Insieme Vanvitelli, Cnr e Autorità di sistema portuale del Tirreno Centrale

Varato in mare, nel porto di Napoli, il primo laboratorio di ricerca per le energie rinnovabili. Il primo prototipo di HEXAFLOAT, una innovativa piattaforma per turbina eolica galleggiante di SAIPEM (brevetto in corso) e costruita in scala 1:6.8 presso i cantieri navali Palumbo Shipyards nel porto di Napoli, è stato appena inaugurato, grazie alle competenze della società di installazione napoletana Deep Sea Technology, presso il MaRELab (Marine Renewable Energy Laboratory), il primo laboratorio di ricerca per le energie rinnovabili marine del Mediterraneo, cogestito dall’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” (consegnataria del sito) e dal CNR, presso il molo San Vincenzo del Porto di Napoli. La piattaforma ospita una turbina eolica da 10kW Tozzi Green con il supporto della società napoletana Eco-Mac.

Lo studio, condotto all’interno di un accordo di collaborazione tra CNR e Saipem, è parte di un progetto di ricerca ideato e coordinato dal CNR, con il coinvolgimento dell’Università e degli Studi della Campania e la facoltà di Ingegneria delle Tecnologie del Mare dell’Università di Roma Tre. Il progetto e’ finanziato dal fondo della Ricerca di Sistema Elettrico (RdS) nell’ambito dell’accordo di programma stipulato con il Ministero dello Sviluppo Economico. Il prototipo, primo esempio di turbina eolica galleggiante del Mediterraneo, costituisce un presupposto unico per la costituzione di un centro di eccellenza per le energie rinnovabili marine, rimarrà in prova fino al mese di Ottobre 2021.

La forte sinergia tra Autorità Di Sistema Portuale Del Mar Tirreno Centrale, CNR, Università della Campania, grazie ai fondi messi a disposizione dal Ministero dello Sviluppo economico all’interno del Progetto RdS, consentirà di sviluppare un polo di ricerca strategico per il nostro Paese e di eccellenza per l’intera EU, da sempre all’avanguardia nell’innovazione tecnologica, grazie alle competenze uniche presenti del mondo della ricerca e nel sistema industriale nel settore delle energie rinnovabili marine.

La città di Napoli si propone quindi come punto di riferimento per la transizione ecologica nazionale ed europea. Attraverso questo accordo di lungo periodo, MaRELab diventerà un laboratorio all’avanguardia per lo sviluppo delle tecnologie per le rinnovabili marine. I dispositivi e le soluzioni tecnologiche sviluppate presso MaRELab costituiranno il presupposto per favorire l’avanzamento della tecnologia per lo sfruttamento delle rinnovabili marine, che saranno poi installate nel Mar Mediterraneo a grande distanza dalla costa.

In tal modo, Autorità Di Sistema Portuale Del Mar Tirreno Centrale, CNR e Università della Campania puntano su una strategia di formazione specialistica a lungo termine, per investire su giovani talenti, finanziando, anche con i contributi di industrie e PMI del settore, borse di studio per dottorati di ricerca, che costituiranno la linfa vitale dello sviluppo della ricerca innovativa. Questo genererà una nuova classe di ingegneri, con elevata formazione e altamente specializzati, in grado di creare un forte legame tra il mondo della ricerca e quello delle aziende nel settore delle energie rinnovabili marine.

La Società Americana di Fisica (APS) ha attribuito il prestigioso titolo di Fellow a Lucilla de Arcangelis, docente di Fisica teorica e modelli matematici del Dipartimento di Ingegneria della Vanvitelli.

La nomina è arrivata dal Consiglio dei Rappresentanti dell’APS nella riunione di Settembre su raccomandazione della Divisione di Fisica Computazionale dell’APS (DCOMP) “Per la scoperta di nuovi principi sottostanti le correlazioni temporali forti in fenomeni a valanga in sistemi critici, incluso la frattura di materiali disordinati, eruzioni solari, terremoti e bilanciamento dinamico di eccitazione e inibizione nel cervello”.

"Ringrazio l'APS ed esprimo grande soddisfazione per questo importante riconoscimento - afferma la docente - che dà ulteriore prestigio all'Università Vanvitelli, per cui ho l'onore di lavorare".
Un riconoscimento molto ambito, dunque, per la nostra docente - il numero di APS Fellows eletti ogni anno è infatti limitato a non più di mezzo punto percentuale dei membri – dovuto per i suoi eccezionali contributi alla fisica.

 

 

La Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS), di cui l’fa parte L’Ateneo Vanvitelli, segnala a tutta la comunità universitaria (studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo) la Conferenza Climate Exp0-virtual conference (17-21 maggio 2021) organizzata dalla stessa RUS e da COP26 Universities Network (una rete di oltre 55 Università e Centri di Ricerca con sede nel Regno Unito).  

