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Tra gli autori più citati al mondo nelle diverse discipline ci sono 43 tra ricercatori e docenti dell'Ateneo Vanvitelli, tutti elencati nella classifica degli autori mondiali più influenti nell'anno 2019.

La rivista PLOS ha pubblicato il ranking degli autori più citati al mondo nelle varie discipline (22) e sub-discipline scientifiche (176), valutando l'impatto sia di lungo periodo, grazie ad una finestra temporale 1996-2019, sia di breve periodo, solo la produzione scientifica 2019, categoria che include anche i 'giovani' scienziati. Non solo. Per restituire uno sguardo più globale, sono state incluse anche riviste multidisciplinari che in precedenza non erano prese in esame.

Fra gli indicatori utilizzati, il numero totale di citazioni ricevute e le citazioni di articoli di cui il ricercatore è singolo autore, o primo o ultimo autore.

Fra le macro aree in cui spicca la presenza di ricercatori dell'Ateneo Vanvitelli vi sono Medicina clinica, Biologia, Ingegneria, Scienze ambientali e terrestri, Agricoltura, Fisica e Astronomia, Tecnologie dell'informazione e della comunicazione e le aree relative tecnologie abilitanti (Kets).

Ecco l'elenco completo dei docenti Vanvitelli:

Maj, Mario
Ciardiello, Fortunato
Arena, Umberto
Giugliano, Dario
Esposito, Katherine
Napoli, Claudio
Baldry, Anna Costanza
Paolisso, Giuseppe
Argenziano, G.
Galderisi, Silvana
Tedeschi, Gioacchino
Vitelli, Massimo
Loguercio, Carmelina
Carillo, Petronia
Valentini, G.
Della Corte, Alessandro
Calabrò, Paolo
Riccio, Aniello
Ficco, Massimo
Caraglia, Michele
Federico, Alessandro
Castaldi, Simona
De Matteis, Gianfranco
Matera, Maria Gabriella
Catauro, Michelina
Ricciardelli, F.
Cartenì, Armando
Coppola, Nicola
Pellino, G.
De Nicola, Luca
Schiraldi, Chiara
Iannace, Gino
Rossi, Francesco
Conzo, Giovanni
Zeni, Luigi
Laino, Luigi
Minardo, A.
Perillo, Letizia
Campobasso, Carlo Pietro
Battipaglia, Giovanna
Gallo, Daniele
Monda, Marcellino
Altucci, Lucia
 
Per visualizzare le classifiche generali o consultare il dettaglio sui dati relativi ai docenti della Vanvitelli clicca qui https://data.mendeley.com/datasets/btchxktzyw/1 e consulta le tabelle 
Table-S7-singleyr-2019.xlsx
Table-S2-singleyr-2017.xlsx

Avvio del progetto TRANSDAIRY finanziato dall'UE

Il 23 ottobre 2020 si svolgerà tramite Microsoft Teams il kick-off meeting del progetto TRANSDAIRY ('TRANSborder Key Enabling Technologies and Living Labs for the DAIRY value chain'), finanziato dall'Unione Europea nell'ambito del Programma medico ENI CBC (http://www.enicbcmed.eu)

Nel corso di 30 mesi, il progetto creerà Living Labs per la filiera del latte, nelle aree delle biotecnologie e delle TIC. I Living Labs, destinati principalmente a giovani e donne, sosterranno la creazione di nuove aziende e attività economiche attraverso l'adozione di tecnologie emergenti applicate alla filiera del latte dal livello aziendale fino alla consegna ai consumatori. Il progetto fornirà supporto finanziario per la creazione di start-up, registrazione di brevetti, pubblicazioni, corsi di formazione e workshop in un totale di 8 living labs distribuiti in tutta l'area mediterranea (Italia, Libano, Grecia e Tunisia).

TRANSDAIRY, coordinato dall'Università della Campania Luigi Vanvitelli (Italia), si propone di potenziare il trasferimento tecnologico tra ricerca, industria e PMI nei settori Key Enabling Technologies applicate alla filiera del latte, attraverso la creazione di Living Labs, l'incremento di capacità istituzionali e lo sviluppo della intelligenza di mercato per la sostenibilità e il consolidamento degli spin-off.

 

Il budget totale del progetto è di 3,8 milioni di euro con un contributo dell'UE di 3,4 milioni di euro (90%).

