Un nuovo studio della SISSA e dell’Università Vanvitelli approfondisce le dinamiche che inducono le proteine prioniche ad assumere la forma patologica responsabile di gravi malattie neurodegenerative. Le malattie da prioni, come l’encefalopatia bovina spongiforme (“morbo della mucca pazza”), sono patologie infettive neurodegenerative letali che colpiscono esseri umani e altri mammiferi e per cui oggi non esiste una cura. Queste malattie sono causate dall’accumulo di prioni, versioni mal ripiegate di una proteina naturalmente presente nel nostro cervello.
Una nuova ricerca guidata da Giuseppe Legname della SISSA e da Roberto Fattorusso dell’Università Vanvitelli, pubblicata recentemente su Chemical Science, approfondisce il meccanismo molecolare che induce le proteine prioniche ad assumere la forma patologica. Una scoperta che apre la strada a possibili opzioni terapeutiche.
I prioni sono forme alterate, cioè mal ripiegate, della proteina cellulare prionica (PrPC) che è presente principalmente nel nostro cervello. Si tratta di agenti infettivi in grado di indurre la versione originale della proteina prionica ad assumere la forma patologica. L’accumulo di prioni nelle regioni cerebrali è la causa delle malattie prioniche, patologie neurodegenerative rapidamente progressive che colpiscono sia l’uomo che altri animali. In particolare, la replicazione dei prioni nel cervello crea delle minuscole bolle che portano alla formazione di forellini microscopici che rendono il tessuto cerebrale simile a una spugna, da qui il nome encefalopatie spongiformi. Le malattie prioniche sono caratterizzate da un graduale declino delle capacità cognitive e delle funzioni motorie, fino alla morte. Nonostante i numerosi studi sperimentali e teorici, il meccanismo molecolare che regola il cambiamento della struttura del prione dalla forma fisiologica a quella patologica era finora poco conosciuto.
“Per approfondire le dinamiche che regolano questo meccanismo, abbiamo effettuato sofisticati esperimenti di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) multidimensionali, condotti da Luigi Russo presso il nostro Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche - spiega Roberto Fattorusso, coordinatore dello studio pubblicato su Chemical Science, rivista di punta della Royal Society of Chemistry - Grazie ad approcci sperimentali multidisciplinari che spaziano dalla biologia strutturale alla biologia cellulare è stato possibile mettere in luce nuovi importanti dettagli sulle basi molecolari delle malattie prioniche”.
Al lavoro ha partecipato anche Giulia Salzano, ex dottoranda SISSA e attualmente post-doc presso lo Human Technopole di Milano.
Si è dunque arrivati a evidenziare una struttura della proteina prionica umana che è un intermedio tra la forma cellulare fisiologica e quella patologica. “Grazie a questa scoperta – spiega Giuseppe Legname, anche lui coordinatore dello studio e Direttore del Laboratory of Prion Biology della SISSA – ora sarà possibile disegnare nuove molecole organiche, e quindi dei farmaci, in grado di bloccare la transizione della proteina prionica dalla forma fisiologica a quella patologica, impedendo così la replicazione dei prioni. Un passo avanti molto importante per combattere questa famiglia di malattie neurodegenerative per cui al momento non esiste ancora una cura”.