Climate Exp0 è una delle iniziative ufficiali che si svolgono in vista della più importante 26a Conferenza delle Parti (da qui l’acronimo COP26) sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite che sarà ospitata a Glasgow (1-12 novembre 2021) e preparata in Partnership con l’Italia. In occasione di COP26, capi di Stato, delegati, esperti del clima e negoziatori si riuniranno al fine di concordare un'azione coordinata per affrontare il cambiamento climatico, predisponendo i negoziati che indirizzeranno le attività future.

Climate Exp0 si svolge in un momento cruciale che include le pre-riunioni di COP26; è una Conferenza allestita da più di 300 scienziati di oltre 80 università inglesi e italiane, con lo scopo di fornire il supporto della scienza alla COP26; sono previste anche sessioni tematiche organizzate dagli studenti.

Registrati qui ➡ https://www.climateexp0.org

Il programma, disponibile online a questo link, presenta le più recenti riflessioni e le più rilevanti ricerche internazionali sui cambiamenti climatici e sulle correlate politiche; prevede più di 350 relatori internazionali e collaboratori che si alterneranno in oltre 70 sessioni. 

Gli oratori principali includono il Presidente di COP26, Alok Sharma; il Ministro italiano per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani; il Ministro italiano delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, il Ministro italiano dell'Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa.

A pochi giorni dall’evento, c'è ancora tempo per iscriversi a Climate Exp0 che è una Conferenza Online, gratuita e aperta a tutti.

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Tra gli autori più citati al mondo nelle diverse discipline ci sono 43 tra ricercatori e docenti dell'Ateneo Vanvitelli, tutti elencati nella classifica degli autori mondiali più influenti nell'anno 2019.

La rivista PLOS ha pubblicato il ranking degli autori più citati al mondo nelle varie discipline (22) e sub-discipline scientifiche (176), valutando l'impatto sia di lungo periodo, grazie ad una finestra temporale 1996-2019, sia di breve periodo, solo la produzione scientifica 2019, categoria che include anche i 'giovani' scienziati. Non solo. Per restituire uno sguardo più globale, sono state incluse anche riviste multidisciplinari che in precedenza non erano prese in esame.

Fra gli indicatori utilizzati, il numero totale di citazioni ricevute e le citazioni di articoli di cui il ricercatore è singolo autore, o primo o ultimo autore.

Fra le macro aree in cui spicca la presenza di ricercatori dell'Ateneo Vanvitelli vi sono Medicina clinica, Biologia, Ingegneria, Scienze ambientali e terrestri, Agricoltura, Fisica e Astronomia, Tecnologie dell'informazione e della comunicazione e le aree relative tecnologie abilitanti (Kets).

Ecco l'elenco completo dei docenti Vanvitelli:

Maj, Mario
Ciardiello, Fortunato
Arena, Umberto
Giugliano, Dario
Esposito, Katherine
Napoli, Claudio
Baldry, Anna Costanza
Paolisso, Giuseppe
Argenziano, G.
Galderisi, Silvana
Tedeschi, Gioacchino
Vitelli, Massimo
Loguercio, Carmelina
Carillo, Petronia
Valentini, G.
Della Corte, Alessandro
Calabrò, Paolo
Riccio, Aniello
Ficco, Massimo
Caraglia, Michele
Federico, Alessandro
Castaldi, Simona
De Matteis, Gianfranco
Matera, Maria Gabriella
Catauro, Michelina
Ricciardelli, F.
Cartenì, Armando
Coppola, Nicola
Pellino, G.
De Nicola, Luca
Schiraldi, Chiara
Iannace, Gino
Rossi, Francesco
Conzo, Giovanni
Zeni, Luigi
Laino, Luigi
Minardo, A.
Perillo, Letizia
Campobasso, Carlo Pietro
Battipaglia, Giovanna
Gallo, Daniele
Monda, Marcellino
Altucci, Lucia
 
Per visualizzare le classifiche generali o consultare il dettaglio sui dati relativi ai docenti della Vanvitelli clicca qui https://data.mendeley.com/datasets/btchxktzyw/1 e consulta le tabelle 
Table-S7-singleyr-2019.xlsx
Table-S2-singleyr-2017.xlsx

Identificare, valutare, selezionare la proprietà intellettuale e le innovazioni prodotte dalla ricerca scientifica sviluppata negli Atenei per valorizzarle e utilizzarle in ambito industriale e scientifico.
Con questi obiettivi l'Ateneo Vanvitelli ed altre 7 università delle regioni Puglia e Campania (Università di Napoli Federico II, Università di Salerno, Università del Sannio, Università di Napoli Parthenope, Politecnico di Bari, Università di Bari, Università del Salento) hanno dato origine ad un gruppo di lavoro finalizzato a sviluppare una collaborazione di rete, attraverso il Programma di Valorizzazione #NOACRONYM, insieme a Fondazione Ricerca & Imprenditorialità (Fondazione R&I), che proprio ieri ha visto il kick-off del progetto.

La Fondazione R&I si occuperà inoltre di promuovere e sostenere il lancio di un’iniziativa imprenditoriale, denominata Centro Innovazione e Tecnologia (CITec), concepita come una piattaforma di servizi di accelerazione e valorizzazione della conoscenza scientifica e tecnologica comprendente un insieme più vasto di partner accademici e industriali.

