Qual è il ruolo che il ghiaccio marino gioca sull’emissione dell’anidride carbonica atmosferica? A dare risposta a questa domanda una ricerca innovativa, guidata dal Professore Chris Fogwill della Keele University e pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Nature Geoscience (https://www.nature.com/articles/s41561-020-0587-0), che mostra il ruolo cruciale che la banchisa gioca sul controllo della CO2 atmosferica nei periodi passati di veloci cambiamenti climatici. Tra i ricercatori partecipanti allo studio, anche Mauro Rubino, docente del Dipartimento di Matematica e Fisica della Vanvitelli.

Vediamo nel dettaglio.

“La banchisa, detta anche ghiaccio marino, è una massa di ghiaccio galleggiante che si forma per il congelamento dell'acqua dell'oceano a causa delle basse temperature – spiega il docente della Vanvitelli. Le banchise più grandi si trovano nel Mar Glaciale Artico e nel Mar Glaciale Antartico, dove sono permanenti. A causa delle enormi quantità di acqua e della loro superficie, il comportamento delle due grandi banchise artica e antartica può avere una notevole influenza sui cambiamenti climatici”.

Il gruppo di ricerca ha dimostrato che le variazioni stagionali delle dimensioni della banchisa causa un aumento della produttività biologica marina attorno all'Antartide. La conseguenza è un aumento della quantità di CO2 che viene "assorbita" dall'oceano in epoche di aumento della temperatura globale, qual è il periodo attuale.

Fin dagli inizi dell'epoca industriale, il mar Glaciale Antartico ha catturato circa la metà della quantità totale di CO2 emessa dall'uomo in atmosfera. Risulta quindi fondamentale capire i processi che regolano questa cattura. I ricercatori hanno soffermato la loro attenzione su un periodo del passato, durante la transizione dalla fine dell'ultimo periodo glaciale (terminato circa 20000 anni fa) all'attuale periodo caldo (cominciato circa 10000 anni fa), nel quale si ebbero rapidi cambiamento della quantità di CO2 in atmosfera. Durante questa "deglaciazione", la CO2 atmosferica vide aumentare la sua concentrazione in maniera continua, eccetto per una pausa circa 14600 anni fa. La comprensione delle cause di questa pausa, un processo in grado di rallentare l'aumento di CO2 nell'atmosfera, potrebbe avere conseguenze fondamentali nella lotta ai cambiamenti climatici.

“La pandemia di COVID-19 ha dimostrato che è possibile ridurre l'aumento di CO2 in atmosfera – continua Rubino - . Ma è chiaro che bisogna trovare metodi alternativi, compatibili con lo sviluppo economico della società. In quest'ottica, le tecniche di sequestro di CO2 nel mare potrebbero dare un contributo importantissimo al raggiungimento degli obiettivi dell'Accordo di Parigi”.

Ma quale fu la causa di questa esplosione di microrganismi fotosintetici? Il gruppo di ricerca ha usato dei modelli matematici innovativi per mostrare che le variazioni stagionali della banchisa in Antartide causò il rilascio di nutrienti con conseguente aumento dei microrganismi e dell'attività di fotosintesi. L'inclusione di questi processi nei modelli usati per effettuare previsioni sui cambiamenti climatici futuri costituisce un passo fondamentale per la riduzione dell'incertezza associata alle previsioni e lo sviluppo di politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.

Il gruppo di studiosi ha campionato ghiaccio in un'area del continente Antartico denominata "Patriot Hills", dove il ghiaccio antico conserva una traccia dei cambiamenti climatici passati. Queste tracce sono composte, per esempio, dal tipo di microrganismi che abitavano l'oceano migliaia di anni fa. I risultati dello studio hanno mostrato un aumento del numero e della diversità delle specie viventi marine in grado sottrarre CO2 dall'atmosfera tramite il processo di fotosintesi. Questo suggerisce che è stato l'aumento dei microrganismi fotosintetici a causare la pausa nell'aumento di CO2 atmosferica registrata nel periodo deglaciale.

