di Armando Cartenì, docente di Pianificazione dei trasporti al Dipartimento di Ingegneria dell'Università Vanvitelli
Nemmeno una metropolitana che collegherà tutta la città di Napoli, con corse ogni quattro minuti basterà a salvare la città dal caos in cui sono immersi automobilisti, pedoni e pendolari, ogni giorno. A fare questa previsione è Armando Cartenì, professore di Pianificazione dei trasporti dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
“La soluzione al problema traffico passa necessariamente per il miglioramento del trasporto pubblico locale e la chiusura dell’anello della linea 1 e il completamento della linea 6 della metropolitana, in questo senso, sono due tappe fondamentali. Ma non basteranno.
Manca una regia forte che affronti il tema con competenza e volontà politica. In una parola, una pianificazione integrata a medio e lungo termine, che restituisca una visione della città e che risolva i problemi quotidiani di chi si sposta in città.
Basterebbe utilizzare gli strumenti indicati dalla legge. A partire dal PUT, il Piano urbano del traffico, previsto dal Codice della Strada che obbliga i grandi comuni con a mettere nero su bianco gli interventi di miglioramento della circolazione stradale urbana per pedoni, mezzi pubblici e veicoli privati. Un piano complesso, con cui la giunta de Magistris, uno e due, non si è mai confrontato. A Palazzo San Giacomo l’ultimo contributo in materia è datato 2002 quando, sotto la prima giunta Iervolino, fu dato alle stampe l’aggiornamento fino al 2004 del precedente Piano Generale del Traffico Urbano approvato dal Consiglio Comunale nel 1997. E il sindaco, allora, era Antonio Bassolino.
Si dovrebbe pensare ad un piano pronto in sei mesi, che miri ad una migliore convivenza tra il trasporto pubblico locale e le auto private. Uno dei punti critici della città è il collegamento tra la parte est ed ovest. Si potrebbe puntare alla valorizzazione della rete tranviaria da Portici a Napoli, con la creazione a Piazza Municipio di un interscambio che sfrutti a pieno la stazione della metropolitana. Un altro snodo dovrebbe sorgere a Piazza Vittoria, con il ripristino del tram. Da lì dovrebbero partire altri assi su gomma, più leggeri, che attraverso la Riviera di Chiaia possano collegare Fuorigrotta e Posillipo e completare così il collegamento est-ovest integrando il trasporto di superficie con quello metropolitano.
Se l’obiettivo è poi disincentivare l’uso dell’auto, bisognerebbe offrire un servizio pubblico in grado di sostenere il confronto, in termini di tempo e comodità. D’altro canto, però, a Napoli esiste una cultura del mezzo privato molto più radicata che in altre città. Anche perché i cittadini non hanno piena fiducia del trasporto collettivo. È un circolo vizioso che dovrebbe essere invertito con interventi ad hoc. Scoraggiando ad esempio il parcheggio dell’auto, con l’aumento delle tariffe e la riduzione dei posti disponibili, dove esiste un’offerta di Tpl adeguata, come al Vomero. Del resto, è la strategia che hanno messo in campo tante città europee, da Parigi a Monaco. Dove invece manca si potrebbe pensare a un sistema tariffario che integri auto e trasporto collettivo: parcheggi, a ridosso delle stazioni periferiche, il cui biglietto valga sia per la sosta che per la metropolitana. E, magari, dei servizi di sharing mobility gestiti da privati. Un’auto privata resta ferma, in media, per il 93% della sua vita. Ma se una stessa auto è a disposizione di più utenti si riduce il numero di veicoli fermi.
Una visione del genere dovrebbe essere, prima di tutto, un dovere per un’amministrazione moderna. Anche in questo senso, del resto, esiste uno strumento ad hoc, il Pums, il Piano urbano per la mobilità sostenibile, che impegna le città a confrontarsi con la sua idea di futuro.
Oggi serve un Piano ambizioso, che coinvolga tutti gli stakeholders, investitori, operatori del trasporto, cittadini, per capire insieme quale città ci sarà da qui a 10 anni.
Oggi, forse, è arrivato il momento di fare sogni più ambiziosi: Piazza Garibaldi senza auto. Una porta d’ingresso green per entrare in città.
Tratto da Il Riformista del 15 gennaio 2020