La partnership include istituti di ricerca, organizzazioni governative e PMI, come di seguito:

  • Italia: Università della Campania Luigi Vanvitelli, Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Scienze dell'Alimentazione, Kontor 46
  • Grecia: Università di Agraria di Atene, Istituto di comunicazione e sistemi informatici
  • Tunisia: Agenzia per la promozione degli investimenti agricoli, Agenzia per la promozione dell'industria e dell'innovazione, Scuola superiore per ingegneri di Medjez El Bab
  • Libano: Istituto di Ricerca Industriale, Fondazione Berytech

IL PROGRAMMA ENI CBC Med

Il programma ENI CBC del Bacino del Mar Mediterraneo 2014-2020 è un'iniziativa multilaterale di cooperazione transfrontaliera (CBC) finanziata dallo Strumento Europeo di Vicinato (ENI). L'obiettivo del programma è promuovere uno sviluppo economico, sociale e territoriale equo e sostenibile, che possa promuovere l'integrazione transfrontaliera e valorizzare i territori ed i valori dei paesi partecipanti. I seguenti 13 paesi partecipano al Programma: Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Giordania, Libano, Malta, Palestina, Portogallo, Spagna, Tunisia. L'Autorità di Gestione (MA) è la Regione Autonoma della Sardegna (Italia). Le lingue ufficiali del programma sono arabo, inglese e francese. Per ulteriori informazioni, visitare: www.enicbcmed.eu 

 

 

CONTATTI

Per informazioni aggiuntive, contattare il coordinatore del Progetto Prof. Luigi Zeni - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. +39 3208110833

Informazioni aggiuntive sul progetto sono disponibili  sulla seguente pagina http://www.enicbcmed.eu/projects/funded-projects

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A cura di Francesca Giulia Pagano borsista e studentessa magistrale in Ingegneria Elettronica e di Adriana Brancaccio, professore associato di Campi Elettromagnetici presso il Dipartimento di Ingegneria

Sin dai primi sviluppi delle telecomunicazioni radio e televisive, che utilizzano come “vettore” per il trasporto dell’informazione il campo elettromagnetico, le persone hanno nutrito sospetti e timori nei riguardi della tecnologia wireless. In particolare, si temeva, e si teme tutt’ora, che l’esposizione ai campi elettromagnetici comportasse rischi per la salute. Ai giorni nostri, ciò che attira l’attenzione e desta ancora in parte preoccupazione sono i campi elettromagnetici connessi ai nuovi standard 5G. Ma la popolazione sa davvero cos’è il 5G e quali sono le novità rispetto agli standard precedenti?

In queste poche righe, aiutandoci con alcuni articoli pubblicati nel 2020 da importanti testate giornalistiche del nostro paese, tentiamo di dare alcuni elementi oggettivi di valutazione.

Innanzitutto, con la dicitura “5G” ci si riferisce alle telecomunicazioni di “quinta generazione” che si basano su un vasto insieme di tecnologie con lo scopo di consentire il collegamento sempre più veloce ed affidabile non solo tra i singoli utenti ma anche tra oggetti e insiemi di oggetti, come le auto intelligenti, gli smart phones, la casa intelligente, le reti di sensori e così via.[1] Tutto questo può avvenire grazie agli avanzamenti tecnologici nel campo dell’elettronica, dell’elaborazione dei segnali, dell’informatica e delle antenne. Ma è proprio sull’installazione di queste ultime, che irradiano il tanto temuto campo elettromagnetico, che si concentra l’attenzione popolare e mediatica.

Il “Corriere della sera” in un suo articolo di inizio anno, ha alimentato i timori popolari riguardo ai rischi per la salute connessi al 5G, citando in particolare l'effetto delle radiazioni sulle cellule affermando che “le radiazioni pulsate emesse dal 5G sono molto più potenti di quelle standard e dieci volte più pervasive”. [2] Notizie di questo tipo non corrispondono alla verità scientifica e disinformano il lettore, generando confusione e panico.

A tal proposito cerchiamo di chiarire vari aspetti.

Quali sono le frequenze utilizzate e che verranno introdotte in Italia?

Dall’asta per le frequenze 5G proposta dal Ministero dello Sviluppo Economico, in Italia, gli operatori lavoreranno a tre principali frequenze:

  • 700 MHz;
  • 3,7 GHz;
  • 26,5-27,5 GHz;

Le prime due frequenze sono le stesse già in uso da tanti anni per le reti 4G e per le trasmissioni televisive, mentre le nuove frequenze 26,5-27,5 GHz, proprio perché sono più elevate, vengono assorbite solo superficialmente a livello della pelle, senza penetrare all’interno del corpo. In ogni caso, è bene precisare che gli effetti sulla salute nella banda di frequenza tra i 10 𝑘𝐻𝑧 − 300 G𝐻𝑧 sono stati ampiamente studiati dalla comunità scientifica che ha fornito ai legislatori le linee guida per le norme per tutelare i cittadini. Erroneamente si tende ad associare alle alte frequenze un maggiore rischio, quando in realtà ciò su cui si deve focalizzare l’attenzione è il valore della potenza. I limiti imposti dalle leggi italiane sono particolarmente restrittivi e non riguardano l’emissione di potenza da parte del singolo operatore o dispositivo, ma si riferiscono al totale. Pertanto, l’aggiunta di nuove antenne, che tanto preoccupa la popolazione, non implica un incremento proporzionale della potenza consentita. 

