Il mare Mediterraneo invaso dalle meduse, ma quali sono i veri motivi?

a cura di Claudia Pinelli – Ricercatore e Docente di Zoologia - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Biologiche e Farmaceutiche - Università della Campania “L. Vanvitelli”

 

Le meduse sono delle creature decisamente affascinanti e misteriose che suscitano curiosità e alimentano fantasie. Silenziose abitanti dei nostri mari sono tra i pochi grandi animali in mare a non scappare via quando le incontriamo. La frequenza con cui è possibile incontrarle oggi in mare è sicuramente aumentata rispetto a qualche anno fa e questo non è solo “fastidioso”, come commentano i più, ma è chiaramente preoccupante e dovrebbe farci riflettere. E’ segno che qualche grave squilibrio ecosistemico è in atto e noi ne siamo in parte gli artefici. La maggioranza delle persone conosce molto poco di questi animali ed è diffusa la convinzione che essendo “acefali” e caratterizzati da un organizzazione semplice siano “animali inferiori”. La risposta all’interrogativo comune ricorrente: “… ma le meduse hanno un sistema nervoso?”, è si !! Lo hanno e come, solo che è tra i più semplici tra i viventi!!

Ma chi sono le meduse? Le meduse appartengono al phylum degli Cnidari, animali prevalentemente marini dall’aspetto gelatinoso dovuto alla prevalenza di acqua nella loro composizione (circa il 98%). All’interno del phylum, è la classe Scyphozoa ad annoverare molte delle meduse più grandi e più conosciute. Abbondano in habitat marini poco profondi, caratterizzati da acque a temperature calde.

Le meduse si caratterizzano per la forma tipica a campana (ombrella) e una simmetria tetramera. Presentano la bocca al centro del lato concavo comunicante con una cavità gastrovascolare, e i tentacoli che si estendono dal margine dell’ombrella. E’ proprio sui tentacoli che si concentrano batterie di cellule urticanti utilizzate sia per la cattura delle prede (piccoli animali planctonici) che per la difesa. Le meduse si muovono attivamente grazie a contrazioni ritmiche dell’ombrella (nuoto per propulsione a getto) o si lasciano trasportare passivamente dalle correnti (flottazione).

Nel Mar Mediterraneo sono presenti numerose specie di meduse, anche particolarmente urticanti, nessuna delle quali, tuttavia, rappresenta un serio pericolo per l’uomo così come alcune specie tropicali, definite per questo “meduse killer” (la vespa di mare, Chironex fleckeri, una cubomedusa delle coste australiane e del bacino Indo-Pacifico, è mortale per l’uomo).
Tra le specie più comuni presenti nel Mediterraneo si annoverano non solo specie “nostrane” ma anche varie specie “aliene” o “alloctone” (introdotte cioè accidentalmente o deliberatamente in luoghi al di fuori del proprio habitat naturale), tropicali o sub-tropicali, alcune arrivate attraverso il canale di Suez, e oggi molto frequenti. Tra queste le più frequenti, in ordine di pericolosità, sono: Rhopilema nomadica (20-80 cm), molto urticante, proveniente dall’oceano Indiano e Mar Rosso; Physalia physalis (10-15 cm), detta “caravella portoghese”, molto urticante, arrivata dal Canale di Suez. I tentacoli possono raggiungere anche 20 o 30 metri di lunghezza e rilasciano potenti tossine; Carybdea marsupialis (4-5 cm), è l’unica cubomedusa presente nel Mediterraneo, di provenienza atlantica, la cui frequenza è aumenta nell’ultimo decennio. Il suo contatto può provocare serie ustioni; Pelagia noctiluca (5-10 cm), la medusa più comune e diffusa nel mediterraneo, è fortemente urticante ed è il principale spauracchio dei bagnanti. Esibisce una caratteristica bioluminescenza notturna; Aurelia aurita (10-40 cm), o medusa quadrifoglio, è urticante; Chrysaora hysoscella (10-30 cm), abbastanza frequente e urticante; Cassiopea andromeda (20-30 cm), entrata nel Mediterraneo dal canale di Suez, è urticante; Rhizostoma pulmo (20-60 cm), o “polmone di mare”, è la medusa più grande del Mediterraneo (dopo Drymonema, meno comune) ed è scarsamente urticante; Velella velella (5-7 cm), nota anche come barchetta di San Pietro, è un idrozoo coloniale e non è urticante; Cotylorhiza tubercolata (10-30 cm), o medusa Cassiopea, è totalmente innocua per l’uomo. Spesso associata a pesci o crostacei che la adottano come rifugio.

