Il Punto di Giuseppe Paolisso - Rettore dell'Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli
Una recente notizia diffusa al Congresso nazionale della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia ha reso più giovani e più felici circa 7 milioni di italiani, spostando l’età per essere definiti anziani dai 65 ai 75 anni . Ma da dove nasce e perché questo spostamento del limite di età? Innanzitutto è bene precisare che l’Italia contende ormai da diversi anni al Giappone il primato mondiale della longevità con un incremento dell’aspettativa di vita negli ultimi 15 anni di 5 anni nelle donne e di circa 7 negli uomini. Questo grazie al miglioramento degli stili di vita, all’uso di farmaci sempre più appropriati ed una attenzione sempre più puntuale alla prevenzione e all’ambiente. Ovviamente abbiamo sempre più ultra90enni, ma soprattutto centenari (che nell’immaginario collettivo sono l’emblema della longevità) che hanno ormai superato largamente la quota di 15.000 e di circa 20 supercentenari (cioè con età superiore a 110 anni) (dati Istat al 1 gennaio 2018).
I dati in possesso dei geriatri ormai testimoniano in modo inequivocabile che i parametri biologici degli ultra 65enni di oggi non sono assolutamente differenti da quelli che 20 anni fa erano propri della fascia dei 50 anni e questo vale anche per quello che sono le performance di organi ed apparati. Quello che oggi è sotto gli occhi di tutti – che potrebbe sembrare assolutamente inutile da segnalare- è l’elevato numero di ultra65enni che svolgono attività sportive anche impegnative senza necessariamente sentirsi dei supereroi, che si confrontano non solo con pari età, ma anche con i più giovani in un concetto di competizione personale o di gruppo che, 30 anni fa, era da Ritorno al Futuro ed oggi di assoluta quotidianità.
Abbiamo scoperto in Italia l’Elisir di lunga vita o qualche alieno ci ha rivelato il segreto della vita “eterna”? Nulla di tutto questo o forse si. L’Elisir di lunga vita l’abbiamo in casa ed è la dieta mediterranea, ma non è solo questo. E l’insieme tra stili di vita, cibo, prevenzione, cure mediche e genetica che fa la differenza. L’Italia, infatti, è il miglior laboratorio al modo dove tutto ciò funziona al momento nel migliore dei modi. Abbiamo quindi il miglior metodo per invecchiare, ma una progressiva riduzione della natalità. Ne deriva che l’Italia si sta trasformando in un paese con l’età media sempre più elevata. Dobbiamo aspettarci a breve la carica dei 65enni. Dal punto di vista biologico i 65enni di oggi fanno analisi di laboratorio di controllo utilizzando un concetto di prevenzione che 20-30 anni fa era proprio dei 40 anni, e ottengono risultati di performance fisica che vengono interpretati alla luce di un allungamento della vita che ormai considera la morte ad 80 quasi “prematura”.
Se una volta i 65enni programmavano la loro vita in funzione della pensione e dell’essere nonni, oggi non è infrequente che un 65enne possa pensare a mettere su famiglia, andare in palestra per potenziare i muscoli, curare la propria immagine, pensare a investimenti finanziari per il “futuro”, comprare e guidare auto anche con cilindrata elevata, viaggiare, e se è possibile, iniziare un nuovo lavoro accentando sfide che a questa età, 30 anni orsono, erano inimmaginabili. Ovviamente tutto questo pone problematiche di politica socio-economica non facilmente affrontabili, specie se non ci si adegua e rapidamente ai tempi. Per esempio è realistico pensare oggi ad una età pensionabile intorno ai 65 per lavori non usuranti? È giusto che, superati i 65 anni, si acceda a dei privilegi offerti dal Servizio Sanitario Nazionale che forse oggi dovremmo posizionare un po’ più avanti dal punto vista anagrafico e cosi via. Quale sarebbe la spesa sociale per il welfare se prendessimo in considerazione non l’età di 65 ma di 75 anni per attivare i cosiddetti paracadute sociali?
Credo che sia importante iniziare velocemente un’attenta riflessione, perché il tempo passa, e la carica degli ultra65enni diventa sempre più pressante. Non essere attenti a tutto questo significa rimanere indietro, fare leggi inadeguate, avere discrepanze tra società reale e la società ideale. Qualcuno potrebbe pensare che tutto questo – in un paese in cui difficilmente i giovani ottengono posizioni di preminenza velocemente – possa condurre a ritardare ulteriormente l’inserimento dei giovani nelle sfere decisionali della società. Nulla di più falso. L’inserimento dei giovani nel modo del lavoro deve essere veloce ed efficace ma al tempo stesso dobbiamo adeguare il sistema Italia al progressivo allungamento della vita; ne va del futuro dei nostri figli e di coloro che li seguiranno .