Si chiama “Dipendenza da videogiochi” ed ora è ufficialmente una patologia. Perdita del controllo sul tempo dedicato al gioco, obesità e scarsa concentrazione e drastica riduzione delle relazioni interpersonali sono alcuni dei sintomi. La dipendenza da videogiochi sarà infatti inserita nel capitolo delle “Dipendenze comportamentali” nell’undicesima edizione dell’International Classification of Diseases (ICD), che verrà approvata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità durante l’assemblea generale che si svolgerà a Ginevra dal 21 al 26 maggio di quest’anno.
Definizione
La Dipendenza da videogiochi è caratterizzata da “un pattern persistente o ricorrente nel comportamento da gioco che si manifesta quando viene data priorità ai videogiochi fino al punto che essi abbiano la precedenza su altri interessi e attività quotidiane, e proseguimento dell’attività video-ludica nonostante il verificarsi di conseguenze negative”. Affinchè sia considerato un disturbo, la dipendenza da videogiochi deve determinare un “significativo danno personale, familiare, sociale, educativo e/o professionale”.
È la prima volta che un disturbo legato all’uso eccessivo dei videogiochi viene riconosciuto ufficialmente dalla comunità medica tra le condizioni patologiche che necessitano di attenzione clinica.
Due forme di dipendenza da videogiochi
Quella online (quando il soggetto deve essere necessariamente collegato a Internet) e una offline (in cui il gioco è svolto prevalentemente in solitudine). Si tratta di due forme sostanzialmente diverse da un punto di vista psicopatologico.
Chi soffre della forma da dipendenza online è solitamente una persona molto competitiva, che preferisce trascorrere il tempo libero con gli amici conosciuti in rete, convincendosi che queste relazioni siano più vere e intense rispetto a quelle della vita reale.
Le persone affette dalla forma offline invece sono solitamente chiuse, introverse, timide, con tendenza all’isolamento. Si tratterebbe in pratica di quel disturbo per il quale i giapponesi qualche anno fa avevano coniato il termine di Hikikomori, cioè la tendenza al ritiro sociale.
La dipendenza da videogiochi si presenta in genere negli adolescenti, ma alcuni studi documentano che anche gli adulti over 35 anni possano sviluppare questa forma di dipendenza. Non è ancora nota la reale portata del fenomeno proprio a causa della mancanza di una diagnosi specifica prima della pubblicazione dell’ICD-11.
I sintomi
Da un punto di vista clinico, per diagnosticare la dipendenza da videogames è necessario che siano presenti le seguenti caratteristiche: 1) perdita del controllo sul tempo dedicato al gioco; 2) priorità data al videogame rispetto alle altre attività della vita quotidiana (compreso il mangiare, il bere e il dormire); 3) persistenza del comportamento e incapacità di interrompere il gioco nonostante gli effetti negativi e i richiami dei genitori.
Le conseguenze per la salute sono molteplici e sono a carico della sfera psichica, fisica e relazionale. Per quanto riguarda i sintomi psichici, i ragazzi cominciano a mostrare irritabilità, ostilità, aggressività, nervosismo, insonnia, disturbi d’ansia, astrazione dalla realtà. I sintomi fisici includono obesità, aumento della pressione sanguigna, difficoltà visive, aumento del colesterolo, delle lipoproteine a bassa densità e dei trigliceridi, con rischi per la salute cardiometabolica. Da un punto di vista sociale, si assiste a una drastica riduzione delle relazioni interpersonali, con solitudine, abbandono degli hobbies, calo delle prestazioni scolastiche, difficoltà di concentrazione. Considerato che si tratta di persone giovani, i rischi sulla salute nella vita adulta sono facilmente comprensibili.
Lo studio
Il Dipartimento di Psichiatria dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli diretto dal Prof. Mario Maj ha partecipato recentemente a uno studio promosso dal Dipartimento per le Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri e condotto in tre università italiane (Napoli, Brescia, Pisa), a cui hanno partecipato oltre 3000 studenti universitari italiani. Lo studio, attualmente in fase di pubblicazione su una prestigiosa rivista internazionale, ha documentato che il rischio di sviluppare il disturbo da dipendenza da videogiochi è maggiore nei soggetti di sesso maschile, mentre le ragazze fanno più frequentemente uso dei social network quali Facebook, Twitter e Instagram.
Cosa fare
Attualmente non esistono trattamenti validati per questo disturbo. La comunità scientifica è concorde nel sottolineare l’importanza della prevenzione della dipendenza da videogiochi. I genitori dovrebbero utilizzare meno gli smartphone e i tablet quando sono a casa con i propri figli, soprattutto nei momenti di incontro delle famiglie come il pranzo o la cena. C’è bisogno di migliorare il dialogo all’interno della famiglia e di promuovere attività familiari condivise, cercando di evitare di rinchiudersi in mondi virtuali in cui non c’è accesso per l’altro. Le scuole dovrebbero sensibilizzare gli studenti all’uso corretto delle nuove tecnologie. Nei casi più seri, sono indicati trattamenti psicoterapici, come la terapia cognitivo-comportamentale e la terapia motivazionale, che si sono dimostrati efficaci nel ridurre la dipendenza e migliorare la partecipazione sociale. Tuttavia, mancano ancora dati sull’efficacia a lungo termine di queste terapie.
di Andrea Fiorillo - Dipartimento di Salute Mentale dell’Università Vanvitelli