Come primo esempio concreto di partnership, l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, in qualità di capofila e con il costante supporto di Fondazione R&I, ha presentato una domanda di finanziamento per la realizzazione di Programmi di Valorizzazione di brevetti e domande di brevetto attraverso progetti di Proof of Concept (PoC), ai fini di innalzarne il livello di maturità tecnologica, secondo quanto previsto dal Bando MISE pubblicato nella G.U. n. 283 del 03/12/2019 (cd. Bando PoC MISE o Bando).

Sono stati ammessi al finanziamento del MISE 12 progetti. Il valore complessivo delle attività è pari a 803.359 di cui 346.220 a carico degli Atenei, 320.000 a carico del MISE, 137.139 a carico di Fondazione R&I.
In particolare, 2 progetti sono relativi al settore ICT (Vanvitelli), 1 al settore aerospaziale e aviazione (Politecnico di Bari) e i restanti all’ambito sanità e biomedicale.

Ecco i PoC che, in tre milestones, saranno resi fruibili in ambito industriale con i relativi link a Knowledge Share:

1. Tuning meccanico Emulato Elettronicamente per harvester di energia vibrazionaleTEMELEV (Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”), che consentirà di eliminare nelle applicazioni di “Internet of Things”, la necessità dell’alimentazione elettrica via cavo e i costi di manutenzione e l’impatto ambientale delle batterie usa e getta;

2. NSTH transducer: Smart Transducers and Reinforcements for the Development of Artificial Intelligence in civil engineering application – STRAIN (Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”), che diventerà essenziale per sviluppare sistemi di allarme precoce (EWS) innovativi per applicazioni geotecniche e “Monitoraggio e Ripristino di salute strutturale” (SHMR);

3. Giunto radiale multiplo a controllo fine per riscrivere il sistema produttivo e d’uso di una bicicletta su misura, auto-costruibile e riconfigurabile – Re-Type (Politecnico di Bari);

4. Optical Rotation Sensor and its manufacturing method – RRPhCG (Politecnico di Bari);

5. Uso farmacologico di una miochina, l’irisina, in grado di preservare la funzione e la massa delle cellule pancreatiche, in condizioni dismetaboliche (Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”);

6. Irisina: strategia terapeutica innovativa per la cura di osteoporosi, sarcopenia – #ISTIOS (Università di Bari “Aldo Moro” e Università Politecnica delle Marche);

7. Ingegnerizzazione di un sistema di filtrazione brevettato mediante sviluppo e analisi di un prototipo – INSISTERE (Università degli Studi di Salerno);

8. Studio dell’efficacia del mesolactano, una composizione a base di mesoglicano e lattoferrina per il trattamento delle lesioni cutanee (Università degli Studi di Salerno);

9. Development of miniaturized l-kynurenine biosensor or for fast detection of L-Kynurenine in biological fluids. Polimeri a stampo molecolare specifici per l-chinurenina, procedimento per la loro preparazione e procedimento per l’estrazione di l-chinurenina da fluidi biologici – KynSensFast (Università degli Studi del Salento e Università di Perugia);

10. Fibre elettrofilate per la crescita e l’incremento di produttività di microorganismi (Università degli Studi del Salento);

11. Dispositivo con metodo per il monitoraggio, la gestione e la prevenzione del rischio dei pazienti cronici polipatologici – ANALYTICareS (Università Degli Studi Di Napoli Federico II);

12. Pinza porta aghi con capacità di manipolazione: strumento laparoscopico in grado di attuare un moto di rotazione di un ago da sutura – PACMAN (Università Degli Studi Di Napoli Federico II)

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A cura di Francesca Giulia Pagano borsista e studentessa magistrale in Ingegneria Elettronica e di Adriana Brancaccio, professore associato di Campi Elettromagnetici presso il Dipartimento di Ingegneria

Sin dai primi sviluppi delle telecomunicazioni radio e televisive, che utilizzano come “vettore” per il trasporto dell’informazione il campo elettromagnetico, le persone hanno nutrito sospetti e timori nei riguardi della tecnologia wireless. In particolare, si temeva, e si teme tutt’ora, che l’esposizione ai campi elettromagnetici comportasse rischi per la salute. Ai giorni nostri, ciò che attira l’attenzione e desta ancora in parte preoccupazione sono i campi elettromagnetici connessi ai nuovi standard 5G. Ma la popolazione sa davvero cos’è il 5G e quali sono le novità rispetto agli standard precedenti?

In queste poche righe, aiutandoci con alcuni articoli pubblicati nel 2020 da importanti testate giornalistiche del nostro paese, tentiamo di dare alcuni elementi oggettivi di valutazione.