Festa della scienza dal 21 al 24 novembre. Nuovo appuntamento con Futuro Remoto, la prima manifestazione europea di diffusione della cultura scientifica si svolgerà a Città della Scienza dal 21 al 24 novembre 2019 per l'intera comunità scientifica e tutti i cittadini.

Essere 4.0 – Storie di Rivoluzioni, Scienza e Tecnologia, da Leonardo da Vinci ad oggi è il tema dell’edizione di quest’anno esplorato con grandi mostre, laboratori e dimostrazioni, eventi, incontri e spettacoli.

Oggi si ragiona già di Quinta Rivoluzione Industriale che porterà l’uomo e il robot a lavorare fianco a fianco in un’industria ripensata. In questi scenari futuri, evidentemente però non tanto futuri, non esisterà più la distinzione tra mondo virtuale e fisico e l’uomo e il robot lavoreranno assieme attraverso la sinergia tra le capacità cognitive e il mondo dell’Internet of things. Anche la “dimensione corporea” conoscerà rivoluzioni sempre più profonde e che ciò avvenga nella piena consapevolezza e conoscenza delle scelte e delle strade che si stanno percorrendo è la sfida più grande per l’ESSERE umano.

Tante le novità di Futuro Remoto 2019 tra cui l’opening di “Essere 4.0 Expo” un’installazione interattiva che sarà inaugurata durante l’evento e visitabile fino a gennaio 2020.

Scopri tutti gli appuntamenti su: http://www.cittadellascienza.it/futuroremoto

Più di 25 ore di lezioni svolte, 175  studenti connessi in piattaforma online e laboratori pratici home made. Il lockdown non ha fermato le attività del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche. Anzi. Nonostante la distanza, gli studenti hanno comunque potuto seguire le lezioni del laboratorio di metodologie morfologiche, attraverso lezioni online, video, tutorial, schede didattiche, classroom interattive, esercitazioni.

Il laboratorio è stato curato dalle docenti Di Fiore, Ciniglia, Pinelli. 

L’Ateneo Vanvitelli protagonista a Caserta della Notte Europea dei Ricercatori - edizione 2019, presentato in conferenza stampa il 24 settembre al Teatro di Corte della Reggia di Caserta ore 12.00. La Notte Europea dei Ricercatori, organizzato da SHARPER, si è tenuto il 27 settembre in 12 capoluoghi di provincia di 8 regioni per raccontare la passione, le scoperte e le sfide dei ricercatori attraverso più di 600 attività tra mostre, spettacoli, concerti, giochi, conferenze e centinaia di altre iniziative rivolte al grande pubblico e realizzate da oltre 4000 ricercatori. L’edizione 2019 della Notte Europea dei Ricercatori si è svolta il 27 settembre dalle ore 18.45 alle 23.30 e il 28 settembre dalle ore 9 alle 13 tra la Reggia di Caserta e il Planetario di Caserta (Piazza Giuseppe Ungaretti). 

Vail al sito dedicato

Locandina

A Caserta l’evento è stato coordinato dall’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, che quest’anno ha partecipato con tutti i suoi Dipartimenti. Gli eventi della Notte, infatti, hanno spaziato dall’astrofisica alle tecniche di investigazione, arrivando fino alla reintepretazione degli spazi abitativi.

