Covid-19, ecco cosa dobbiamo aspettarci in autunno

di Nicola Coppola, professore ordinario di Malattie infettive del Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva dell’Ateneo Vanvitelli

 

Il 24 giugno 2020 saranno passati 4 mesi esatti dall’inizio dell’epidemia da Covid 19 in Italia, con ad oggi un totale di 236.989 casi e 34.345 decessi. La Campania è la nona regione per contagi (4.609), undicesima per decessi (430), settima per tamponi effettuati (240.290) con un numero di nuovi casi negli ultimi 10 giorni, che non hanno mai superato i 5 per singolo giorno. Ciò dimostra, da un lato, che sicuramente la emergenza epidemica è passata, ma, dall’altro, che il virus è ancora presente e quindi possibili recrudescenze non possono essere escluse.

È chiaro che una riduzione dei nuovi casi in Italia e nella nostra regione si è ottenuta con i sacrifici che ogni giorno la popolazione italiana ha praticato negli ultimi mesi con il lock-down. Il miglioramento della situazione epidemiologica ha permesso da inizio maggio una graduale riduzione delle restrizioni, che hanno contenuto la pandemia in Italia. L’ultimo dpcm emanato l’11 giugno 2020 prevede dal 12 giugno, in materia di competizioni sportive, la possibilità di ripresa delle attività sportive competitive a porte chiuse, e dal 25 giugno lo svolgimento degli sport da contatto; dal 15 giugno la riapertura di sale giochi, sale scommesse, sale bingo, attività di centri di benessere, centri termali, culturali e centri sociali, previa autorizzazione regionale; riapertura dei centri estivi per i bambini dai 0-3 anni, spettacoli aperti al pubblico, sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche. Tuttora sospese sono le attività in sale da ballo, discoteche o locali assimilati, sia all’aperto che indoor. Ovviamente restano le restrizioni per coloro con temperatura corporea superiore a 37.5°C e quelle emanate dalle regioni.

Se a tutti sono chiari gli effetti positivi della politica di lock-down che si sono ottenuti in Italia, meno chiaro è se le condizioni climatiche possono ridurre la trasmissione del SARS-CoV-2. Attualmente la scienza dichiara che il virus può sopravvivere sulle superfici plastiche ed acciaio fino a 72h, poco meno di 4 ore su superfici di rame e cartone. E’ chiaro che, nel trasportare questi dati sperimentali nella realtà, ci sono delle variabili che non possono non essere prese in considerazione, sia legate al virus che all’ambiente in cui viene contestualizzato. Uno studio condotto da due scienziati del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Istituto di Tecnologia Indiano ha evidenziato, attraverso un modello matematico, che la temperatura è un fattore determinante per la sopravvivenza del virus sulle superfici contaminate: all’aumento delle temperature si riduce la sopravvivenza del virus, dato in linea con gli altri patogeni virali studiati. Ovviamente se il dato mostrato risultasse vero è chiaro che le temperature calde estive potrebbero ridurre la trasmissione del virus da superfici contaminate. Tuttavia, in assenza di dati scientifici ripetibili, è chiaro che l’utilizzo di mascherine e gel alcolici rimane fondamentale per evitare o ridurre recrudescenze presenti o future. Ricordiamo che la trasmissione del virus avviene prevalentemente attraverso le goccioline di saliva che normalmente emettiamo quando parliamo, tossiamo, starnutiamo. L’utilizzo delle mascherine e l’utilizzo del gel idroalcolico sono una barriera ritenuta efficace da utilizzare in comunità, e pertanto anche in assenza di indicazioni di legge, il nostro consiglio è di utilizzarle. Concludendo su questo punto, per evitare che i sacrifici fatti finora siano vanificati, visto che la possibilità di un nuovo outbreak non può essere esclusa, il distanziamento sociale, l’evitare luoghi affollati, l’utilizzo delle mascherine chirurgiche, il lavaggio delle mani con soluzioni idroalcoliche, il rimanere a casa se la temperatura è superiore ai 37,5°C sono le armi che abbiamo anche nel periodo estivo per evitare la diffusione del virus.

Relativamente alla discussione sulla circolazione, oggi, di un virus meno aggressivo, al momento non ci sono articoli scientifici pubblicati che dimostrino ciò. E’ chiaro che generalmente i virus, in particolare quelli a RNA, proprio come il SARS-COV-2, tendono a mutare più rapidamente dei virus a DNA, tendenza data dalla loro struttura genomica e replicativa. Questa caratteristica dà vita a due possibilità: la prima è che il materiale genetico risulta inutilizzabile, così da creare un “binario morto” (evenienza presente nella maggior parte dei casi); la seconda è che la mutazione possa dar vita ad una mutazione genetica, che può essere neutra o vantaggiosa per il virus stesso. Ad oggi però non sono state documentate mutazioni del genoma che possono rendere meno virulento il virus. Il dato, quindi, di infezioni meno gravi che oggi osserviamo può essere legato a vari fattori: avendo meno casi, il sistema sanitario nazionale ha gli strumenti per gestire meglio i pazienti, le conoscenze sulla evoluzione clinica della malattia sono, anche se non del tutto chiarite, comunque maggiori di quelle disponibili qualche mese fa, l’uso del distanziamento sociale, delle mascherine e del lock-down in generale ha permesso infezioni con minore carica virale

L’evoluzione della situazione dipenderà anche da come il virus si adatterà negli animali. Ad oggi alcuni animali sono risultati positivi al virus, anche se non è mai stata documentata l’infezione tramite essi; tuttavia non è possibile escludere che il virus possa adattarsi a qualche specie animale, che quindi potrebbe divenire il serbatoio del virus

Sono, pertanto, speculazioni sulla possibile evoluzione virologica del virus, che però, ripetiamo, sono solo supposizioni e non certezze scientifiche. Gli scenari in cui potremmo ritrovarci nei prossimi mesi/anni sono 4:

  • come successe per la SARS del 2002, la scomparsa progressiva dell’epidemia;
  • come succede per l’influenza stagionale, epidemie stagionali favorite dalle infezioni negli animali
  • come succede per la MERS, la comparsa di casi sporadici
  • in assenza di modifiche sostanziali del virus, la possibilità di piccoli outbreak

Altro discorso è poi cosa succederà con il periodo autunnale ed invernale. Ad oggi non è possibile escludere una riaccensione epidemica favorita dalle temperature basse e dalla riduzione delle misure di distanziamento sociale. Certo, però, è la diffusione negli stessi mesi del virus influenzale, verso cui, quindi, mai come nella prossima stagione sarà importante vaccinarsi