Architetture mediali, incontro con Francesco Casetti

«Noi tutti lavoriamo con gli occhi. Immaginiamo anzitutto, e poi la mano ci aiuta a tracciare segni su una tavola. Ma il lavoro visuale impone l’attivazione di sensi che vanno oltre il solo guardare. Le arti visuali oggi non sono legate soltanto all’occhio, ma anche al senso di presenza del nostro corpo in un ambiente. Vedere vuol dire muoversi, tastare, camminare, proiettare, costruire una spazialità. E i media hanno un ruolo fondamentale in questo processo». Si è aperta con questa premessa la lectio magistralis “L’occhio, la mano, il piede: i media visuali come media ambientali” di Francesco Casetti – professore alla Yale University, tra i più autorevoli studiosi di film & media studies a livello internazionale – mercoledì 12 dicembre nell’ambito delle Storie di Architettura e Design promosse dal Dipartimento di Architettura e Disegno industriale. Al centro di un’aula magna gremita di studenti, Casetti ha discusso alcuni dei principali aspetti che legano l’atto della progettazione alle dinamiche mediali contemporanee. I media esibiscono, sorvegliano, orientano i nostri corpi e i nostri movimenti nello spazio, ma soprattutto configurano l’ambiente in cui viviamo attraverso la loro stessa presenza e la loro stessa azione, con molti vantaggi e moltissimi rischi. «Ma se coordiniamo gli occhi e il corpo, se quando pensiamo visivamente pensiamo anche spazialmente – ha sostenuto Casetti –, allora possiamo raggiungere quel sapere critico che ci consente di trovare spazi di libertà».

«Lo spazio è sempre stato costruito dai media, a partire dal fuoco»
"Questa è stata l'espressione del prof. Casetti che mi ha fatto vibrare i polsi, nel vero senso della parola - ha commentato Martina Piccolo - studentessa. Innanzitutto per l'idea dei media in quanto spazio concreto. Spazio architettonico in cui le persone interagiscono non solo tramite il senso privilegiato che è la vista, ma tastando. I media, associati al fuoco primitivo, non sono necessariamente qualcosa che riguarda la contemporaneità, sono qualcosa senza tempo. I media ci sono sempre stati e non ce ne siamo mai resi conto. I media ci sono oggi e ancora si manifestano silenziosamente. Sono i mezzi più presenti, anche se non localizzabili. Siamo perennemente all'interno di una spazio mediatico, uno spazio talmente pervasivo che ci induce a scendere a compromessi concedendo parte della nostra privacy. Interessante l'immagine del Panopticon di Bentham, una sorta di Big Brother, in cui i cittadini sono soggetti esposti agli occhi del potere, inconsapevolmente. I media come <<un'arte democratica>>. Un ambiente, apparentemente democratico, in cui, però, si disegnano zone, privilegiate e non. Per una questione spaziale non tutti hanno eguale accesso alla stessa cosa. Ho tratto dunque dalla conferenza ancora una volta la contraddizione del sistema dei media. Il suo esibirsi, ma al contempo occultarsi. Il suo carattere democratico, e intanto elitario.

«Staccarsi dal continuo obbligo e lanciarsi nell’avventura»
"Questa è la frase che mi ha colpito di più della lezione di Casetti - ha detto la studentessa Enza Caterino. - Trovo che sia perfettamente in linea con il nostro percorso di studio. Staccarsi dal continuo obbligo quindi allontanarsi da ciò che è statico, senza vita, forzato e lanciarsi nell’avventura ovvero sperimentare, conoscere, allargare gli orizzonti, buttarsi a capofitto in nuove sfide, abbattere gli schemi. Noi, studenti di design dovremmo fare tesoro di questa frase, anzi utilizzarla come promemoria ogni qualvolta intraprendiamo un nuovo progetto creativo al fine di creare sempre un qualcosa di nuovo, fresco ed innovativo evitando così di cadere nel monotono o, peggio ancora, in un qualcosa di antiquato.

«Non esiste più lo spazio dei luoghi. Lo spazio oggi è spazio dei flussi» 
Di questa frase di Francesco Casetti traggo l’idea che lo spazio fisico sembra oggi quasi dissolversi, a favore del fluire immateriale della nuova socialità - ha concluso Alessia Galdi, studentessa. - Essere trasportati dal flusso, stare al passo con il flusso, non si può fare altrimenti. Essere assenti per essere presenti. Questa lezione in fondo ci richiama a prestare maggiore attenzione allo spazio come qualcosa che non può essere più solo osservato, ma deve essere “abitato” nel momento stesso in cui viene immaginato e progettato. E prima degli ambienti che ci circondano, dobbiamo abitare noi stessi. Il primo luogo in cui dobbiamo sentirci è l’abito. Saper abitare l’abito...