Ghiaccio marino polare, una ricerca spiega gli effetti delle banchise glaciali nei cambiamenti climatici

Qual è il ruolo che il ghiaccio marino gioca sull’emissione dell’anidride carbonica atmosferica? A dare risposta a questa domanda una ricerca innovativa, guidata dal Professore Chris Fogwill della Keele University e pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Nature Geoscience (https://www.nature.com/articles/s41561-020-0587-0), che mostra il ruolo cruciale che la banchisa gioca sul controllo della CO2 atmosferica nei periodi passati di veloci cambiamenti climatici. Tra i ricercatori partecipanti allo studio, anche Mauro Rubino, docente del Dipartimento di Matematica e Fisica della Vanvitelli.

Vediamo nel dettaglio.

“La banchisa, detta anche ghiaccio marino, è una massa di ghiaccio galleggiante che si forma per il congelamento dell'acqua dell'oceano a causa delle basse temperature – spiega il docente della Vanvitelli. Le banchise più grandi si trovano nel Mar Glaciale Artico e nel Mar Glaciale Antartico, dove sono permanenti. A causa delle enormi quantità di acqua e della loro superficie, il comportamento delle due grandi banchise artica e antartica può avere una notevole influenza sui cambiamenti climatici”.

Il gruppo di ricerca ha dimostrato che le variazioni stagionali delle dimensioni della banchisa causa un aumento della produttività biologica marina attorno all'Antartide. La conseguenza è un aumento della quantità di CO2 che viene "assorbita" dall'oceano in epoche di aumento della temperatura globale, qual è il periodo attuale.

Fin dagli inizi dell'epoca industriale, il mar Glaciale Antartico ha catturato circa la metà della quantità totale di CO2 emessa dall'uomo in atmosfera. Risulta quindi fondamentale capire i processi che regolano questa cattura. I ricercatori hanno soffermato la loro attenzione su un periodo del passato, durante la transizione dalla fine dell'ultimo periodo glaciale (terminato circa 20000 anni fa) all'attuale periodo caldo (cominciato circa 10000 anni fa), nel quale si ebbero rapidi cambiamento della quantità di CO2 in atmosfera. Durante questa "deglaciazione", la CO2 atmosferica vide aumentare la sua concentrazione in maniera continua, eccetto per una pausa circa 14600 anni fa. La comprensione delle cause di questa pausa, un processo in grado di rallentare l'aumento di CO2 nell'atmosfera, potrebbe avere conseguenze fondamentali nella lotta ai cambiamenti climatici.

“La pandemia di COVID-19 ha dimostrato che è possibile ridurre l'aumento di CO2 in atmosfera – continua Rubino - . Ma è chiaro che bisogna trovare metodi alternativi, compatibili con lo sviluppo economico della società. In quest'ottica, le tecniche di sequestro di CO2 nel mare potrebbero dare un contributo importantissimo al raggiungimento degli obiettivi dell'Accordo di Parigi”.

Ma quale fu la causa di questa esplosione di microrganismi fotosintetici? Il gruppo di ricerca ha usato dei modelli matematici innovativi per mostrare che le variazioni stagionali della banchisa in Antartide causò il rilascio di nutrienti con conseguente aumento dei microrganismi e dell'attività di fotosintesi. L'inclusione di questi processi nei modelli usati per effettuare previsioni sui cambiamenti climatici futuri costituisce un passo fondamentale per la riduzione dell'incertezza associata alle previsioni e lo sviluppo di politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.

Il gruppo di studiosi ha campionato ghiaccio in un'area del continente Antartico denominata "Patriot Hills", dove il ghiaccio antico conserva una traccia dei cambiamenti climatici passati. Queste tracce sono composte, per esempio, dal tipo di microrganismi che abitavano l'oceano migliaia di anni fa. I risultati dello studio hanno mostrato un aumento del numero e della diversità delle specie viventi marine in grado sottrarre CO2 dall'atmosfera tramite il processo di fotosintesi. Questo suggerisce che è stato l'aumento dei microrganismi fotosintetici a causare la pausa nell'aumento di CO2 atmosferica registrata nel periodo deglaciale.