Il viaggio nel mondo della ricerca ha fatto una sosta lunga una notte in uno dei cortili della maestosa Reggia di Caserta dove i ricercatori dell’Università Vanvitelli, insieme a quelli dell’INFN, del CIRA, del CNR, di INNOVA e ancora con ARPAC e Polizia Scientifica, i Restauratori della Reggia di Caserta, gli astrofili dell’UMAC, hanno mostrato le meraviglie e i segreti nascosti del nostro Universo vicino e lontano, studiati attraverso le tecnologie più avanzate. Il visitatore è stato trasportato dai ricercatori negli universi di studio per scoprire la bellezza della matematica, essere affascinati dall’astrofisica, osservare il cielo e le sue meraviglie, scoprire le ultime frontiere della biologia, esplorare i meandri della psiche, avventurarsi nel mondo della domotica e della robotica, fare un viaggio nella letteratura dal passato al presente. I visitatori hanno inoltre esplorato da diverse angolazioni gli universi della comunicazione e del diritto, dell’alimentazione, dello sport, provando a sentirsi detectives per una notte indagando sulla scena del crimine. Spazio anche per i più piccoli con letture dedicate alle scienze e giochi da tavolo.

 

Notte Europea dei Ricercatori - edizione 2018

Notte Europea dei Ricercatori - edizione 2017

 

Il trasferimento tecnologico delle innovazioni sviluppate dai gruppi di ricerca universitari verso il mondo industriale richiede, per potersi compiutamente realizzare, particolari competenze personali e capacità di mediazione fra le aspettative di due universi così diversi e distanti fra loro come quello accademico e quello industriale.

L’esperienza del prof. Apicella, Ordinario di Scienza e Tecnologia dei Materiali e Responsabile dell’Advanced Materials Lab  del Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale del Nostro Ateneo, raccontata nella "vetrina delle innovazioni" di Città della Scienza ne è un esempio:
http://www.cittadellascienza.it/cina/china-italy-innovation-showcase-protesi-ortopediche-personalizzate-ed-impianti-dentali-con-stampa-3d/#.

Il “racconto” sarà oggetto, il prossimo 24 giugno alle ore 17, di un'intervista con il prof Apicella, in diretta facebook, alla quale parteciperà anche il prof. Sergio Minucci, delegato del nostro ateneo per l'internazionalizzazione e di un rappresentante dell’Università Sant’Anna di Pisa che ha svolto, con il suo Istituto Galilei che ha sede stabile in Cina nell’Università di Chongqing, un ruolo rilevante e decisivo in questo progetto internazionale creando le opportunità ed offrendo le basi logistiche ed organizzative in Cina.

Questa esperienza è nata e si è sviluppata grazie al programma di internazionalizzazione dei sistemi ricerca-innovazione del nostro Ateneo, il prof. Apicella ha saputo valorizzare la propria ricerca sui bio-materiali ibridi e sulla biomeccanica e biomimetica, già oggetto di convenzioni di ricerca e di trasferimento tecnologico in Italia, con una serie di seminari e visite presso Atenei ed Aziende Cinesi attraendo l’attenzione dell’Accademia e dell’Industria Cinese su questo argomento.

Ne è nata, anche grazie a contributo essenziale del Sant’Anna di Pisa con il quale il nostro Ateneo ha un accordo di cooperazione, una rete di collaborazioni con Atenei ed Aziende Cinesi che ha permesso di creare le basi operative per il trasferimento tecnologico delle nostre metodologie di progettazione e di produzione di protesi ortopediche ed impianti dentali personalizzati con le tecniche di progettazione biomimetica e con tecnologie intelligenti di Industria 4.0 come l’ additive manufacturing (stampa 3D). 

Techshare Day

Nuove molecole per il trattamento del cancro, scale innovative perfezionate con pendenza variabile, un nuovo farmaco con diverse proprietà: queste alcune delle tecnologie del settore tech e life science firmate Vanvitelli presentate al Techshare Day lo scorso 25 giugno.
Oltre 300 inventori, 30 tra università e centri di ricerca italiani, 140 invenzioni in mostra al Techshare Day, il primo degli eventi della Italian Tech Week in programma lo scorso giugno a Torino, che ha visto protagonisti personaggi italiani ed europei del mondo della tecnologia, della cultura e dell’innovazione.
Tra queste, anche cinque invenzioni targate Università della Campania Vanvitelli in campo medicale e ingegneristico. Nel dettaglio:
 nuove molecole (derivati della Psammaplina A) per la prevenzione e il trattamento del cancro;

 un nuovo farmaco ad azione multipla (derivati arilfenolici);

 un sistema innovativo per estrazione di pezzi chirurgici in corso di chirurgia endoscopica video assistita;

 una innovativa scala perfezionata a pendenza variabile;

 un nuovo trasduttore perfezionato smart hybrid.