Quali sono i livelli di potenza consentiti in Italia?

La legge italiana fissa il valore massimo del campo elettrico a 6 V/m quando ci si esponga per un tempo superiore alle 4 ore.  Si tratta di un limite estremamente prudenziale, ben dieci volte più basso rispetto a quello consigliato dalle linee guida dell’OMS e imposto in molti paesi dell’Unione Europea. In termini di potenza significa che la massima densità di potenza consentita è inferiore al decimo di Watt a metro quadro.

Nonostante ciò, sono molti gli scettici e i timorosi che vorrebbero porre un freno allo sviluppo del 5G. È interessante il fatto che gli oppositori esprimano i loro timori sui social, utilizzando quindi un mezzo che per sua natura è frutto degli avanzamenti nelle tecnologie delle telecomunicazioni. In un articolo de “Il sole 24 ore”, successivo al periodo del lockdown causato dell'emergenza da coronavirus, è stata riportata un’analisi statistica delle menzioni fatte sui social network riguardo al 5G. Dallo studio emerge che nel bimestre marzo-aprile in rete sono state rilevate quasi 150.000 menzioni, con una crescita progressiva da una media di circa 1.000 fino a circa 3.000 nell'ultimo periodo. Si è verificato che progressivamente nel tempo i commenti si sono sbilanciati verso le fake news e l’accostamento privo di basi scientifiche dello sviluppo del 5G al diffondersi del Covid-19. Dallo studio emerge un bilancio sul Net Sentiment (il saldo tra i promotori e i detrattori del 5G) del solo 8% di menzioni positive contro il 27% di quelle negative. Anche l’analisi della fascia d’età lascia sbalorditi, in quanto i detrattori sono mediamente giovani tra i 18 e i 24 anni. [3]

Come si pongono le amministrazioni locali rispetto all’installazione delle antenne 5G?

Anche i sindaci si sono in larga parte opposti al 5G. Nei soli primi mesi del 2020, in ben 500 comuni italiani sono stati imposti divieti all’installazione delle antenne necessarie allo sviluppo del nuovo standard di rete. Al fine di garantire l’adeguamento ai nuovi standard il governo nel decreto semplificazioni del luglio scorso ha predisposto una modifica alla legge del 2001, che disciplinava le regole per l’insediamento di antenne e reti per le infrastrutture di telecomunicazioni, limitando il potere di veto dei sindaci in materia. In molti casi i sindaci si erano appellati ai possibili rischi sanitari, la cui valutazione però compete, come è ormai noto, alle regioni, che vegliano sul rispetto dei limiti di legge mediante le ARPA (Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente). [4-5]

Il 5G provoca effetti dannosi sulla nostra salute?

Come già detto, il 5G è l’unione di diverse tecnologie che sfruttano per la trasmissione dell’informazione i campi elettromagnetici, il cui effetto sulla salute è stato a lungo studiato dalla comunità scientifica. Alle frequenze di cui parliamo, si è evidenziato solo un riscaldamento dei tessuti. Tale riscaldamento dipende dalle potenze in gioco che, se sufficientemente basse, provocano effetti reversibili e non nocivi. Ma il 5G, come le altre tecnologie di telefonia mobile, non richiede segnali elettromagnetici di potenza tale da indurre aumenti significativi della temperatura corporea dei soggetti esposti, anzi, con l’avanzamento tecnologico nell’elettronica e nell’elaborazione dei segnali si richiedono potenze sempre più basse. Infine, non sono stati rilevati effetti non termici, quali ad esempio l’insorgenza di tumori (né tantomeno il contrarre il Covid-19).

Qual è l’impatto economico atteso del 5G?

Sono ovviamente moltissimi gli studi di settore sull’impatto economico del 5G. Citiamo ad esempio uno studio riportato in un articolo de “Il fatto quotidiano”, secondo il quale il passaggio ai servizi basati sulle reti 5G di nuova generazione produrranno un rientro economico complessivo in Europa di 210 miliardi di euro mentre per l'Italia si parla di 14,2 miliardi. Nello studio vengono valutati i costi e i benefici derivanti dall'adozione "full 5G", ossia ipotizzando che tutti i settori di maggiore interesse (Smart Production and Logistics, Smart Rural, Smart Urban, Smart Public Services) si adeguino a breve al nuovo standard di rete di quinta generazione. [6]

In conclusione, la sperimentazione è conclusa e il 5G è attualmente un servizio commerciale a tutti gli effetti. Restano però da adeguare le infrastrutture di rete per rendere pienamente operativo il servizio sul territorio nazionale. Siamo davvero disposti a rinunciare a un avanzamento tecnologico così significativo per la nostra vita quotidiana? Pensate a come sarebbe ora il nostro lockdown senza una connessione veloce.

