Il post vacanza, si sa, è sempre un po’ duro da affrontare. Conciliare casa, famiglia e lavoro può risultare faticoso e dare luogo a sensazioni spiacevoli di ansia, disagio o disorientamento. Come ripartire con la carica giusta per affrontare il rientro?
A cura di Alessandro Lo Presti, docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni al Dipartimento di Psicologia dell'Università Vanvitelli
Affrontare questo tema significa innanzitutto riflettere attorno a tre aspetti diversi, ma complementari: vita, lavoro e sé stessi. Suggerire delle strategie per armonizzare vita e lavoro non può che fondarsi su di una sommaria analisi di tali ambiti, i quali pongono tutta una serie di istanze e offrono risorse e richieste con le quali fare i conti.
Ascoltarsi
Conciliare ambiti di vita e lavoro significa innanzitutto ascoltare sé stessi e interrogarsi su tutta una serie domande alle quali solo in parte si può rispondere individualmente, e che, auspicabilmente, dovrebbero vedere il coinvolgimento dei propri cari, nell’interesse dei propri obiettivi, personali e professionali nonché di quelli della famiglia e dei suoi membri (pensiamo alle esigenze dei nuclei familiari dual-earner, ovvero in cui entrambi i partner lavorano):
- A cosa voglio dare priorità: lavoro o famiglia/vita?
- Posso e/o voglio tenere vita e lavoro in compartimenti stagni o lasciare che si intreccino?
- Quali sono le esigenze di carattere familiare irrinunciabili e alle quali devo dare massima priorità?
- Su quali risorse familiari posso contare per organizzare al meglio i miei tempi di vita e lavoro?
- Come si concilia tutto ciò con i miei obiettivi di carriera e con quelli del/la mio/a eventuale partner?
- Quali strumenti e servizi di conciliazione offre la mia azienda e qual è la sua sensibilità a riguardo?
Riorganizzare i carichi di lavoro in famiglia
Per la maggior parte delle persone il versante familiare è quello a cui si dà più importanza: che si parli di lavori domestici o di cure parentali, il tempo e le responsabilità a esse connesse possono ricadere in maniera impari sui componenti della famiglia. Tuttavia, queste istanze possono essere differenziate sia in termini di sistema familiare che rispetto al particolare momento del ciclo di vita che sta vivendo il nucleo familiare:
decidere, d’accordo con il proprio partner, come affrontare i compiti fissi da svolgere, ad esempio, oppure coinvolgere i bambini nello stabilire alcune regole riguardanti la casa, come il riordino della propria stanza prima di andare a letto, possono essere sicuramente degli escamotage utili per far sì che ogni membro si senta coinvolto nel gruppo famiglia, e consentirebbe, allo stesso tempo, di alleggerire le mansioni del singolo, che ancora troppo spesso è la donna.
Chiedere aiuto in famiglia
Anche la famiglia può fornire risorse a supporto della conciliazione: è importante poter individuare nei propri cari un supporto, una valvola di sfogo alle comuni difficoltà quotidiane di carattere lavorativo e non.
Arricchimento, non conflitto
Qualche volta l’organizzazione delle incombenze familiari, le situazioni affrontate, le difficoltà anche di tipo ambientale che poi sono state risolte, possono portare a sviluppare nuove competenze ed esperienze che possono essere valorizzate in ambito lavorativo: ad esempio, le competenze sviluppate durante la ristrutturazione di casa potrebbero tornare utili per trattare coi fornitori a lavoro. E’ importante, dunque, che l’esigenza di conciliare non vada vista solo in un’ottica compensatoria, ovvero di ridurre il conflitto, ricordando le soluzioni scelte nelle esperienze pregresse che hanno portato a un arricchimento personale.
Valutare altre risorse
C’è un asilo comunale che può occuparsi dei bambini? E’ possibile chiedere aiuto ai nonni? Ci si può organizzare con altri genitori per le attività extra – scolastiche? A chi posso rivolgermi per un aiuto con un genitore anziano? Mai dimenticare le influenze della famiglia più ampia, dunque, in termini sia di risorse, che di istanze, e valutare attentamente la disponibilità di servizi messi a disposizione dallo Stato.
Fare squadra con i propri colleghi
L’ambito lavorativo viene solitamente messo al primo posto per assicurare continuità di reddito. Le strategie per migliorare l’attività lavorativa sono simili a quelle da adottare nell’ambito familiare, con una differenza: l’organizzazione in termini di ruoli, risorse ed istanze, è più complessa, e tutto avviene contemporaneamente, e non sempre sinergicamente, a più livelli: colleghi di lavoro, supervisore/capo-ufficio, organizzazione nel suo complesso. Facciamo degli esempi: si potrebbe godere del supporto dei propri colleghi per questioni inerenti la conciliazione (es. “ti copro io mentre fai quella telefonata urgente a casa”) per poi invece trovare un ostacolo nel proprio supervisore o nelle policy aziendali (es. “non concediamo permessi straordinari per le malattie dei figli”). Ovviamente tali dinamiche risentono delle normative a disposizione (es. Legge 53/2000) ma soprattutto della loro applicazione a livello organizzativo.
Fermo restando che tale applicazione, per ovvie ragioni, è solitamente più puntuale nel settore pubblico piuttosto che nel privato, una variabile spesso ignorata ma che risulta invece fondamentale è la cultura organizzativa della propria azienda, e in particolare quegli aspetti che riguardano appunto la conciliazione lavoro-famiglia. Da almeno due decenni ci si è resi conto che le aziende possono essere più o meno sensibili rispetto alle necessità di conciliazione dei propri dipendenti, e questo appunto si riflette non solo nell’applicazione puntuale delle leggi, ma anche nell’implementazione di iniziative e servizi aggiuntivi e spesso fondamentali (es. job sharing, asilo nido aziendale, voucher di formazione).
Famiglia e lavoro, ambiti distinti sì o no?
Veniamo infine all’ultimo aspetto, quello più importante, ovvero sé stessi. Questo perché quanto detto sinora viene a declinarsi differentemente (ad esempio in termini di effetti più o meno positivi o negativi) in funzione delle percezioni, delle aspettative e degli obiettivi individuali. La distinzione fondamentale, che a cascata si riflette su tutte le variabili sopracitate, è l’orientamento individuale alla conciliazione di lavoro e aspetti di vita personale: ovvero, possiamo distinguere tra coloro che tendono a “segregare” o “compartimentalizzare” i due ambiti, quindi tracciando una netta linea di demarcazione tra i due (es. “a lavoro non si parla di casa, e viceversa!”), e coloro i quali invece tendono a creare una commistione tra i due o comunque a lasciare che i confini tra questi siano più permeabili all’intrusione delle istanze reciproche.
La strada giusta non esiste aprioristicamente, ma dipende da tanti fattori: dal momento di vita dell’individuo, quindi dal grado di salienza ovvero di importanza e di priorità che ognuno di noi dà alla famiglia piuttosto che al lavoro, dallo status (per un single e/o per un giovane è più facile compartimentalizzare) dal tipo di lavoro svolto (un Dirigente con molte responsabilità tenderà meno a tenere gli ambiti separati), dalle dinamiche proprie della contemporaneità (l’aumento dei tempi di lavoro, la necessità di rendersi multitasking, la precarizzazione lavorativa), dall’essere uomo o donna (la forte diffusione, in alcuni contesti, di stereotipi di genere fa sì, ad esempio, che più facilmente la donna sia spinta a sacrificare l’ambito lavorativo a favore di quello familiare, lasciando ancora una volta al partner maschile il ruolo di breadwinner.)