Le numerose iniziative prevedevano l’esposizione di tecnologie d’avanguardia e occasioni di fundraising, nonché incontri con gli attori della scena mondiale dell’imprenditoria tech. L’evento infatti è nato per presentare ad aziende ed investitori le invenzioni e i prototipi sviluppati all’interno degli Atenei con lo scopo di dare visibilità alle attività di trasferimento tecnologico.
Architettura, agrifood, salute e trasporti sono solo alcune delle categorie a cui appartengono le invenzioni presentate a Torino, selezionate dall’eccellenza tecnologica Made in Italy.

Per maggiori informazioni sull'iniziativa clicca qui.

 

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Il monitoraggio del radon emesso nell’area dei Campi Flegrei per un lungo periodo offre nuovi dati per la valutazione della reale estensione dell’area interessata dai fenomeni idrotermali, rivelandosi anche un potenziale indicatore dell'evoluzione di una crisi vulcanica.

Con uno studio durato sette anni, dal 2011 al 2017, un team di ricercatori del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) hanno monitorato il radon emesso in due siti della caldera dei Campi Flegrei i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Scientific Reports di Nature nell'articolo 'Continuous radon monitoring during seven years of volcanic unrest at Campi Flegrei caldera (Italy)'.

Negli ultimi anni, l'interesse della comunità scientifica internazionale verso lo studio dell'emissione di radon come tracciante di fenomeni endogeni naturali (attività sismica e vulcanica) è cresciuto considerevolmente. Tuttavia, il segnale del radon monitorato nei suoli, è influenzato da molti fattori ambientali i cui effetti possono essere eliminati quando viene registrato su un lungo periodo.
Gli studiosi hanno preso in considerazione la caldera dei Campi Flegrei che dal 2004-2005 è caratterizzata da sollevamento del suolo, sismicità, cambiamenti nella composizione dei fluidi fumarolici e un aumento generale dell'emissione di fluidi vulcanico-idrotermali.

Per la misura del radon sono state utilizzate due stazioni di rilevamento progettate e realizzate dai ricercatori dell’INFN. Nell'ambito di una collaborazione con l'INGV, i due prototipi sono stati installati ai Campi Flegrei in due siti distanti da 1 a 4 km dalla zona della Solfatara e di Pisciarelli, dove la fenomenologia in corso è più evidente. Gli strumenti hanno acquisito in modo automatico per un periodo di 7 anni fornendo una serie unica di dati di radon e parametri ambientali.

“I dati acquisiti sono stati analizzati mediante tecniche matematiche innovative finalizzate ad estrarre dal segnale la parte controllata dai processi endogeni” spiega Fabrizio Ambrosino, matematico dell’Università della Campania. 

I risultati sono stati confrontati, poi, con gli indicatori dell’attività idrotermale della caldera, tra cui il tremore sismico generato dalla fumarola di Pisciarelli, i valori complessivi della sismicità, la massima deformazione verticale del suolo acquisita dalle reti GPS durante l'attuale fase di sollevamento. Le lunghe serie di dati evidenziano una forte correlazione del radon con segnali indipendenti e i risultati finali sono stati di notevole interesse.
“I dati ottenuti dallo studio ci hanno portato a valutare che l'area interessata dagli attuali fenomeni è più estesa dell'area in cui si verifica la sismicità e dove sono ubicate le principali manifestazioni dell'attività idrotermale, a Pisciarelli e Solfatara” afferma Flora Giudicepietro, vulcanologa dell'INGV e coautrice dello studio.
“I segnali del radon mostrano, infatti, variazioni nel tempo ben correlate con i più classici parametri geofisici e geochimici regolarmente monitorati ai Campi Flegrei” aggiunge Giovanni Chiodini, geochimico dell’INGV e coautore della ricerca. 