Riferimenti:

[1] https://video.corriere.it/tecnologia/5g-rivoluzione-rete-come-cambiera-nostra-vita-vantaggi-nuova-tecnologia/60736a62-ef3d-11ea-94cc-1f80cc642b17">https://video.corriere.it/tecnologia/5g-rivoluzione-rete-come-cambiera-nostra-vita-vantaggi-nuova-tecnologia/60736a62-ef3d-11ea-94cc-1f80cc642b17

[2] https://www.corriere.it/tecnologia/20_gennaio_28/5g-ci-sono-rischi-la-salute-dibattito-scientifico-parlamento-europeo-c617a7ae-41b7-11ea-a986-8b98b73aaf06.shtml">https://www.corriere.it/tecnologia/20_gennaio_28/5g-ci-sono-rischi-la-salute-dibattito-scientifico-parlamento-europeo-c617a7ae-41b7-11ea-a986-8b98b73aaf06.shtml

[3] https://www.ilsole24ore.com/art/col-covid-crescono-rete-menzioni-5g-27percento-negative-ADg7ujO">https://www.ilsole24ore.com/art/col-covid-crescono-rete-menzioni-5g-27percento-negative-ADg7ujO

[4] https://www.corriere.it/economia/aziende/20_luglio_22/5g-no-divieti-sindacisulle-antenne-decide-stato-0689d710-cc48-11ea-81b7-8c245267730d.shtml">https://www.corriere.it/economia/aziende/20_luglio_22/5g-no-divieti-sindacisulle-antenne-decide-stato-0689d710-cc48-11ea-81b7-8c245267730d.shtml

[5] https://www.repubblica.it/economia/2020/04/19/news/crescono_i_sindaci_anti_5g_nella_crisi_coronavirus_l_allarme_degli_operatori-254287812/?ref=search">https://www.repubblica.it/economia/2020/04/19/news/crescono_i_sindaci_anti_5g_nella_crisi_coronavirus_l_allarme_degli_operatori-254287812/?ref=search

[6] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/26/5g-le-reti-mobili-di-nuova-generazione-produrranno-un-ritorno-economico-di-210-miliardi-di-euro-per-leuropa/5977989/">https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/26/5g-le-reti-mobili-di-nuova-generazione-produrranno-un-ritorno-economico-di-210-miliardi-di-euro-per-leuropa/5977989/

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Un super computer capace di elaborare un numero incredibile di dati per applicarli all'informatica, alle smart cities, all'ambiente, all'economia, alla chimica, all'ingegneria, alla fisica.  Si chiama V:HPCCRI ed è la nuova grande attrezzatura dell'Università Vanvitelli, una delle più all'avanguardia del Sud Italia, di cui si è dotato il  Dipartimento di Ingegneria. Una infrastruttura di Calcolo ad Elevate prestazioni dedicato ad offrire, seguendo il paradigma del Cloud Computing, servizi di Calcolo estremamente performanti, per i ricercatori del Dipartimento, dell’ Ateneo e della rete delle Strutture di Ricerca Italiane afferenti al GARR.

Questo super computer sarà inaugurato e presentato all'Ateneo e al mondo della ricerca il prossimo 30 settembre, alle ore 10.30, presso il Dipartimento di Ingegneria ad Aversa.

"L'acquisto di questa grande attrezzatura di Ateneo – spiega il Rettore della Vanvitelli, Giuseppe Paolisso – rientra nel nostro Progetto V:ALERE, uno strumento di valorizzazione e promozione delle attività di Ricerca, su cui l'Ateneo, a partire dal 2017, investe risorse crescenti. Obiettivo di V:ALERE sono le idee e i giovani: stimolare le giovani menti a credere nelle proprie capacità e nel valore della Ricerca, ma anche consentire in prospettiva un salto di qualità dell’Ateneo. Una infrastruttura come questa di cui si è dotato il Dipartimento di Ingegneria darà la possiblità a tanti ricercatori di effettuare studi e ricerche di altissimo livello in numerosi campi diversi".

Il lavoro di questo super cervellone consiste infatti nel raccogliere ed elaborare enormi moli di dati (Big Data), eventualmente anche da fonti differenti, effettuando su queste ricerche mirate allo studio della stessa Intelligenza Artificlale , ma anche alle applicazioni per le Smart Cities, a quelle per migliorare la qualità dell'Ambiente, all'analisi economica e dei social media , dalla Genomica alla genetica medica e all’oncologia, dal monitoraggio ed analisi di dati da reti elettriche, idriche, di telecomunicazioni fino agli ambiti più tradizionali quali la Fisica, la Chimica, la Meteorologia, lo studio del Clima, l'Astronomia e l'Astrofisica, la Fusione Nucleare, il Calcolo Numerico, i Calcoli strutturali.