Innanzitutto, con la dicitura “5G” ci si riferisce alle telecomunicazioni di “quinta generazione” che si basano su un vasto insieme di tecnologie con lo scopo di consentire il collegamento sempre più veloce ed affidabile non solo tra i singoli utenti ma anche tra oggetti e insiemi di oggetti, come le auto intelligenti, gli smart phones, la casa intelligente, le reti di sensori e così via.[1] Tutto questo può avvenire grazie agli avanzamenti tecnologici nel campo dell’elettronica, dell’elaborazione dei segnali, dell’informatica e delle antenne. Ma è proprio sull’installazione di queste ultime, che irradiano il tanto temuto campo elettromagnetico, che si concentra l’attenzione popolare e mediatica.

Il “Corriere della sera” in un suo articolo di inizio anno, ha alimentato i timori popolari riguardo ai rischi per la salute connessi al 5G, citando in particolare l'effetto delle radiazioni sulle cellule affermando che “le radiazioni pulsate emesse dal 5G sono molto più potenti di quelle standard e dieci volte più pervasive”. [2] Notizie di questo tipo non corrispondono alla verità scientifica e disinformano il lettore, generando confusione e panico.

A tal proposito cerchiamo di chiarire vari aspetti.

Quali sono le frequenze utilizzate e che verranno introdotte in Italia?

Dall’asta per le frequenze 5G proposta dal Ministero dello Sviluppo Economico, in Italia, gli operatori lavoreranno a tre principali frequenze:

  • 700 MHz;
  • 3,7 GHz;
  • 26,5-27,5 GHz;

Le prime due frequenze sono le stesse già in uso da tanti anni per le reti 4G e per le trasmissioni televisive, mentre le nuove frequenze 26,5-27,5 GHz, proprio perché sono più elevate, vengono assorbite solo superficialmente a livello della pelle, senza penetrare all’interno del corpo. In ogni caso, è bene precisare che gli effetti sulla salute nella banda di frequenza tra i 10 𝑘𝐻𝑧 − 300 G𝐻𝑧 sono stati ampiamente studiati dalla comunità scientifica che ha fornito ai legislatori le linee guida per le norme per tutelare i cittadini. Erroneamente si tende ad associare alle alte frequenze un maggiore rischio, quando in realtà ciò su cui si deve focalizzare l’attenzione è il valore della potenza. I limiti imposti dalle leggi italiane sono particolarmente restrittivi e non riguardano l’emissione di potenza da parte del singolo operatore o dispositivo, ma si riferiscono al totale. Pertanto, l’aggiunta di nuove antenne, che tanto preoccupa la popolazione, non implica un incremento proporzionale della potenza consentita. 

Quali sono i livelli di potenza consentiti in Italia?

La legge italiana fissa il valore massimo del campo elettrico a 6 V/m quando ci si esponga per un tempo superiore alle 4 ore.  Si tratta di un limite estremamente prudenziale, ben dieci volte più basso rispetto a quello consigliato dalle linee guida dell’OMS e imposto in molti paesi dell’Unione Europea. In termini di potenza significa che la massima densità di potenza consentita è inferiore al decimo di Watt a metro quadro.

Nonostante ciò, sono molti gli scettici e i timorosi che vorrebbero porre un freno allo sviluppo del 5G. È interessante il fatto che gli oppositori esprimano i loro timori sui social, utilizzando quindi un mezzo che per sua natura è frutto degli avanzamenti nelle tecnologie delle telecomunicazioni. In un articolo de “Il sole 24 ore”, successivo al periodo del lockdown causato dell'emergenza da coronavirus, è stata riportata un’analisi statistica delle menzioni fatte sui social network riguardo al 5G. Dallo studio emerge che nel bimestre marzo-aprile in rete sono state rilevate quasi 150.000 menzioni, con una crescita progressiva da una media di circa 1.000 fino a circa 3.000 nell'ultimo periodo. Si è verificato che progressivamente nel tempo i commenti si sono sbilanciati verso le fake news e l’accostamento privo di basi scientifiche dello sviluppo del 5G al diffondersi del Covid-19. Dallo studio emerge un bilancio sul Net Sentiment (il saldo tra i promotori e i detrattori del 5G) del solo 8% di menzioni positive contro il 27% di quelle negative. Anche l’analisi della fascia d’età lascia sbalorditi, in quanto i detrattori sono mediamente giovani tra i 18 e i 24 anni. [3]

Come si pongono le amministrazioni locali rispetto all’installazione delle antenne 5G?

Anche i sindaci si sono in larga parte opposti al 5G. Nei soli primi mesi del 2020, in ben 500 comuni italiani sono stati imposti divieti all’installazione delle antenne necessarie allo sviluppo del nuovo standard di rete. Al fine di garantire l’adeguamento ai nuovi standard il governo nel decreto semplificazioni del luglio scorso ha predisposto una modifica alla legge del 2001, che disciplinava le regole per l’insediamento di antenne e reti per le infrastrutture di telecomunicazioni, limitando il potere di veto dei sindaci in materia. In molti casi i sindaci si erano appellati ai possibili rischi sanitari, la cui valutazione però compete, come è ormai noto, alle regioni, che vegliano sul rispetto dei limiti di legge mediante le ARPA (Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente). [4-5]

Il 5G provoca effetti dannosi sulla nostra salute?