“Questi risultati rappresentano una novità assoluta nello studio della caldera Flegrea e segnano un significativo passo in avanti nell'uso e nell'interpretazione del segnale del radon indicando come lunghe serie temporali, opportunamente filtrate dagli effetti dei parametri ambientali, costituiscono un ottimo strumento aggiuntivo nel monitoraggio dell'attività vulcanica”, conclude Carlo Sabbarese fisico dell’Università della Campania e primo autore della ricerca.

Quando il cervello inganna la vista. Uno studio dei neurologi dell’Ateneo Vanvitelli rivela i meccanismi che generano disturbi visivi nelle cefalee e si aggiudica il “Greppi Award”, premio internazionale che non veniva conferito ad una ricerca italiana da oltre 15 anni.
La ricerca mirava a rivelare ciò che fino ad oggi ancora non era noto sulla relazione esistente tra la il mal di testa tipico dell’emicrania e i disturbi visivi riportati dai pazienti durante gli attacchi (ovvero l’aura vera e propria).
Tale vuoto di conoscenza è stato colmato grazie alle scoperta di un gruppo di neurologi napoletani del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, diretta dal Gioacchino Tedeschi. I risultati del lavoro chiariscono il diverso funzionamento del cervello dei pazienti con emicrania con aura rispetto ai soggetti non emicranici.

“Nello specifico, chiarisce Antonio Russo - responsabile del Centro Cefalee e primo autore della ricerca - la corteccia del cervello interpreta “in maniera scorretta” gli stimoli dolorosi dell’attacco emicranico e risponde attivando non solo le aree cerebrali deputate alla percezione del dolore ma anche, inaspettatamente, le aree visive, generando i noti scintillii o gli altri disturbi visivi di breve durata tipici di tale fenomeno”.

I sintomi dell’emicrania non si limitano, infatti, al dolore al capo ma consistono in un corteo di accompagnamento caratterizzato da nausea, vomito, fastidio per la luce, per i rumori e per gli odori. Un terzo di tali pazienti però sperimenta, prima dell’attacco doloroso vero e proprio, disturbi neurologici transitori (che vanno sotto il nome di “aura”) come ad esempio fastidi visivi, scintillii, luci colorate o cecità transitoria in alcune aree del campo visivo.
L’aura visiva può durare molti minuti, spaventando i pazienti i quali spesso si recano, soprattutto nel corso dei primi attacchi, in Pronto Soccorso.

Perché questo avviene? In che modo la vista è collegata all’emicrania? La ricerca dei neurologi della Vanvitelli rivela proprio questo meccanismo per cui molti pazienti affetti da mal di testa tipico dell’emicrania hanno, durante gli attacchi, anche fastidiosi e angoscianti disturbi visivi. In pratica, è il cervello stesso che reagisce al dolore attivando anche le aree visive, oltre a quelle deputate alla percezione del dolore stesso.

I dati dello studio sono stati presentati nel corso del congresso internazionale della “European Headache Federation” tenutosi nei giorni scorsi ad Atene, laddove i ricercatori dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” Gioacchino Tedeschi, Antonio Russo, Marcello Silvestro e Alessandro Tessitore hanno ricevuto il prestigioso “Greppi Award”.

“I risultati della ricerca permetteranno di comprendere meglio i meccanismi sottostanti l’emicrania con aura – commenta Tedeschi - e grazie alla recente possibilità di utilizzare farmaci di nuova generazione, specifici e mirati, ci consentiranno di trattare i pazienti in maniera sempre più efficace e priva di effetti collaterali”.

L’emicrania è il mal di testa disabilitante più frequente nella popolazione generale. In Europa ne soffrono circa 136 milioni, di cui 6 milioni solo in Italia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha considerato l’emicrania come la patologia più invalidante nella popolazione al di sotto dei 50 anni in quanto responsabile del maggior numero di anni persi a causa della malattia.