"La ricerca oggi, in tutti i campi, dipende sempre di più dalla possibilità di raccogliere, gestire ed elaborare un gran numero di dati (BigData Analytics) – spiega il direttore del dipartimento Furio Cascetta - L’obiettivo di V:HPCCRI è dotare il Dipartimento di Ingegneria e l’ Università della Campania di una infrastruttura di Calcolo ad Elevate prestazioni (High Performance Computing), in grado di offrire servizi di calcolo orientati alla ricerca, offrendo una infrastruttura di Ricerca dedicata, ma che possa comunque essere condivisa con altre comunità accademiche e scientifiche, mantenendo la possibilità di definire liberamente le proprie politiche di gestione dei dati e rimanendo proprietari dei dati raccolti".

Locandina Inaugurazione

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Scoperta la bottiglia di olio di oliva più antica del mondo. Nell’ambito di una collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II”, il CNR ed il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), i ricercatori del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali (DiSTABiF) dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, hanno condotto una ricerca che ha portato alla scoperta della bottiglia di olio di oliva più antica al mondo.

L’idea di analizzare il reperto, trovato presso il MANN, è venuta nel 2018, quando si stava girando, sotto la guida del Dott. Alberto Angela, un servizio per SuperQuark, sui magnifici depositi del museo, che custodiscono migliaia di reperti rinvenuti soprattutto (ma non solo) a Pompei, Ercolano e in altri siti sepolti dalla drammatica eruzione del 79 d.C..

In questa occasione fu notata una bottiglia di epoca Pompeiana, coricata in una cassetta polverosa, all’interno della quale si trovava un materiale solidificato in perfetto stato di conservazione. La bottiglia si trovava nel Museo dal 1820, quando era stata scoperta durante alcuni scavi di età Borbonica e collocata in questi sterminati depositi assieme a migliaia di altri reperti. Il reperto era stato trovato insieme ad una forma di pane rinvenuta integra negli scavi: messi così, riproducevano fedelmente, e in modo sorprendente, un affresco pompeiano che rappresenta, appunto, una forma di pane e una bottiglia di olio d’oliva.

Si decise insieme al direttore del museo, prof. Giulierini, di eseguire accurate analisi scientifiche, per comprendere la natura e le caratteristiche del contenuto di quella bottiglia, conservata per anni e anni, dapprima sotto le ceneri dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e poi nei depositi del Museo.
Le ricerche sono state condotte da un team multidisciplinare, coordinato dal Professore Raffaele Sacchi della Università di Napoli “Federico II”, ed hanno visto la partecipazione dell’Università Vanvitelli ed in particolare del gruppo di ricerca guidato dal professor Carmine Lubritto del DiSTABiF.

I ricercatori hanno potuto dimostrare, grazie all’utilizzo di diverse tecniche multielementali e multidisciplinari, l’autenticità di quel campione di olio di oliva. In particolare, presso il laboratorio di spettrometria di massa isotopica iCONa del DiSTABiF, ed in collaborazione con il laboratorio LABEC – CHNet di Firenze dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, il gruppo del professore Lubritto è riuscito a datare, con estrema accuratezza, il reperto nel periodo [4-90https://www.nature.com/articles/s41538-020-00077-w

A pochi giorni dall’inaugurazione del nuovo viadotto sul Polcevera a Genova, ENEA, l'Università Vanvitelli con i Politecnici di Torino e Milano e le Università di Pisa, Padova, Perugia, Camerino e Messina hanno dato vita al Consorzio Fabre, che metterà in campo gli esperti più qualificati e le tecnologie più avanzate per monitorare e valutare lo stato di salute delle infrastrutture stradali del nostro Paese e per promuovere e coordinare le attività che riguardano la classificazione del rischio strutturale e ambientale.

Il crollo del ponte Morandi di Genova, nell’estate del 2018, ha scosso notevolmente l’opinione pubblica, non solo per l’elevato numero di vittime coinvolte, ma anche per la rilevanza dell’opera, che ha portato alla ribalta l’annoso problema dello stato di salute del patrimonio infrastrutturale italiano. 

Per contribuire al complesso processo finalizzato al monitoraggio e alla valutazione dello stato di salute delle infrastrutture stradali del nostro Paese, il Consorzio Fabre, attraverso il lavoro di esperti qualificati e l’impiego di tecnologie avanzate, intende promuovere e coordinare le attività che riguardano la classificazione del rischio strutturale e ambientale dei ponti. Oltre alla verifica, il controllo e il monitoraggio delle infrastrutture, rientrano tra le finalità principali lo sviluppo e l’utilizzo di tecniche innovative negli interventi di riparazione e/o miglioramento di ponti, viadotti e, in generale, delle costruzioni esistenti, con l’obiettivo di favorire il trasferimento dei risultati della ricerca scientifica e tecnologica agli enti pubblici e privati che gestiscono le infrastrutture stradali e alle comunità professionali. Le attività costituiranno importante volano anche per lo sviluppo di nuove attività di ricerca negli atenei coinvolti, attraverso l’impegno di numerosi studiosi e ricercatori ed il potenziamento dei centri di ricerca e laboratori attualmente esistenti. 

