Incidente mortale sul volo 1380 della Southwest Airlines.
a cura di Emanuele Martelli e Aniello Riccio.
Il fatto.
Il 17 Aprile 2018 il Boeing 737-700 decolla dall’Aeroporto La Guardia di New York verso Dallas (Texas). A bordo ci sono 144 passeggeri e 5 membri di equipaggio. Quasi al raggiungimento della quota di crociera, a bordo si sente una forte esplosione, vari frammenti colpiscono la fusoliera ed uno in particolare causa la rottura di un finestrino. Questo provoca una violenta fuoriuscita d’aria e la depressurizzazione della cabina. Una passeggera, Jennifer Riordan di Albuquerque, Nuovo Messico, rimane uccisa dopo essere stata quasi risucchiata fuori. In cabina di pilotaggio intanto, la comandante Shults stabilizza l’aeroplano e avvisa il Controllo del Traffico Aero che farà un atterraggio di emergenza. La comandante Shults è un ex-pilota della U.S. Navy, in particolare ha pilotato i caccia F-18, effettuando un numero notevole di decolli ed atterraggi da portaerei (forse la manovra più difficile per un pilota di caccia). A testimonianza della difficoltà che comporta l’atterraggio con un caccia di nuova generazione su una portaerei, molti piloti intervistati hanno paragonato tale manovra al “tentativo di colpire un francobollo con la lingua lanciandosi dalla finestra del secondo piano”. Un pilota di caccia imbarcato ha nervi d’acciaio e controllo totale del mezzo. Probabilmente grazie anche a queste esperienze di volo “estreme”, la comandante Shults riesce a far atterrare il Boeing con un motore solo e a salvare passeggeri ed equipaggio.
Cosa è successo?
Il National Transportation Safety Board ha fatto partire immediatamente un’indagine sull’incidente. Il motore in questione è un turbo-ventola CFM56-7B prodotto dalla CFM, una joint-venture tra l’americana General Electric e la francese SNECMA. Il presidente dell’agenzia, Robert L. Sumwalt, ha riferito che gli investigatori hanno subito notato che una paletta della ventola era mancante e sono state trovate prove di una rottura per fatica della paletta, il cui distacco ha provocato la rottura della cappottatura del motore. Questo ha generato i frammenti che hanno colpito la fusoliera e rotto il finestrino. Un episodio simile è avvenuto nell’agosto del 2016 con la stessa compagnia aerea e con lo stesso tipo di velivolo. In quel caso fortunatamente non ci furono vittime, anche se l’aereo fu danneggiato seriamente e il pilota fu costretto ad un atterraggio di emergenza. Nella foto è riportata la vista frontale del motore. La schiera di palette che si vede in evidenza a valle della presa d’aria costituiscono la ventola (fan in inglese) del motore a turbo-ventola. Questo tipo di motori sono concepiti per abbattere il consumo di combustibile, quindi l’inquinamento, ed il rumore, altro requisito essenziale per la sostenibilità ambientale. E come fanno? La ventola ha lo scopo di comprimere una grossa massa d’aria, che viene poi accelerata a bassa velocità in un ugello. La potenza alla ventola viene fornita da un ciclo turbo-gas, di fatto identico a quelli che si usano negli impianti di produzione dell’energia. Si può dimostrare che “creare” la spinta con un getto a bassa velocità permette di abbattere i consumi di combustibile. Per contro, poiché la velocità è appunto bassa, è necessario trattare grosse portate d’aria (la spinta è infatti grosso modo il prodotto tra la portata d’aria e la velocità di uscita del getto). Ma grosse portate implicano grossi diametri per “inghiottire” più aria possibile e questo rende la progettazione della pala della ventola molto critica.
Fatica e metodi di ispezione.
Il fenomeno della Fatica è strettamente correlato al primo aereo di linea a reazione il “de Havilland DH.106 Comet” che entrò in servizio il 2 maggio 1952. Dopo appena un anno di onorato servizio (scali ridotti, tempi per arrivo a destinazione quasi dimezzati, confort per i passeggeri enormemente aumentato) il DH.106 Comet fu protagonista di numerosi incidenti che si verificarono in rapida successione provocando numerose vittime e conducendo alla sospensione dell’attività dei Comet. Quella che ne seguì divenne una delle più approfondite indagini tecniche fino ad allora realizzate; il compito dei tecnici della de Havilland era ovviamente duplice: ricercare le cause di tanti incidenti e tentare (per quanto possibile) di ricostruire la fiducia nei confronti del loro velivolo, dissoltasi in un brevissimo lasso di tempo. A conclusione dell’inchiesta si determinò che la causa principale era il progressivo indebolimento della fusoliera con lacerazioni che si propagavano dalle aperture di finestrini e antenne del sistema ADF (Automatic Direction Finder) . In questa occasione si capì che l’aeronautica non era immune al fenomeno della fatica, ovvero quel fenomeno per cui una lunga ripetizione ciclica di carichi, anche non troppo intensi, può far nascere e crescere una o più cricche nel componente, fino a portarlo a rottura. Fra gli anni 20 e 40 l’uso del legno, materiale poco vulnerabile a questo fenomeno, e il volo a bassa quota non avevano comportato grosse problematiche di questo tipo; il Comet invece, a causa del continuo alternarsi di ben più intense condizioni di pressurizzazione fra aria e terra, introduceva carichi ciclici più danneggianti e utilizzava materiali più deboli contro la fatica, come l’alluminio. Ancora oggi, l’esperienza del Comet ha reso l’industria aeronautica molto meno disposta al cambiamento di quanto si possa credere: c’è una certa diffidenza verso nuove soluzioni di cui non si ha una lunga storia registrata. Da allora, ogni componente del velivolo è progettato per resistere al fenomeno della fatica ed al fine di scongiurare incidenti sono previste ispezioni cicliche di parti critiche del velivolo. Il tipo di ispezione applicato in una particolare zona dipende da: accessibilità, tipo di difetto, materiale del componente in esame e sezione del componente: costante o variabile. Nel settore aeronautico le metodologie di controllo non distruttivo adottate sono: la magnetoscopia, i liquidi penetrati, gli ultrasuoni, la termografia e le correnti indotte. Nel caso in esame sembra che la frattura riscontrata sulla paletta che si è staccata, fosse localizzata in una zona non visibile e quindi sfuggita alle ispezioni visive che solitamente vengono effettuate su tali componenti. Il National Transportation Safety Board ha raccomandato, quindi, alle compagnie aeree di eseguire ispezioni non distruttive con macchinari specifici ad ultrasuoni per verificare lo stato delle palette, in particolare la presenza di fratture non visibili ad occhio nudo in motori che hanno superato i 30,000 cicli operativi, dove per ciclo operativo si intende la sequenza di accensione, decollo, volo, atterraggio e spegnimento. Questo episodio testimonia il fatto che anche le più sofisticate macchine che l’uomo è in grado di concepire e costruire non sono esenti da difetti e problematiche non considerate in fase di progettazione. Pur essendo, il velivolo, il mezzo statisticamente più sicuro per viaggiare, la sua progettazione e manutenzione necessita di sempre più alti livelli di attenzione al fine di mantenere ed aumentare gli attuali standard di sicurezza. Infine, il perfezionamento e la messa in sicurezza di sistemi di trasporto complessi, alcune volte può avere un costo in vite umane, come del resto è avvenuto ed avviene in altri settori dell’ingegneria.