 

 

Visiere Shield ideate e prodotte da Officina Vanvitelli e distribuite gratuitamente al Cotugno ed al reparto per i pazienti Covid del Policlinico Vanvitelli.

Il Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale contribuisce all'emergenza Coronavirus attraverso l’utilizzo delle macchine prototipatrici di Officina Vanvitelli, distretto leggero per la moda e il design in Campania che ospita la formazione post laurea.

L’idea è proprio di uno dei designer e dottorando dell'Ateneo, Gabriele Pontillo che, volontariamente, supportato dal direttore del Dipartimento Luigi Maffei e dai professori e ricercatori di Officina Vanvitelli, ha realizzato le visiere Shield per il personale medico che si trova in questo momento in prima linea contro il virus.

Si tratta di un progetto open source, disponibile in rete gratuitamente, che è stato approvato dal 118 allo scopo di fornire strumenti indispensabili per la protezione nei reparti intensivi.

Gabriele Pontillo, che conduce la sua ricerca nel campo del design biomedicale ed è esperto di prototipazione rapida, ha lavorato rispettando le normative attuali di sicurezza ed in isolamento negli spazi di Officina, ma in una rete di makers fatta anche di altri laureandi della Vanvitelli: Francesco Gravante, Antonio Ambrosio, Salvatore Carleo e la dottoranda Roberta Angari.

Pontillo ha creato e ideato il frontino su cui si poggia la visiera che è invece stata prodotta dagli altri studenti: la fase di assemblamento è stata ancora di Gabriele che, tra mille difficoltà, è riuscito da solo a ottenere i primi oltre cento prodotti.

“Queste maschere sono già state distribuite agli operatori medici e paramedici del Cotugno e del nostro Policlinico – ha detto il Rettore della Vanvitelli – e ci auguriamo di riuscire a produrne molte altre per distribuirle a chi sta combattendo questa guerra in prima linea, chi cioè lavora negli ospedali.

Quello che sta facendo Officina Vanvitelli in queste settimane è un esempio di come la ricerca è al servizio del territorio e della società, e di quanta ricchezza c'è nei nostri laureati e laureandi, che sanno guardare lontano e che anche da soli sono capaci di dare un grande apporto in questa situazione di estrema gravità ed emergenza”.

Le macchine prototipatrici di Officina Vanvitelli sono in grado anche di costruire pezzi di ricambio per i respiratori, e non è escluso che a breve possano servire anche quelli.

“Per il momento non c'è stato ancora richiesto – spiega Luigi Maffei, direttore del dipartimento di Architettura e Disegno Industriale – ma siamo pronti a rispondere anche a questo tipo di necessità ovemai dovessero servire pezzi di ricambio ai respiratori in uso negli ospedali. La produzione delle visiere è in questo momento limitata, visto che il dottorando sta lavorando in totale isolamento, ma anche in questo caso possiamo pensare e trovare soluzioni per produzioni di maggiore entità per una distribuzione più ampia”.

“Durante la produzione – spiega Gabriele Pontillo – ho avuto la necessità di creare network per implementare ed ultimare i dispositivi: maker, piccoli commercianti e aziende del territorio campano, che stanno collaborando attivamente alla realizzazione di questo dispositivo, fornendo i materiali necessari per il completamento delle visiere ed, oltretutto, stanno lavorando a titolo totalmente gratuito per garantire il migliore servizio possibile ai medici, infermieri, e personale sanitario del nostro Paese”.