Per l’Università della Campania, le attività del Consorzio Fabre saranno coordinate dal Prof. Ing. Gianfranco De Matteis, professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso il Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale. 

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CITTÀ DELLA SCIENZA · 20-29 NOVEMBRE 2020

La XXXIV edizione di Futuro Remoto propone un viaggio attraverso le metamorfosi del nostro Pianeta dovute al cambiamento climatico e ai grandi eventi di dimensione “planetaria”, come la pandemia da Covid19.

La pandemia da Covid19 ha determinato, a livello globale, una vera e propria rivoluzione sociale ed economica, con conseguenze che dureranno anni su tutte le macroregioni mondiali. Altre pandemie potrebbero verificarsi così come altre catastrofi legate al cambiamento climatico, il cui contrasto è anche una grande potenzialità di sviluppo.

Futuro Remoto 2020 guarda in avanti, facendo tesoro di un insegnamento che arriva proprio dalla pandemia: il ruolo imprescindibile della ricerca scientifica e tecnologica per il nostro benessere e quello del pianeta, e in particolare nel settore biomedicale e delle scienze informatiche.

Esplora questi temi con mostre, laboratori e dimostrazioni, eventi, incontri e spettacoli che si svolgono in presenza e da remoto attraverso tanti format innovativi e con il coinvolgimento di migliaia di ricercatori. Tutte le attività, anche quando da remoto, sono basate sull’interattività e sulla possibilità per i visitatori di osservare, sperimentare, dialogare.

Futuro Remoto è un evento nato con grande lungimiranza 34 anni fa, nel 1987, primo Festival della Scienza in Europa, con l'urgenza di creare un dialogo tra scienza e società. Anche quest’anno lo fa dando voce al mondo della scienza, della ricerca nazionale e internazionale, collegandosi con i principali centri di ricerca nel mondo, dal Cern alla Stazione Concordia in Antartide, e con grandi ospiti come il Premio Nobel Saul Perlmutter.

La conoscenza scientifica è un bene di tutti ed è importante per aiutare soprattutto i giovani a muoversi nel mondo affollatissimo delle informazioni e dei contenuti online, combattendo le fake news e offrendo occasioni di conoscenza e metodo nella lettura della realtà.

Vi aspettiamo tutti a Futuro Remoto per progettare insieme un futuro per il nostro Pianeta.

La startup MoreSense impegnata nel campo delle nanotecnologie applicate alla sensoristica, ha messo a punto un prototipo in grado di riconoscere e misurare il Sars-Cov-2, in meno di 10min. MoreSense, installata presso l’Hub tecnologico Filarete a Milano, nasce da uno spin-off di Copernico srl, società presente da oltre 15 anni nel settore del risanamento ambientale e del dipartimento di Ingegneria dell’Ateneo Vanvitelli che da dieci anni effettua ricerca sui biosensori ottici.

Iscriviti per partecipare al Webinar

 

Si tratta della realizzazione di un nuovo metodo di rilevazione del Sars-CoV-2 che consentirà di ridurre drasticamente tempi e costi delle misure e che in particolare permetterà di raccogliere i risultati in una banca dati via internet.

I test preliminari di laboratorio sono stati eseguiti presso l’Ospedale San Luca di Lucca su tamponi positivi e negativi al Sars-CoV-2.

L'originalità e la novità scientifica della proposta risiede nel fatto di avere uno strumento innovativo, italiano, che presenta una sensibilità uguale o inferiore a quello dello standard attualmente utilizzato (RT-PCR), con una serie di vantaggi quali:

  • testare potenzialmente diverse matrici, biologiche e non: saliva, sangue, tamponi, BAL, acque reflue, acque potabili etc;
  • rilevare il virione integro nella matrice biologica e non l’RNA;
  • avere un metodo semi-quantitativo della “carica virale” (numero di virioni/mL) con la possibilità di archiviare automaticamente i dati per analisi statistiche.

Il nuovo sensore potrà contribuire alla sicurezza in ambito sanitario e nella gestione organizzativa delle attività sociali. La qualità della proposta è legata alla possibilità di “censire” i soggetti potenzialmente infetti, di farlo in modo rapido, accurato, ripetibile e a basso costo.

“Sono diversi anni che alla comunità scientifica dei sensori ottici stiamo proponendo, più che sensori innovativi, una tecnologia innovativa ha spiegato Nunzio Cennamo, ricercatore del dipartimento di ingegneria dell'Ateneo vanvitelli - Infatti, stiamo da tempo proponendo, sulla falsa riga della filosofia dei personal computer, sensori personalizzati, per diversi campi applicativi, composti da una parte universale (una piattaforma in fibra ottica) ed una riprogrammabile (polimeri a stampo molecolare). L’emergenza COVID-19 è l’applicazione su larga scala dove questa tecnologia forse potrà esprime al meglio le sue reali potenzialità, sia per questa emergenza che per quelle future, nonché per tanti altri campi applicativi.”