Come già detto, il 5G è l’unione di diverse tecnologie che sfruttano per la trasmissione dell’informazione i campi elettromagnetici, il cui effetto sulla salute è stato a lungo studiato dalla comunità scientifica. Alle frequenze di cui parliamo, si è evidenziato solo un riscaldamento dei tessuti. Tale riscaldamento dipende dalle potenze in gioco che, se sufficientemente basse, provocano effetti reversibili e non nocivi. Ma il 5G, come le altre tecnologie di telefonia mobile, non richiede segnali elettromagnetici di potenza tale da indurre aumenti significativi della temperatura corporea dei soggetti esposti, anzi, con l’avanzamento tecnologico nell’elettronica e nell’elaborazione dei segnali si richiedono potenze sempre più basse. Infine, non sono stati rilevati effetti non termici, quali ad esempio l’insorgenza di tumori (né tantomeno il contrarre il Covid-19).

Qual è l’impatto economico atteso del 5G?

Sono ovviamente moltissimi gli studi di settore sull’impatto economico del 5G. Citiamo ad esempio uno studio riportato in un articolo de “Il fatto quotidiano”, secondo il quale il passaggio ai servizi basati sulle reti 5G di nuova generazione produrranno un rientro economico complessivo in Europa di 210 miliardi di euro mentre per l'Italia si parla di 14,2 miliardi. Nello studio vengono valutati i costi e i benefici derivanti dall'adozione "full 5G", ossia ipotizzando che tutti i settori di maggiore interesse (Smart Production and Logistics, Smart Rural, Smart Urban, Smart Public Services) si adeguino a breve al nuovo standard di rete di quinta generazione. [6]

In conclusione, la sperimentazione è conclusa e il 5G è attualmente un servizio commerciale a tutti gli effetti. Restano però da adeguare le infrastrutture di rete per rendere pienamente operativo il servizio sul territorio nazionale. Siamo davvero disposti a rinunciare a un avanzamento tecnologico così significativo per la nostra vita quotidiana? Pensate a come sarebbe ora il nostro lockdown senza una connessione veloce.

Riferimenti:

[1] https://video.corriere.it/tecnologia/5g-rivoluzione-rete-come-cambiera-nostra-vita-vantaggi-nuova-tecnologia/60736a62-ef3d-11ea-94cc-1f80cc642b17">https://video.corriere.it/tecnologia/5g-rivoluzione-rete-come-cambiera-nostra-vita-vantaggi-nuova-tecnologia/60736a62-ef3d-11ea-94cc-1f80cc642b17

[2] https://www.corriere.it/tecnologia/20_gennaio_28/5g-ci-sono-rischi-la-salute-dibattito-scientifico-parlamento-europeo-c617a7ae-41b7-11ea-a986-8b98b73aaf06.shtml">https://www.corriere.it/tecnologia/20_gennaio_28/5g-ci-sono-rischi-la-salute-dibattito-scientifico-parlamento-europeo-c617a7ae-41b7-11ea-a986-8b98b73aaf06.shtml

[3] https://www.ilsole24ore.com/art/col-covid-crescono-rete-menzioni-5g-27percento-negative-ADg7ujO">https://www.ilsole24ore.com/art/col-covid-crescono-rete-menzioni-5g-27percento-negative-ADg7ujO

[4] https://www.corriere.it/economia/aziende/20_luglio_22/5g-no-divieti-sindacisulle-antenne-decide-stato-0689d710-cc48-11ea-81b7-8c245267730d.shtml">https://www.corriere.it/economia/aziende/20_luglio_22/5g-no-divieti-sindacisulle-antenne-decide-stato-0689d710-cc48-11ea-81b7-8c245267730d.shtml

[5] https://www.repubblica.it/economia/2020/04/19/news/crescono_i_sindaci_anti_5g_nella_crisi_coronavirus_l_allarme_degli_operatori-254287812/?ref=search">https://www.repubblica.it/economia/2020/04/19/news/crescono_i_sindaci_anti_5g_nella_crisi_coronavirus_l_allarme_degli_operatori-254287812/?ref=search

[6] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/26/5g-le-reti-mobili-di-nuova-generazione-produrranno-un-ritorno-economico-di-210-miliardi-di-euro-per-leuropa/5977989/">https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/26/5g-le-reti-mobili-di-nuova-generazione-produrranno-un-ritorno-economico-di-210-miliardi-di-euro-per-leuropa/5977989/

Attività di sviluppo, ricerca e sperimentazione e attività didattico-scientifica sono gli obiettivi primari dell’intesa sottoscritta da Centro Italiano Ricerche Aerospaziali e l’Ateneo Vanvitelli.

Una sinergia messa in essere già da anni che oggi è rinnovata e supportata sulla base di un Accordo Quadro e di Accordi Attuativi. Il primo è tra Cira e Ateneo, che mira a disciplinare le reciproche collaborazioni in attività di ricerca, sviluppo, innovazione, didattica, in alcuni campi: dall’Ingegneria alle Scienze Ambientali, dalla Fisica all’Informatica.

