Nuove frontiere per curare la malattia di Alzheimer. I neurologi della Vanvitelli a confronto con i massimi esperti

Ricercare e sperimentare nuovi approcci terapeutici contro la malattia di Alzheimer. I maggiori esperti in questo campo si confronteranno sulle “Nuove frontiere per i pazienti a rischio e nelle fasi precoci della malattia di Alzheimer” (AD), il prossimo 15 febbraio, dalle ore 9, presso l’hotel Royal Continental. L’incontro, di cui è responsabile scientifico Gioacchino Tedeschi, Direttore della I Clinica Neurologica dell’Università Vanvitelli, mira a  fornire ai neurologi della comunità gli strumenti culturali per una accurata identificazione degli individui potenzialmente a rischio di sviluppare l’AD, ma anche a  favorire la creazione di una rete tra territorio e centri di ricerca, e promuovere un programma di educazione sanitaria basato sulle nuove opportunità terapeutiche sperimentali. 

“Questo programma educativo – spiega Tedeschi -  vuole anche migliorare l’identificazione di pazienti eleggibili alla prescrizione dei prossimi farmaci per l’AD e quindi  favorire il reclutamento di pazienti per progetti di ricerca futuri”. Il meeting è composto da tre sessioni, caratterizzate da relazioni frontali seguite da una discussione con l’auditorium, costituito da neurologi, geriatri e psicologi. 

Il Centro Alzheimer della Clinica Neruologica della Vanvitelli è, inoltre, insieme a quello di Palermo, l’unico di tutto il sud Italia a far parte dello studio Interceptor, promosso dal Ministero della Salute e da AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) e in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e AIMA, con lo scopo di indagare quali esami sono più utili al medico nel diagnosticare l’effettiva presenza di malattia di Alzheimer nelle persone che presentano un iniziale disturbo cognitivo lieve, prima che la stessa si manifesti in modo conclamato. Fare una diagnosi precoce è utile da subito per modificare stili di vita, promuovere interventi preventivi e avviare percorsi terapeutici con tempestività. 

Lo studio coinvolgerà 500 pazienti con lievi deficit cognitivi, di età compresa tra 50 e 85 anni che saranno reclutati in 20 centri italiani, con il supporto di 5 centri specializzati nella diagnosi e nella cura della demenza di Alzheimer. Tutti i pazienti saranno valutati mediante i 6 biomarcatori: test neuropsicologici, dosaggio di proteine su liquor cefalorachidiano, marcatori genetici, tomografia ad emissione di positroni (PET), risonanza magnetica cerebrale (RMN) e elettroencefalogramma (EEG). 

I pazienti saranno monitorati per 3 anni, al termine dei quali sarà possibile conoscere quale biomarcatore o quale combinazione di biomarcatori sono in grado di predire con maggior precisione l’evoluzione della malattia dall’inizio dei primi sintomi.