Ormai da qualche anno, durante la stagione estiva, scatta l’allarme per la presenza abbondante di meduse nei nostri mari. L’impressione generale di un aumento delle meduse nell’ultimo decennio è stata però confermata da numerosi comitati scientifici di Istituti di Scienze Marine delle Università Italiane ed Europee. Qualche anno fa un sistema di monitoraggio attivo geo referenziato, il progetto “Occhio alle Meduse”, una ricerca nata dall’Università del Salento e coordinata dal Prof. Ferdinando Boero in collaborazione con il CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare), ha permesso di raccogliere segnalazioni della presenza delle meduse su tutto il territorio nazionale (circa 8500 km di costa), testimoniando una vera e propria esplosione di questi organismi a partire dal 2009. I dati confermano un aumento delle meduse di almeno 10 volte negli ultimi 10 anni.

Secondo gli studiosi tra i principali motivi del costante aumento del numero di meduse c’è sicuramente il riscaldamento globale, causato dai cambiamenti climatici, che porta ad un innalzamento della temperatura media delle acque. Questa condizione favorisce la riproduzione delle meduse, che avviene più facilmente e velocemente, ma favorisce anche l’ingresso nel Mediterraneo di diverse nuove specie tropicali (aliene) che, trovando condizioni favorevoli, si diffondono. Il bacino del Mediterraneo più di altre aree del pianeta sta sperimentando un impatto molto severo dei cambiamenti climatici, riscaldandosi più rapidamente rispetto alla media (20% in più). Ormai la tropicalizzazione dei nostri mari non è solo un allarme, ma un trend consolidato che si assocerà, secondo gli studiosi, anche ad un innalzamento del livello delle acque, con conseguenze devastanti sull’ecosistema e sugli abitanti dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

L’aumento termico medio delle acque non è l’unica causa dell’aumento delle meduse. L’intensificazione della pesca è uno dei fattori antropici che sta gravemente impattando e impoverendo l’ecosistema marino, portando a gravi squilibri. Il drastico calo della fauna ittica è un processo lento che associato ad altre minacce antropiche costituisce una preoccupazione di portata mondiale. Il risultato della pesca intensiva non è solo la rarefazione dei potenziali predatori delle meduse (vedi tartarughe marine, tonni, pesci spada), ma anche di quei pesci con cui le meduse competono per il fitoplancton. Quindi, in assenza di competitori, le meduse si accrescono e si riproducono più rapidamente. Ovviamente ad essere incriminati della pesca intensiva non sono i piccoli pescherecci. Il grosso della responsabilità è da attribuirsi alla pesca industriale, che preleva tonnellate di pesci in maniera continua. La preoccupazione degli studiosi è che la continua sottrazione di risorse dall’ambiente naturale porterà ad un mare sempre più popolato da meduse e meno da pesci. E’ evidente poi che in prospettiva, saranno avvantaggiate e destinate ad aumentare tutte quelle specie che si cibano di meduse, così come quelle specie che le sfruttano come protezione per le loro larve.

A favorire l’aumento delle meduse poi, c’è anche la costruzione di dighe e porti turistici, che offrono habitat ideali per lo sviluppo dei polipi da cui esse originano.

Oltre alla pesca, purtroppo, la lista delle minacce antropiche all’ecosistema marino si allunga: vedi inquinamento da scarichi civili e industriali; spazzatura a mare (in particolare la plastica, che si accumula nell’apparato digerente delle specie marine; milioni di tonnellate di plastica navigano in tutti i mari); la presenza di piattaforme petrolifere; il turismo; l’introduzione di specie aliene.
Invertire questa tendenza è certamente difficile, ma non impossibile. Occorrerebbero politiche chiare e incisive, come l’istituzione di un maggior numero di aree protette, ma soprattutto occorrerebbe maturare la consapevolezza che ciascuna specie è importante e merita protezione. Soltanto salvaguardando la biodiversità possiamo sperare di regalare un futuro più prospero al nostro pianeta.