Sono medici, docenti, ricercatrici, dottoresse. Tante donne, tante professioniste, che da un anno lavorano in trincea senza mai fermarsi. Nonostante il Covid, i figli a casa o i genitori anziani, nonostante la paura, la distanza dagli affetti.
Siamo nel Reparto di Ginecologia della Vanvitelli, presso il Dipartimento della Donna, del Bambino e di Chirurgia generale e specialistica, dove l'attività non si è mai fermata dagli inizi di marzo ad oggi.
In questo anno si sono sovrapposti per le donne diversi ruoli: madre, moglie, professionista, figlia. Ci si è trovati a rispondere nello stesso momento alle esigenze disparate dettate da questi stessi ruoli.
Maddalena Morlando, ricercatrice di Ginecologia e Ostetricia alla Vanvitelli
"All’epoca della prima ondata non era permesso che le donne in travaglio fossero accompagnate da una persona di fiducia. Ricordo la delusione negli occhi delle mamme e soprattutto dei papà che non hanno potuto assistere alla nascita dei loro bambini. Solo qualche settimana fa invece, durante l’esecuzione di un’ecografia in gravidanza, ho chiesto alla paziente come si sarebbe chiamato il bambino. Lei mi ha risposto che si sarebbe chiamato come il padre: morto di Covid-19 a 34 anni, solo 2 mesi prima. Non ho saputo trattenere le lacrime e la rabbia. E ancora, quanta rabbia nel momento in cui, incinta, ho scoperto di essere positiva al Covid-19, a una settimana dal Natale. In questo anno, la difficoltà più grande è stata quella di bilanciare il timore di mettere in pericolo i nostri cari, di essere fonte di contagio, con il desiderio di conservare per le nostre famiglie e una parvenza di normalità. La mia bambina di 2 anni ha imparato a parlare durante questi ultimi mesi, è cambiata moltissimo, e i nonni che abbiamo cercato di proteggere con la distanza, sentono di essersi persi tanto. Tutto quanto abbiamo perso in termini di calore e condivisione non ci verrà mai restituito. Ma il pensiero di chi ha perso i propri cari aiuta a giustificare tutte le rinunce fatte. Come professionista, pur essendo in gravidanza, non ho mai pensato di smettere di lavorare: il mio lavoro rappresenta una parte troppo importante di me. Anche questa scelta però è stata ed è tutt’ora fonte di grossi sensi di colpa. Ma noi donne siamo così: conviviamo con i nostri sensi di colpa come se fossero vecchi amici".
Domenica Cicala, anestesista alla Vanvitelli
"In quest'anno difficile un'immagine che mi è rimasta più impressa è stata quella di R.P., una nostra paziente giudicata inoperabile in altri centri, immunodepressa con numerose patologie e madre di due figli. I suoi occhi esprimevano tutto lo spavento, la paura di non farcela. R.P. invece ce l'ha fatta, è stata operata presso di noi, ed è rinata a nuova vita. Oggi riabbraccia la sua famiglia. Per quanto riguarda il Covid, la frase che meglio ha rappresentato e rappresenta questo periodo è l’amore contro la paura. Io non ho mai temuto il carico di lavoro e di responsabilità. Perché è negli occhi di mio figlio c’è quel conforto che mi serve per affrontare tutte le difficoltà di ogni giorno".
Giusy Capasso, ostetrica alla Vanvitelli
“Sicuramente uno dei momenti che mi sono rimasti impressi è il giorno in cui l'Italia è stata dichiarata in uno stato di emergenza, con il susseguirsi di tutti una serie di fenomeni/eventi che poi hanno dato origine alla cosiddetta Zona Rossa. Ci hanno privato improvvisamente di cose che mai avremmo pensato, che per me sono essenziali: famiglia, amici, il poter stare accanto ad un familiare o ad un’amica. Il non poterlo fare, beh, è stato per e qualcosa che ha stravolto la società. Ma come dico sempre per farci forza, è una situazione transitoria. E tutti speriamo che al più presto si possa tornare ad una serena e tranquilla normalità. Oggi è la festa della donna, e ad oggi il nostro ruolo si può definire come uno dei più complessi da svolgere. Ogni donna deve immedesimarsi in varie situazioni, familiari, professionali, di gestione organizzativa. Dal mio punto di vista il ruolo della donna risulta essere uno dei più belli, ma reca con sé uno dei disagi che ad oggi vedo ancora: il dover sminuire in qualche modo l’importanza di questa figura del suo ruolo all'interno della società”.