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intervista a Nicola Coppola, professore ordinario di Malattie infettive del Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva dell’Ateneo Vanvitelli
Durante le vacanze estive, che sia in Italia o all’estero, molte persone riportano esperienze spiacevoli con sintomi gastrointestinali di vario genere ed intensità, su cui dominano la diarrea, e che possono essere causati da agenti infettivi virali, batterici o protozoari.
Perché proprio in estate?
In estate la probabilità di venire a contatto con sostanze contaminate da patogeni, vedi per le condizioni igieniche del luogo visitato, vedi la maggiore difficoltà di conservare il cibo adeguatamente, vedi il maggiore utilizzo di cibi a breve conservazione, comporta l’insorgere di questa sintomatologia. Deve comunque essere chiaro che le diarree infettive non sono solo associate a viaggi in paesi tropicali, ma anche a mete relativamente poco distanti.
In estate aumentano di frequenza anche le tossinfezioni ed intossicazioni alimentari, derivate dall’ingestione di cibi in cui la proliferazione batterica ha permesso l’accumulo di tossine nell’alimento prima dell’ingestione. Questa condizione risulta favorita dall’aumento delle temperature, dalla frequenza di consumo di cibi più suscettibili alla proliferazione di tali patogeni mal-conservato o mal-lavorato (ad es. creme dolciarie, latte, carne, pesce, ecc…).
Quali sono i cibi più a rischio?
Generalmente cibi crudi o poco cotti (vedi molluschi, pesce e carne cruda), cibi a breve scadenza conservati male o comunque oltre la data di conservazione (creme al latte, dolci, pasta fredda, uova, ed altri), acqua contaminata (soprattutto in regioni tropicali). Necessario risulta inoltre, vista la tendenza a mangiare verdure crude e frutta, di lavarli accuratamente prima del consumo.
Quali sono i patogeni interessati?
Descrivere la prevalenza dei vari patogeni è difficile, in quanto la maggior parte dei casi non viene identificato il patogeno, o la patologia si autolimita, ma rispetto ai dati che abbiamo a disposizione circa 2/3 sono batteri, ed in questo gruppo più del 50% sono causate dai vari ceppi di Escherichia Coli; 1/3 sono virus, più frequentemente Rotavirus e Norovirus; in una piccola percentuale dei casi sono coinvolti protozoi come Giardia, Criptosporidium, Entamoeba Histolytica.
Visto il momento in cui viviamo è doveroso ricordare che anche il COVID-19 ha nel suo quadro sintomatologico l’interessamento gastrointestinale e con esso la diarrea.
Quali sono i sintomi?
La diarrea non sanguinolenta, nausea, vomito e disturbi gastrointestinali sono i sintomi che generalmente vengono riferiti, ma non è raro trovare solo diarrea o solo vomito. Generalmente appaiono poche ore dopo l’ingestione della tossina, nel caso delle tossi-infezioni alimentari, ma anche uno o più giorni dopo per le diarree infettive. La durata dei sintomi può variare dalle 24-48 ore per le prime, a 3-7 o più giorni, in base al patogeno, per le seconde.
Generalmente i sintomi si autolimitano dopo 2-5 giorni dall’insorgenza, alcune volte invece, risulta necessario l’intervento medico, sia per il tipo di patogeno sia per il quadro sintomatologico.
Quando contattare il medico?
L’emissione di sangue attraverso le feci, febbre, dolore addominale intenso, diarree che perdurano per più di 5 giorni, come anche diarree in anziani e bambini sono segni per cui è necessario contattare il medico. Nei casi lievi è sufficiente reintrodurre i liquidi persi bevendo almeno 2 litri di acqua al giorno, evitando l’uso di antidiarroici che, riducendo la peristalsi intestinale, impediscono l’eliminazione delle sostanze nocive presenti nel tratto gastrointestinale, quindi la loro prescrizione è opportuno lasciarla ai medici.
Come prevenirle?
Scegliendo bene i cibi che si utilizzano, specie le creme ed il pesce ed i molluschi crudi. Lavare bene la frutta e la verdura. Controllare la data di scadenza dei cibi freschi. In aree geografiche a basso reddito evitare acqua non imbottigliata, compreso il ghiaccio.