Aperte le calls di partecipazione con proposte di attività per la nuova edizione di Futuro Remoto 2019. La grande fiera della scienza e dell'innovazione si terrà a Città della Scienza dal 21 al 24 settembre e avrà come tema “essere 4.0”: la Quinta Rivoluzione Industriale che porterà l’uomo e il robot a lavorare fianco a fianco in un’industria ripensata. Esplorando questo affascinate tema, Futuro Remoto metterà in scena grandi mostre, laboratori e dimostrazioni, eventi, incontri e spettacoli.
Futuro Remoto è una vera e propria “Festa della Scienza”, una festa di tutti e aperta a tutti pertanto l’invito è di aderire alle call di partecipazione destinate a studenti, scuole e cittadini per arricchire il programma degli eventi che si svolgeranno nel Villaggio della Scienza proponendo laboratori, dimostrazioni e science show sul tema.

Guarda la news di Futuro Remoto e partecipa alle calls

 

Fare esperimenti a distanza, manovrando da casa la strumentazione. Succede al Dipartimento di Matematica e Fisica grazie a Labview della National Instruments™. Tramite questo sistema hardware e software è stata realizzato un apparato che permette agli studenti collegarsi e controllare le apparecchiature del laboratorio didattico di Fisica, per l’occasione spostato nei locali dell’ADISURC presso l’exCIAPI di S. Nicola La Strada (CE).

In una prima sessione di test, gli studenti del corso di Laboratorio di Fisica 2 hanno potuto mettere a punto il sistema e iniziare la presa dati. Non si tratta, quindi, di un sistema di simulazione di esperimenti di fisica: gli studenti, organizzati in gruppi di 3, ma ognuno dal proprio domicilio, controllano la strumentazione e svolgono esperimenti. Nel corso delle prossime settimane gli esperimenti saranno ampliati, includendo un sistema robotico per la movimentazione di sonde e sensori. In questo modo gli studenti potranno non solo continuare la loro formazione in fisica sperimentale, ma anche apprendere l’utilizzazione di uno strumento molto avanzato per il controllo e l’automazione, molto utilizzato in campo scientifico e industriale.

Il progetto è stato realizzato dai docenti di Laboratorio di Fisica 2 del Corso di Laurea in Fisica, Lucio Gialanella ed Eugenio Fasci, e dal personale del Dipartimento di Matematica Paolo Marinelli e Giuseppe Porzio, che dirige la Labview Academy, grazie alla collaborazione e il supporto della MeasureIT srl di Padova, distributore National Instruments™ per l’Accademia in Italia e Spagna e  Channel Partner di National Instruments™ nel mondo.

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Fig. 1 Il laboratorio di Fisica dove è basato il progetto di Laboratorio di Fisica a distanza

 

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Fig 2. Pannello di controllo dell’oscilloscopio e del generatore di forma d'onda utilizzato nelle misure elettriche dagli studenti a casa

Verso l'antica madre. Inter/azione fra ambiente, inclusione sociale, imprenditoria femminile. Si terrà il prossimo 16 maggio, dalle ore 9, nell'Aula Mario Gioffredo di Palazzo Gravina, via Monteoliveto 3, il XXII Convegno del Coordinamento napoletano Donne nella Scienza. Percorrendo le tre sessioni del convegno, Ambiente naturale, Ambiente urbano e Sviluppo sostenibile e imprenditoria femminile, si proverà a dare un quadro dell'assetto e delle criticità dell'ambiente naturale e urbanistico dell'area metropolitana napoletana allo scopo di individuare pratiche di riqualificazione ambientale che vadano incontro a una visione diversa, femminile, di sviluppo sostenibile. Con la discussione finale, attraverso un confronto fra istituzioni, ordini professionali, associazioni e partecipanti, si cercherà di tracciare possibili percorsi che coniughino la cura e la fruizione dell'ambiente con l'inclusione sociale.

Il coordinamento napoletano "Donne nella Scienza" è costituito da ricercatrici di diversa provenienza e formazione delle università Vanvitelli e Federico II, di enti di ricerca quali Cnr, Ingv e Infn. Esso nasce con l'obiettivo di promuovere azioni positive per affrontare il problema della scarsa rappresentanza delle donne nella ricerca e nelle carriere scientifiche, che produce non solo ingiustizia sociale ma anche un notevole spreco di risorse umane.

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