituzionale per diffondere messaggi molto spesso in contraddizione con quanto diffuso dagli organi competenti, crea ancora più confusione e difficoltà nei cittadini.
La giornata sui Campi Flegrei che vede tutti gli attori presenti è un momento che l’Ateneo ha deciso di dedicare, con molto coraggio vista la delicatezza del tema trattato, al territorio ed ai suoi cittadini. Un momento di confronto su una realtà probabilmente scomoda e pericolosa ma di cui si deve avere piena conoscenza per poter, tutti noi, capire prima e prendere poi le giuste decisioni, previsto per giovedì 19 ottobre 2023 - ore 9.00 al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche, Aula Carfagna, Viale Lincoln 5 a Caserta, in una giornata dal titolo "Campi Flegrei: storia del bradisismo, attività recente, scenari".