Il sensore per la determinazione di SARS-CoV-2 è costituito da un trasduttore a fibra ottica plastica basato sulla Risonanza Plasmonica di Superficie (Surface Plasmon Resonance, SPR) e da un recettore polimerico sintetico (Molecular Imprinted Polymer, MIP).

Tali recettori sintetici sono molto resistenti, a basso costo e in grado di lavorare in range ampio di pH e temperatura. Lo strumento include una sorgente di luce, il sensore ed uno spettrofotometro USB collegato ad un PC o tablet.

La prossima sfida per la giovane azienda riguarda l’entrata nel mercato attraverso la produzione in serie dei dispositivi di misura. Questa delicata fase vedrà l’azienda siglare accordi con il mondo produttivo ed economico-finanziario per affermare il nuovo standard nel più breve tempo possibile. Tra i soggetti che hanno mostrato interesse allo sviluppo della start-up c’è il Gruppo IntesaSanpaolo con Innovation Centre.

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Racimolatori di energia più potenti, ecofrendly e con bassi costi di manutenzione. E' questa l’idea imprenditoriale che si è aggiudicata il primo premio per l'edizione 2020 di Start Cup Campania.

Il progetto riguarda l’alimentazione dei dispositivi elettronici utilizzati nelle applicazioni di Internet of Things (IoT), che trovano sempre maggiore diffusione per il monitoraggio ambientale e industriale (Industria 4.0) per i trasporti, le smart cities e l’automotive. La soluzione comunemente adottata per l’alimentazione dei dispositivi di IoT è rappresentata da batterie usa e getta, le quali sono poco affidabili, hanno elevati costi di manutenzione ed hanno un grande impatto ambientale. La soluzione alternativa alle classiche batterie è rappresentata dai sistemi di energy harvesting, i cosiddetti racimolatori di energia, che consentono di trasformare in energia elettrica fonti differenti di energia altrimenti dispersa nell’ambiente circostante. Purtroppo, l’utilizzo dei sistemi di energy harvesting è fortemente limitato dai bassi valori di potenza elettrica che riescono a generare.

L’idea imprenditoriale consiste nell’offrire sul mercato un circuito elettronico che consente di aumentare significativamente, fino al 250 %, la potenza elettrica generata dagli attuali alimentatori eco-friendly basati su sistemi di energy harvesting. Il prodotto offerto si configura come un plugin economico e compatto che rappresenta una novità assoluta del settore. Il prodotto, aumentando la potenza dei sistemi di energy harvesting e quindi ampliandone in maniera significativa gli ambiti e le possibilità di utilizzo, consente di eliminare i costi di manutenzione e l’impatto ambientale delle classiche batterie usa e getta. Inoltre, l’aumento della potenza estratta, ottenuto mediante il prodotto offerto consente di (1) alimentare dispositivi per l’IoT più performanti, in numerosità maggiore, caratterizzati da consumi maggiori, e con più alti livelli di qualità del servizio; (2) ridurre il dimensionamento dell’harvester e quindi il costo iniziale del sistema, a parità di carico elettrico e di sorgente; (3) prolungare il tempo di scarica della batteria ricaricabile, con conseguente vantaggio in termini di costo di manutenzione (soprattutto in caso di sensori numerosi e collocati in posti difficilmente accessibili).

harvester

La prima versione del prodotto, nata dagli studi e dalle ricerche effettuate presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e sviluppata per harvester da vibrazioni, è in fase di brevettazione internazionale (International application number PCT/IB2020/052514) ed ha già ricevuto la massima valutazione positiva.

Qual è il ruolo che il ghiaccio marino gioca sull’emissione dell’anidride carbonica atmosferica? A dare risposta a questa domanda una ricerca innovativa, guidata dal Professore Chris Fogwill della Keele University e pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Nature Geoscience (https://www.nature.com/articles/s41561-020-0587-0), che mostra il ruolo cruciale che la banchisa gioca sul controllo della CO2 atmosferica nei periodi passati di veloci cambiamenti climatici. Tra i ricercatori partecipanti allo studio, anche Mauro Rubino, docente del Dipartimento di Matematica e Fisica della Vanvitelli.

Vediamo nel dettaglio.

“La banchisa, detta anche ghiaccio marino, è una massa di ghiaccio galleggiante che si forma per il congelamento dell'acqua dell'oceano a causa delle basse temperature – spiega il docente della Vanvitelli. Le banchise più grandi si trovano nel Mar Glaciale Artico e nel Mar Glaciale Antartico, dove sono permanenti. A causa delle enormi quantità di acqua e della loro superficie, il comportamento delle due grandi banchise artica e antartica può avere una notevole influenza sui cambiamenti climatici”.