Il rapporto di collaborazione tra l’Università Vanvitelli e il CIRA si svolgerà sulla base di attività in settori di comune interesse, definiti in appositi Accordi applicativi, anche nella forma di Partnership di progetto, che preciseranno in dettaglio l’oggetto delle attività che saranno svolte da entrambi.

Il CIRA è una società a prevalente partecipazione pubblica costituita nel 1984 per svolgere attività di ricerca nelle discipline aeronautiche e spaziali. Oggi, dopo 37 anni dalla sua nascita, il CIRA possiede la più grande dotazione di infrastrutture di ricerca in campo aerospaziale presente in Italia, con impianti di prova unici al mondo e laboratori all'avanguardia utilizzati da enti e industrie nazionali ed internazionali.

E’ un accordo che definisce gli ambiti di una collaborazione che dura da decenni – spiega il Rettore della Vanvitelli, Gianfranco NicolettiOperiamo sullo stesso territorio e abbiamo molti obiettivi in comune, come quello della formazione e della ricerca. Ecco perché ci sembrava doveroso poter dare anche un nome a queste sinergie, così da poter collaborare in maniera sempre più efficace e produttiva. Questo Accordo Quadro sostituisce il precedente protocollo d’intesa, siglato circa 20 anni fa. E’ l’occasione per rilanciare, con impegno e slancio, la collaborazione istituzionale tra queste due realtà ”.

E con questo obiettivo c’è anche l’Accordo Attuativo tra CIRA e il Dipartimento di Ingegneria, le cui competenze e ambiti di ricerca e didattica sono affini.

Un’intesa che mira a fare sistema per le attività di ricerca svolte presso il CIRA e presso il Dipartimento di Ingegneria: laboratori, infrastrutture, strumentazioni, attrezzature e personale possono dunque essere messi al servizio delle attività di entrambi, soprattutto in alcuni ambiti della ricerca aerospaziale, come Aerodinamica, Tecnologie per lo Spazio, Elettronica, Sicurezza e Affidabilità di Sistemi, Metrologia, Automatica ed Informatica.

Ciascuna parte potrà affidare all'altra l'incarico di svolgere attività di ricerca e/o sperimentazione aventi ad oggetto problematiche di proprio interesse o richiedere consulenze tecniche in settori disciplinari connessi alla attività istituzionali svolte dalla stessa.

Questo Accordo Attuativo riguarda la possibilità di collaborare strettamente sia su tematiche scientifiche di ricerca (favorendo anche le possibili forme di partenariato per la partecipazione a bandi internazionali di ricerca) ma anche per attività didattiche, con la possibilità di scambiare docenti per seminari, lezioni, corsi di master o di dottorato – spiega Furio Cascetta, prorettore alla Green Energy e Sostenibilità Ambientale e referente del Dipartimento di Ingegneria per l’Accordo-. Potremo concordare attività didattiche complementari alla formazione di studenti, laureati o dottorandi. Inoltre, grazie a questo Accordo si potranno mettere in campo unità composite di ricerca per la partecipazione a bandi competitivi di Progetti di Ricerca, su scala nazionale ed internazionale”.

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Scoperta la bottiglia di olio di oliva più antica del mondo. Nell’ambito di una collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II”, il CNR ed il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), i ricercatori del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali (DiSTABiF) dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, hanno condotto una ricerca che ha portato alla scoperta della bottiglia di olio di oliva più antica al mondo.

L’idea di analizzare il reperto, trovato presso il MANN, è venuta nel 2018, quando si stava girando, sotto la guida del Dott. Alberto Angela, un servizio per SuperQuark, sui magnifici depositi del museo, che custodiscono migliaia di reperti rinvenuti soprattutto (ma non solo) a Pompei, Ercolano e in altri siti sepolti dalla drammatica eruzione del 79 d.C..

In questa occasione fu notata una bottiglia di epoca Pompeiana, coricata in una cassetta polverosa, all’interno della quale si trovava un materiale solidificato in perfetto stato di conservazione. La bottiglia si trovava nel Museo dal 1820, quando era stata scoperta durante alcuni scavi di età Borbonica e collocata in questi sterminati depositi assieme a migliaia di altri reperti. Il reperto era stato trovato insieme ad una forma di pane rinvenuta integra negli scavi: messi così, riproducevano fedelmente, e in modo sorprendente, un affresco pompeiano che rappresenta, appunto, una forma di pane e una bottiglia di olio d’oliva.

Si decise insieme al direttore del museo, prof. Giulierini, di eseguire accurate analisi scientifiche, per comprendere la natura e le caratteristiche del contenuto di quella bottiglia, conservata per anni e anni, dapprima sotto le ceneri dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e poi nei depositi del Museo.
Le ricerche sono state condotte da un team multidisciplinare, coordinato dal Professore Raffaele Sacchi della Università di Napoli “Federico II”, ed hanno visto la partecipazione dell’Università Vanvitelli ed in particolare del gruppo di ricerca guidato dal professor Carmine Lubritto del DiSTABiF.

