Il Punto di Giuseppe Paolisso - Rettore dell'Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli
Nelle prossime settimane in tutti gli Atenei italiani ci saranno una serie manifestazioni legate all'orientamento, che dovrebbe permettere agli studenti delle Scuole Secondarie e Tecniche di poter scegliere in modo consapevole la loro Università ed il loro corso di Laurea. Una scelta consapevole, che dovrebbe comprendere la conoscenza dei percorsi didattici ed il desiderio di sentirsi realizzati dal punto di vista lavorativo con un'elevata capacità di raggiungere in tempi sufficientemente rapidi la laurea.
Ma è realmente così? Purtroppo al fronte delle numerose manifestazioni di orientamento organizzate dagli Atenei italiani, più del 20% degli studenti lascia l'Università dopo un solo anno di corso con una tendenza all'aumento negli anni successivi raggiungendo in qualche caso anche il 45% dopo 3 anni dall'iscrizione. A dieci anni di distanza dall'immatricolazione solo il 30% degli studenti si laurea mentre il tasso di abbondano sale al 57% delle iniziali matricole. Solo Medicina ha dei tassi di abbandono tra il 6 e 7% al termine del percorso di studio, probabilmente legato alla selezione iniziale e alla forti motivazioni che spingono uno studente a superare l'esame di ammissione e il relativo ciclo di esami per laurearsi. L'elevato tasso di abbandono universitario pone l'Italia nei posti più bassi delle classifiche europee per numero di laureati in rapporto alla popolazione: solo il 24% dei giovani tra i 25 e i 35 anni porta a compimento gli studi contro il 35% del resto di Europa.
L'abbandono degli studi universitari rappresenta un problema molto serio per il sistema paese in termini di sviluppo dell'economia e del benessere sociale. Ma quali sono le cause dell'abbandono degli studi universitari? Innanzitutto fattori sociali quali la condizione economica culturale della famiglia di appartenza, responsabilità specifiche degli Atenei legate alla qualità della didattica o alla disponibilità di servizi agli studenti, ed infine ma non per ultimo come importanza, una carenza nell'orientamento. In realtà la maggioranza delle manifestazioni di orientamento non sono altro che delle occasioni in cui l'Ateneo cerca di invogliare gli studenti ad iscriversi ad esso. Quindi le manifestazioni di orientamento da meccanismo di comprensione dei processi didattici utili per inserirsi nel mondo del lavoro, si trasformano in processi di marketing per aumentare il numero delle immatricolazioni. In realtà l'orientamento è cosa ben più complessa che la manifestazioni attuali. Infatti l'orientamento dovrebbe divedersi in 3 fasi: orientamento all'interno della Scuola Secondari e Tecniche, in ingresso all'università ed in itinere. La prima fase è quella dell'orientamento integrato Scuola-Università che dovrebbe essere capillare e coinvolgere obbligatoriamente tutte le Scuole Secondarie (e non solo quelle scelte dalle università), partire almeno dal quarto anno delle Scuola Secondaria ed essere basato sulla trasmissione delle informazioni utili a una scelta post-diploma. Quanti studenti degli Istituti Tecnici sanno che in Italia ci sarà bisogno nei prossimi 5 anni di circa 280.000 periti o laureati professionalizzati di cui 49.000 addetti al settore alimentare e 47.000 al settore tessile giusto per citare due rami aziendali che da sempre rappresentano l'eccellenza del made in Italy? Io credo non molti, visto che gran parte degli abbandoni sono anche il frutto degli studi fatti (circa il 29% sono i diplomati ai Licei mentre il tasso sale anche al 60% quando si considerano gli Istituti Tecnici). Certo aver studiato presso gli Istituti Tecnici non può essere una condanna a non iscriversi all'Università ma forse il tipo di preparazione è più adatta ad una rapida immissione nel mondo del lavoro che a proseguire gli studi. La fase dell'orientamento in ingresso consiste nella verifica delle conoscenze in ingresso all'università mentre nella fase dell'orientamento in itinere agli studenti neo-immatricolati con una preparazione più debole sono offerti percorsi didattici propedeutici o di accompagnamento organizzati per gruppi affini proprio per ridurre gli abbandoni. La terza fase è quella maggiormente realizzata nei corsi di laurea tecnologici. Purtroppo però una precisa strutturazione del percorso di orientamento necessita di investimenti in risorse umane e finanziare adeguate che al momento sono del tutto carenti. Si tratta però di un investimento utile che potrebbe permettere di raggiungere l'obiettivo di portare l'Italia più vicino alle medie europee in termini di laureati, salvaguardando la qualità dei corsi di studio ed offrendo una preparazione di qualità ad un più elevato numero di studenti. Un investimento inziale che sarebbe sicuramente recuperato a regime con rilevanti risparmi sulla spesa complessiva, anche se un investimento i cui effetti benefici si vedrebbero nel medio lungo termine e quindi per questo forse non molto gradito alla politica che ama tempi molto più rapidi per la valutazione dei benefici degli investimenti.
Tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 20 febbraio 2018