Inaugurazione del cippo commemorativo del placito capuano (marzo 960), il documento in cui compare la più antica attestazione scritta di un volgare del dominio linguistico italiano. La cerimonia si terrà il 27 maggio, a Capua, alle ore 10.30, nella Chiesa di San Salvatore a Corte, in via Principi Longobardi. Alla cerimonia parteciperà il presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini. L’iniziativa, realizzata concretamente dalla sezione Terra di Lavoro del Touring club con il contributo di associazioni di volontari e sponsor locali, è stata progettata d’intesa con l’Accademia della Crusca e con la cattedra di linguistica italiana del Dipartimento di lettere e beni culturali dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli.
Il placito di Capua è il più antico e importante dei quattro documenti detti placiti (o giudicati) cassinesi (o campani), in cui sono riportate formule testimoniali in volgare campano. Si tratta di atti giudiziari in forma di sentenza (Capua marzo 960; Sessa Aurunca marzo 963; Teano ottobre 963) o di documento privato (memoratorio di Teano, 26 luglio 963) in cui erano definite controversie su beni immobili rivendicati dall’abbazia di Montecassino, che tra la fine del IX e l’inizio del X secolo aveva subito ingenti perdite patrimoniali. Il placito capuano, oltre a essere il più antico dei giudicati cassinesi, è quello in cui è decisa (a favore dell’Abbazia) la controversia patrimoniale più rilevante: i terreni contesi tra il monastero (rappresentato dall’abate Aligerno) e la controparte (tal Rodelgrimo, nativo di Aquino) si estendevano per circa 20.000 ettari (più o meno un quarto delle proprietà fondiarie di Montecassino). Probabilmente anche per questo motivo il giudice di Capua, Arechisi (di cui sono noti altri giudicati, anche successivi, interamente in latino), scelse la soluzione innovativa (e ripresa negli altri tre giudicati cassinesi) di far giurare i tre testimoni chiamati in causa su una formula in volgare campano da lui preparata.
Il placito capuano e gli altri tre giudicati cassinesi attestano dunque la precisa consapevolezza da parte di Arechisi (e dei giudici operanti a Sessa Aurunca e Teano) della distinzione tra latino e volgare, e soprattutto la chiara volontà di elaborare una scripta specifica e ufficiale per il volgare (cioè un sistema in grado di rendere nella scrittura la lingua parlata). La coscienza della separatezza del volgare dal latino e il carattere ufficialità dei giudicati cassinesi fanno di essi le più antiche e sicure attestazioni scritte di un volgare italiano, anche rispetto ad altri testi a essi precedenti, quali l’Indovinello veronese (VIII-IX sec.) o il Graffito della catacomba di Commodilla (IX sec., metà).
Il placito capuano, pertanto, si colloca a fianco di documenti quali i Giuramenti di Strasburgo (14 febbraio 842, il primo testo in antico francese e la più antica attestazione di un volgare romanzo), all’alba quindi delle lingue neolatine, che costituiscono una parte essenziale del patrimonio linguistico dell’Europa moderna.