I ricercatori hanno potuto dimostrare, grazie all’utilizzo di diverse tecniche multielementali e multidisciplinari, l’autenticità di quel campione di olio di oliva. In particolare, presso il laboratorio di spettrometria di massa isotopica iCONa del DiSTABiF, ed in collaborazione con il laboratorio LABEC – CHNet di Firenze dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, il gruppo del professore Lubritto è riuscito a datare, con estrema accuratezza, il reperto nel periodo [4-90https://www.nature.com/articles/s41538-020-00077-w

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Il più ampio studio finora condotto sul DNA fa luce sulla storia e sulla preistoria dei Caraibi. Utilizzando un nuovo metodo, gli scienziati confermano che le popolazioni dei Caraibi hanno origini indigene e che quindi provengono da popolazioni antecedenti al contatto con gli Europei.

Come riportato il 23 dicembre su Nature, un team internazionale di genetisti, archeologi, antropologi, curatori di musei e fisici, tra cui Fabio Marzaioli e Filippo Terrasi, rispettivamente Professore Associato di Fisica Applicata ed Emerito presso il Dipartimento di Matematica e Fisica dell'Università Vanvitelli, co-author di questo studio, ha analizzato i genomi di 263 reperti provenienti da individui antichi (174 nuovi e 89 sequenziati in precedenza). Questi individui vivevano in quelle che ora sono le Bahamas, Cuba, Repubblica Dominicana, Haiti, Porto Rico, Guadalupa, Santa Lucia, Curaçao e Venezuela.

“Quando il dottor Juan Aviles andava a scuola a Porto Rico – recita un recente articolo del Times - gli insegnarono che la popolazione originaria dell'isola, i Taino, scomparve subito dopo che la Spagna la colonizzò. Gli insegnanti dissero che la violenza, le malattie e il lavoro forzato li avevano spazzati via, distruggendo la loro cultura e lingua, e che i colonizzatori avevano ripopolato l'isola di schiavi, compresi gli indigeni del Centro e Sud America e gli africani. Ma a casa, il dottor Aviles aveva sentito un'altra storia. Sua nonna gli raccontava che essi discendevano da antenati Taino e che anche alcune delle parole che usavano discendevano dalla lingua Taino. "Ma mia nonna ha dovuto abbandonare la scuola in seconda elementare, quindi inizialmente non mi fidavo di lei", ha detto il dottor Aviles, ora medico a Goldsboro, N.C. Il dottor Aviles, che ha studiato genetica alla scuola di specializzazione, ha utilizzato i suoi studi per aiutare le persone dei Caraibi a collegarsi con la loro storia genealogica. E una recente ricerca sul campo lo ha portato a riconoscere che sua nonna aveva ragione.

Le analisi hanno riguardato infatti il corredo genetico delle persone che vissero nei Caraibi tra circa 3.100 e 400 anni prima del presente (1950 d.C.), sulla base di 45 date radiocarboniche appositamente prodotte. I dati hanno di fatto risolto diversi dibattiti archeologici e antropologici, evidenziando le ascendenze attuali e raggiungendo conclusioni sorprendenti sulle dimensioni della popolazione indigena poco prima che le culture caraibiche fossero devastate dal colonialismo europeo a partire dal 1490.

La ricostruzione cronologica degli eventi con il 14C ha richiesto un'analisi dettagliata dei campioni analizzati in termini di composizione isotopica delle ossa. Al fine di ottenere data-set cronologici privi di bias, l'effetto della dieta marina che potenzialmente influisce sul contenuto del 14C del collagene è stato stimato e trovato trascurabile seppur in zone insulari.

Questo lavoro rende i Caraibi il primo posto nelle Americhe dove gli scienziati hanno ottenuto dal DNA antico dati ad altissima risoluzione che fino ad ora erano disponibili solo nell'Eurasia occidentale. La disponibilità di questa tipologia di analisi permette di rispondere a domande sul passato che non potevano essere affrontate prima.

I ricercatori hanno scoperto che le popolazioni caraibiche di età arcaica sono coerenti con la discendenza da una singola popolazione originaria dell’America centrale o meridionale, in contrasto con i risultati della ricerca precedente. Il team di ricerca ha concluso che questi popoli arcaici probabilmente non avevano alcuna discendenza notevole con le popolazioni del Nord America.

Le popolazioni che lavoravano la ceramica migrarono nei Caraibi dal Sud America, molto probabilmente da un'isola all'altra attraverso le Piccole Antille, almeno 1.700 anni fa. Quando queste popolazioni iniziarono la loro migrazione si sostituirono quasi completamente le persone residenti che usavano utensili in pietra. Rimase solo una piccola percentuale della popolazione arcaica, persistente a Cuba fino all'epoca dell'arrivo degli Europei.

Gli stili ceramici caraibici subirono cambiamenti radicali nei successivi 2.000 anni, prima che arrivassero gli europei. Le analisi, rivelano che mentre la ceramica si è evoluta, la genetica della popolazione è rimasta sostanzialmente la stessa nei Caraibi, secolo dopo secolo escludendo le prove di un contributo genetico sostanziale da parte dei gruppi continentali ed indicando che l'innovazione dell'era della ceramica è supportata da uno scambio culturale tra un'isola e l'altra piuttosto che dall'influenza di ondate di nuove persone che migravano dalla terraferma.

