Si chiama Emoglobina Vanvitelli ed è la nuova variante emoglobinica scoperta in una bambina affetta da anemia emolitica cronica fin dalla nascita. Il gruppo di ricerca del Centro di ematologia e oncologia pediatrica dell’Ateneo Vanvitelli, diretto da Silverio Perrotta, ha individuato e caratterizzato una nuova variante emoglobinica, finora mai descritta, che ha preso il nome dall’Università Vanvitelli nella quale è stata scoperta.
“Diagnosticare una nuova variante dell’emoglobina può essere molto complesso - spiega Silverio Perrotta, direttore del centro di ematologia e oncologia pediatrica dell’Università Vanvitelli -
soprattutto se la proteina è altamente instabile, cioè si degrada in tempi molto brevi e non può essere evidenziata ai comuni esami diagnostici, come l’Emoglobina Vanvitelli. Per tale ragione la bambina è rimasta senza diagnosi certa per anni, prima di arrivare al nostro centro.
Grazie alla scoperta, infatti, per la piccola paziente ora saranno possibili terapie mirate, di sicuro più efficaci e volte a combattere un nemico almeno conosciuto.
L’emoglobina, proteina implicata nel trasporto di ossigeno ai tessuti, è necessaria per la nostra sopravvivenza. Alterazioni della sintesi di questa proteina possono determinare quadri clinici complessi, come alcune anemie congenite gravi proprio come nel caso della bambina. Il lavoro, pubblicato su Clin Biochem, ha visto protagonisti Maddalena Casale, ricercatrice presso il Dipartimento della Donna, del Bambino e di Chirurgia Generale e Specialistica e primo nome del lavoro che appena pubblicato, e Saverio Scianguetta, biologo presso il laboratorio di biologia molecolare della Vanvitelli, che si sono occupati direttamente di questo studio e che hanno proseguito nelle ricerche nonostante le difficoltà esecutive.
“Essendo condizioni rare – spiega ancora Perrotta - le varianti emoglobiniche spesso non sono considerate nella diagnostica differenziale delle anemie emolitiche congenite, soprattutto se sono presenti altri segni clinici confondenti, come la bassa saturazione di ossigeno, che più spesso implica una patologia respiratoria o cardiaca sottostante. Nei pazienti con varianti emoglobiniche, la bassa saturazione d’ossigeno può esser dovuta semplicemente alla presenza dell’emoglobina anomala e non richiede ulteriori approfondimenti. Tuttavia i pazienti vengono sottoposti ad esami diagnostici e strumentali molto invasivi e costosi nel tentativo di approdare alla diagnosi definitiva che spesso viene ritardata o mai raggiunta”.
Gli esperimenti di proteomica, che hanno consentito l’isolamento e la caratterizzazione della nuova emoglobina, sono stati eseguiti dai ricercatori del Ceinge Flora Cozzolino e Vittoria Monaco, sotto la guida di Piero Pucci, coordinatore del laboratorio di proteomica e ordinario di Chimica Biologica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II,
«Le emoglobine varianti sono emoglobine strutturalmente anormali originate da cambiamenti genetici in specifici geni che causano alterazioni nella sequenza amminoacidica – spiega Piero Pucci -. Le malattie che colpiscono la sintesi e la funzione dell'emoglobina sono estremamente comuni in tutto il mondo; fino ad oggi sono state scoperte più di 1000 varianti dell'emoglobina umana, principalmente attraverso le loro manifestazioni cliniche. Questo caso ha evidenziato le insidie analitiche e di conseguenza le difficoltà diagnostiche delle varianti emoglobiniche instabili che possono generare sintomatologie confuse e gravi condizioni cliniche».
Il centro di ematologia pediatrica dell’Università Vanvitelli vanta una pluridecennale esperienza nella diagnosi e cura dei pazienti affetti da emoglobinopatie ed è centro di riferimento per la diagnosi e cura delle malattie ematologiche rare nell’ambito della rete istituita a livello europeo (ERN-EuroBloodNet). L’identificazione di una nuova variante emoglobinica che porta il nome dell’Università Vanvitelli dimostra lo sforzo compiuto dai ricercatori di questa istituzione per migliorare le conoscenze scientifiche in questo settore.