Lo scorso 21 febbraio l'Agenzia per la Valutazione dell'Università e della Ricerca (Anvur) ha comunicato i dati ufficiali relativi alla Vqr (valutazione della qualità della ricerca) 2011-2014 che peraltro erano stati già utilizzati dal Miur per la distribuzione del fondo premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario il 3o dicembre del 2016. Hanno partecipato alla valutazione 96 Università (tra statali, private e telematiche), 18 tra enti di ricerca vigilati dal Miur o assimilati che si sono sottoposti volontariamente alla valutazione e 21 tra consorzi di ricerca ed altri enti di ricerca. Sono stati presi in considerazione 118.000 prodotti tra bibliometrici e non bibliometrici suddivisi in 14 aree di ricerca. Il quadro che ne è emerso è ancora una Italia a due velocità in cui il Nord ha sostanzialmente mantenuto le sue posizioni di leader mentre il Sud, sebbene si sia significativamente rafforzato e avvicinato alle performance del Nord, non ha ancora colmato questa differenza. Tutto ciò ha permesso a tutti di dichiararsi vincitori, stimolando ulteriormente il passaggio dall'offerta formativa più accattivante al libero mercato delle iscrizioni, in cui le Università non sono valutate dall'opinione pubblica per la loro capacità formativa ma per il numero di iscrizioni.
Al di là di questi risultati di facciata, gli esiti e il sistema valutativo della Vqr 2011-2014 hanno mostrato alcuni punti di riflessione del presente e dell'evoluzione del sistema universitario nazionale. L'attuale concetto di Università va inquadrato con la necessità di una trasformazione della formazione e del modo di concepire l'Accademia. L'evoluzione accademica, sempre più volta a modelli internazionali, prevede una integrazione della formazione universitaria con la velocità del cambiamento societario e tecnologico. Le Università devono avere la capacità di porsi da ora verso le richieste di «knowledge» future garantendo laureati in grado di affrontare il mondo del lavoro e le sue richieste in modo attuale.
La necessaria sfida accademica è: a) avere un assetto previsionale del cambiamento; b) integrare la formazione e la ricerca in un approccio multidisciplinare che crei attrattività di risorse umane e finanziarie; c) affrontare il cambiamento anche da un punto di vista gestionale; d) mantenere sempre lo studente al centro del sistema. L'analisi dei dati dell'ultima valutazione della qualità della ricerca mostra come alcuni Politecnici, anche grazie a strategie di tecnologie mirate e all'offerta post-laurea, ricevono lo score migliore con attrattività di risorse (bandi competitivi e studenti). Questo mostra in vero la necessità di un rinnovamento del modello universitario generale con cambiamento delle modalità di insegnamento e loro utilizzazione: modelli formativi più flessibili. La valutazione delle Università anche in base al risultato (in termini di bandi competitivi nazionali ed internazionali, brevetti, Spin-Off, public engagement), dimostra come l'integrazione della formazione col risultato sia già un dato di fatto. Se da un lato, la distanza Nord-Sud in termini valutativi (VQR 2011-14) si è ridotta, resta ancora il divario geografico in termini di attrattività di studenti fuori regione e di finanziamenti, specie se internazionali. La vera sfida è dunque nel colmare questi punti ed anche, non per ultimo, verificare non solo il valore assoluto di risultato, ma anche i mezzi con cui è stato raggiunto in base al livello da cui si partiva. Forse una chiave di lettura potrà essere nella valorizzazione della territorialità delle idee: facilitare già a livello accademico lo sviluppo d'idee e accompagnarle verso la realizzazione. Non a caso in quest'ultima VQR una specifica attenzione è stata dedicata al concetto di «Terza Missione» con un'apposita commissione che ha analizzato e categorizzato i dati presentati da ciascuna università. Infine è da notare che nonostante che negli ultimi 10 anni vi sia stata una contrazione delle risorse di cui le Università Statali hanno potuto disporre, tra le spese che sono state addebitate ai bilanci universitarie, si è passato nello stesso intervallo di tempo dal 7.0% a circa 11% di spese per servizi agli studenti, ciò significando una sempre maggiore centralità - come è giusto che sia - dello studente nel sistema universitario nazionale. Quindi al di là delle personali interpretazione dei dati, la recente VQR dimostra che le Università italiane, seppure nella loro diversità hanno intrapreso, ed in molti casi rafforzato, il loro cammino verso la formazione di laureati che, partendo da una connessione sempre più stretta tra Università e territorio, abbiamo sempre più presente il nesso tra formazione e ricerca e sono votati e pronti ad un confronto internazionale.
Tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 14 marzo 2017.