In questo studio è stato introdotto anche un nuovo metodo per stimare le dimensioni delle popolazioni antiche. Con sorpresa dei ricercatori, i numeri indicano che le persone vivevano nella regione combinata di Hispaniola (Haiti e Repubblica Dominicana) e Porto Rico nei secoli prima dell'arrivo degli europei si aggiravano tra le 10.000 e le 50.000. Questa stima è di molto inferiore alle stime precedenti e ai resoconti storici che valutavano queste popolazioni da centinaia di migliaia a milioni di persone.

Le popolazioni caraibiche antiche hanno lasciato tracce genetiche nelle popolazioni caraibiche odierne, il DNA ancestrale dei Caraibi rappresenta oggi tra il 4 e il 14 % di quello della popolazione odierna mostrando un continuum temporale nella storia delle popolazioni caraibiche.
Fabio Marzaioli e Filippo Terrasi, hanno contribuito all'analisi radiocarbonica e al lavoro sugli isotopi stabili.

 

 

 

 

 

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Futuro Remoto è un evento nato con grande lungimiranza 34 anni fa, nel 1987, primo Festival della Scienza in Europa, con l'urgenza di creare un dialogo tra scienza e società. Anche quest’anno lo fa dando voce al mondo della scienza, della ricerca nazionale e internazionale, collegandosi con i principali centri di ricerca nel mondo, dal Cern alla Stazione Concordia in Antartide, e con grandi ospiti come il Premio Nobel Saul Perlmutter.

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Vi aspettiamo tutti a Futuro Remoto per progettare insieme un futuro per il nostro Pianeta.

Sei borse di studio da 20mila euro per le migliori ricercatrici residenti in Italia laureate in discipline nell’area di scienze della vita e delle materie, ivi incluse Ingegneria, Matematica e Informatica. Sono aperte le iscrizioni per la 19esima edizione del premio “L’Oreal Italia per le Donne e la Scienza”, promosso in collaborazione con la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, che ad oggi ha premiato 94 meritevoli ricercatrici. Ad esaminare i progetti candidati sarà la commissione giudicatrice del premio, composta da un panel di illustri professori universitari ed esperti scientifici italiani. Candidati entro l’8 febbraio http://www.forwomeninscience.com/

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Racimolatori di energia più potenti, ecofrendly e con bassi costi di manutenzione. E' questa l’idea imprenditoriale che si è aggiudicata il primo premio per l'edizione 2020 di Start Cup Campania.

Il progetto riguarda l’alimentazione dei dispositivi elettronici utilizzati nelle applicazioni di Internet of Things (IoT), che trovano sempre maggiore diffusione per il monitoraggio ambientale e industriale (Industria 4.0) per i trasporti, le smart cities e l’automotive. La soluzione comunemente adottata per l’alimentazione dei dispositivi di IoT è rappresentata da batterie usa e getta, le quali sono poco affidabili, hanno elevati costi di manutenzione ed hanno un grande impatto ambientale. La soluzione alternativa alle classiche batterie è rappresentata dai sistemi di energy harvesting, i cosiddetti racimolatori di energia, che consentono di trasformare in energia elettrica fonti differenti di energia altrimenti dispersa nell’ambiente circostante. Purtroppo, l’utilizzo dei sistemi di energy harvesting è fortemente limitato dai bassi valori di potenza elettrica che riescono a generare.

L’idea imprenditoriale consiste nell’offrire sul mercato un circuito elettronico che consente di aumentare significativamente, fino al 250 %, la potenza elettrica generata dagli attuali alimentatori eco-friendly basati su sistemi di energy harvesting. Il prodotto offerto si configura come un plugin economico e compatto che rappresenta una novità assoluta del settore. Il prodotto, aumentando la potenza dei sistemi di energy harvesting e quindi ampliandone in maniera significativa gli ambiti e le possibilità di utilizzo, consente di eliminare i costi di manutenzione e l’impatto ambientale delle classiche batterie usa e getta. Inoltre, l’aumento della potenza estratta, ottenuto mediante il prodotto offerto consente di (1) alimentare dispositivi per l’IoT più performanti, in numerosità maggiore, caratterizzati da consumi maggiori, e con più alti livelli di qualità del servizio; (2) ridurre il dimensionamento dell’harvester e quindi il costo iniziale del sistema, a parità di carico elettrico e di sorgente; (3) prolungare il tempo di scarica della batteria ricaricabile, con conseguente vantaggio in termini di costo di manutenzione (soprattutto in caso di sensori numerosi e collocati in posti difficilmente accessibili).

harvester

La prima versione del prodotto, nata dagli studi e dalle ricerche effettuate presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e sviluppata per harvester da vibrazioni, è in fase di brevettazione internazionale (International application number PCT/IB2020/052514) ed ha già ricevuto la massima valutazione positiva.