Il gruppo di ricerca ha dimostrato che le variazioni stagionali delle dimensioni della banchisa causa un aumento della produttività biologica marina attorno all'Antartide. La conseguenza è un aumento della quantità di CO2 che viene "assorbita" dall'oceano in epoche di aumento della temperatura globale, qual è il periodo attuale.

Fin dagli inizi dell'epoca industriale, il mar Glaciale Antartico ha catturato circa la metà della quantità totale di CO2 emessa dall'uomo in atmosfera. Risulta quindi fondamentale capire i processi che regolano questa cattura. I ricercatori hanno soffermato la loro attenzione su un periodo del passato, durante la transizione dalla fine dell'ultimo periodo glaciale (terminato circa 20000 anni fa) all'attuale periodo caldo (cominciato circa 10000 anni fa), nel quale si ebbero rapidi cambiamento della quantità di CO2 in atmosfera. Durante questa "deglaciazione", la CO2 atmosferica vide aumentare la sua concentrazione in maniera continua, eccetto per una pausa circa 14600 anni fa. La comprensione delle cause di questa pausa, un processo in grado di rallentare l'aumento di CO2 nell'atmosfera, potrebbe avere conseguenze fondamentali nella lotta ai cambiamenti climatici.

“La pandemia di COVID-19 ha dimostrato che è possibile ridurre l'aumento di CO2 in atmosfera – continua Rubino - . Ma è chiaro che bisogna trovare metodi alternativi, compatibili con lo sviluppo economico della società. In quest'ottica, le tecniche di sequestro di CO2 nel mare potrebbero dare un contributo importantissimo al raggiungimento degli obiettivi dell'Accordo di Parigi”.

Ma quale fu la causa di questa esplosione di microrganismi fotosintetici? Il gruppo di ricerca ha usato dei modelli matematici innovativi per mostrare che le variazioni stagionali della banchisa in Antartide causò il rilascio di nutrienti con conseguente aumento dei microrganismi e dell'attività di fotosintesi. L'inclusione di questi processi nei modelli usati per effettuare previsioni sui cambiamenti climatici futuri costituisce un passo fondamentale per la riduzione dell'incertezza associata alle previsioni e lo sviluppo di politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.

Il gruppo di studiosi ha campionato ghiaccio in un'area del continente Antartico denominata "Patriot Hills", dove il ghiaccio antico conserva una traccia dei cambiamenti climatici passati. Queste tracce sono composte, per esempio, dal tipo di microrganismi che abitavano l'oceano migliaia di anni fa. I risultati dello studio hanno mostrato un aumento del numero e della diversità delle specie viventi marine in grado sottrarre CO2 dall'atmosfera tramite il processo di fotosintesi. Questo suggerisce che è stato l'aumento dei microrganismi fotosintetici a causare la pausa nell'aumento di CO2 atmosferica registrata nel periodo deglaciale.

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Primo premio al team del Dipartimento di Ingegneria della Vanvitelli che si aggiudica Start Cup Campania 2020.

Si è chiusa la competizione Start Cup Campania, la Business Plan Competition organizzata ogni anno dai sette Atenei campani con l’obiettivo di sostenere la ricerca e l'innovazione tecnologica finalizzata allo sviluppo economico e alla nascita di imprese ad alto contenuto di conoscenza. La gara si inserisce nel contesto del Premio Nazionale per l'Innovazione (PNI), una competizione analoga organizzata a livello nazionale dalle principali Università italiane, alla quale prendono parte i vincitori delle edizioni locali.

ehpo vanvitelliL’edizione 2020 di Start Cup Campania ha visto la partecipazione di 43 progetti presentati da altrettanti team afferenti agli Atenei campani. Tra i dieci progetti arrivati in finale, la giuria ha conferito il primo premio al team EHPO (Energy Harvesting Power Optimizer) del Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, composto da Luigi Costanzo, assegnista di ricerca, Nicola de Chiara, commercialista e consulente esperto in finanziamenti europei, Alessandro Lo Schiavo, professore di elettronica, Massimo Vitelli, professore di elettrotecnica. Il team EHPO ha presentato un’idea imprenditoriale per l’alimentazione di dispositivi elettronici per l’Internet of Things, basata su sistemi di Energy Harvesting che recuperano dall’ambiente energia altrimenti dispersa.

La giuria ha visto la partecipazione di esperti di valutazione di progetti di impresa provenienti prevalentemente dal mondo del Venture Capital, dei servizi alle imprese, delle istituzioni finanziarie e locali, delle imprese e delle associazioni di categoria.

Più di 25 ore di lezioni svolte, 175  studenti connessi in piattaforma online e laboratori pratici home made. Il lockdown non ha fermato le attività del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche. Anzi. Nonostante la distanza, gli studenti hanno comunque potuto seguire le lezioni del laboratorio di metodologie morfologiche, attraverso lezioni online, video, tutorial, schede didattiche, classroom interattive, esercitazioni.

Il laboratorio è stato curato dalle docenti Di Fiore, Ciniglia, Pinelli.