Università Vanvitelli e Caritas Caserta insieme per esplorare il campo delle povertà sommerse.
Nell’ambito di un accordo tra l’Ateneo e la Caritas diocesana di Caserta, stipulato nel settembre del 2021,è stata realizzata dal Dipartimento di Economia della Vanvitelli una ricerca per comprendere con maggior profondità la natura dei bisogni dei 10 mila beneficiari che si recano presso uno dei 47 Centri d’Ascolto incontrando uno dei 365 volontari.
La ricerca, presentata al Rettorato di Caserta alla presenza del vescovo, monsignor Lagnese, e del Rettore Gianfranco Nicoletti, è stata coordinata dal professor Francesco Izzo e ha contato sulla collaborazione di chi opera nei Centri della Caritas.
Le “nuove” povertà, in un territorio che conta oltre 200 mila abitanti, si sono fortemente diffuse negli ultimi anni, anche a causa della pandemia e della crisi economica. Conoscere quali sono le reali esigenze dei più fragili e vulnerabili in una comunità appare fondamentale per formulare strategie efficaci di contrasto alla povertà, come suggerisce l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.
L’indagine si è basata su un campione di 1.835 persone con dati raccolti tra aprile e settembre del 2023, grazie anche alla partecipazione dei volontari e di alcuni giovani inseriti in percorsi di messa alla prova.
A rivolgersi ai Centri d’ascolto sono soprattutto donne. La fascia demografica prevalente all’interno del campione è quella compresa fra i 55 e i 64 anni, indicando una tendenza all’aumento delle difficoltà e dei disagi al crescere dell’età. Significativa, e in crescita, la quota di cittadini stranieri, oltre il 26%.
La comunità straniera è particolarmente ampia per provenienza geografica: nel campione sono rappresentati ben 36 paesi, con una forte prevalenza di cittadini ucraini, seguiti poi da utenti provenienti dall’Albania, dalle Filippine, dal Senegal.
A mostrare la maggiore vulnerabilità sono le famiglie con figli minori, quelle con patologie mediche e debiti accumulati, quelle con contratti di lavoro irregolari o senza lavoro. Sono in aumento i poveri che lavorano, i working poor, schiacciati da inflazione e costi dell’energia. E crescono i “poveri urbani soli”, pensionati senza figli o con figli lontani che al deficit di beni materiali devono aggiungere l’erosione dei beni relazionali provocata dalla solitudine. A destare non poche preoccupazioni per il futuro prossimo è il provvedimento del governo che ha cancellato la misura del reddito di cittadinanza: il 19,2% delle famiglie italiane e il 10,4% di quelle straniere assistite dalla Caritas lo ha percepito nel corso dell’anno.
Il ricorso ai Centri d’Ascolto si è accentuato negli ultimi anni, per effetto di uno scenario di crisi che ha coinvolto un sempre maggior numero di famiglie, molte fino a poco tempo fa in condizioni di relativo benessere. Oltre il 36% di chi si è recato in uno dei centri della Diocesi l’ha fatto per la prima volta negli ultimi due anni.
Sono di gran lunga le povertà materiali e le difficoltà economiche a essere indicate come il fattore determinante che spinge i beneficiari delle attività della Caritas a rivolgersi a un Centro d’Ascolto. Quasi il 55% del campione lo ha considerato quale bisogno principale. I problemi del lavoro e la ricerca di un’occupazione sono avvertiti dal 21,4% degli utenti, mentre per il 9,5% il bisogno principale in qualche misura è riconducibile alla condizione di migrante. Tra i servizi offerti dalla Caritas a dominare è la categoria dei beni e dei servizi materiali, in particolare il pacco alimentare indicato da oltre l’81% degli utenti dei Centri d’Ascolto, senza differenze tra cittadini italiani e cittadini stranieri. I servizi di ascolto sono prestati al 43% del campione, i sussidi economici all’11%, i contributi per visite mediche e l’acquisto di farmaci al 9%.