Mario Valentino. Una storia tra moda design e arte. Questo il titolo del libro di Ornella Cirillo, docente di Storia dell’architettura e di Storia della moda dell'Ateneo Vanvitelli, presentato lo scorso 6 febbraio, al Teatro Agorà della Triennale di Milano.
Il volume è l’esito di una convenzione tra la Mario Valentino SpA e il Dipartimento DICDEA dell’Università della Campania, che ha impegnato il responsabile scientifico, Ornella Cirillo, in una ricerca biennale presso l’archivio storico dell’azienda napoletana. La pubblicazione, infatti, attraverso la lettura del prezioso patrimonio documentario, ricostruisce l’intensa avventura di un protagonista indiscusso della moda italiana del secondo Novecento e si pone come indispensabile premessa per il rilancio in chiave attuale dello storico marchio napoletano, leader nel settore calzaturiero e nell’abbigliamento in pelle.

"Questo libro – spiega la Cirillo - ricostruisce l’intensa avventura di Mario Valentino, protagonista della moda italiana dagli anni cinquanta fino alla fine degli ottanta, attraverso la lettura del prezioso patrimonio documentario raccolto nell’archivio della sua impresa. A partire dalla definizione del suo profilo biografico e formativo, ne è raccontata l’articolata storia imprenditoriale, dalle prime esperienze creative autonome nel campo calzaturiero alla piena affermazione come marchio leader nel settore dell’abbigliamento di lusso, per i quali si è avvalso del contributo di noti stilisti – come Paco Rabanne, Karl Lagerfeld, Muriel Grateau, Marie France Acquaviva, Claude Montana, Giorgio Armani e Gianni Versace – e di autorevoli artisti – in particolare, gli illustratori Brunetta, Antonio Lopez ed Eula e i fotografi Franco Rubartelli, Roberto Carra, Toni Meneguzzo, Richard Avedon, Robert Mappletorpe ed Helmut Newton".

La ricerca ricostruisce, dunque, l’avventura imprenditoriale di un protagonista indiscusso della moda italiana dal 1952 al 1991, che ha aderito allo sviluppo del prêt-à-porter attraverso un sapiente processo di valorizzazione della cultura artigianale partenopea, innovata con inconsueti processi di sperimentazione tecnica e progettuale. Da maestro calzaturiero si è trasformato in “prestigiatore della pelle”: ne conosceva tutti i segreti e l’ha elevata a materiale adatto a confezionare anche un abito da sera; l’ha resa soft, ammorbidita e adattata a molteplici lavorazioni: intrecciata, intarsiata, ordita come il lino e perfino combinata in sagome cubiste, dimostrando che nelle sue pregiate collezioni la tradizione conciaria campana abbia potuto convivere con le regole dell’alta sartoria.
Sullo sfondo delle fasi salienti della storia della moda, insomma, si tratteggiano i toni di una straordinaria officina italiana, le ambizioni, le strategie, i successi del suo fondatore, fino a tracciare l’ascesa di un napoletano illuminato che ha fatto della ricerca dell’originalità il suo obiettivo e si è adoperato in ogni modo per riuscire a perseguirlo.

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L’autrice
Ornella Cirillo è ricercatore presso l’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. Docente di Storia dell’architettura e di Storia della moda, rivolge la propria attività di ricerca sia a temi della cultura architettonica e della storia della città tra il XVIII e il XIX secolo, sia alla storia della moda, nella quale, tra l’altro, è particolarmente impegnata a definire il ruolo svolto da Napoli e dalla Campania nel più ampio contesto del fenomeno del Made in Italy.

Dal 7 al 9 settembre 2017 si svolgerà a Napoli l’VIII Congresso Internazionale dell’Associazione Italiana di Storia Urbana (AISU) sull’attualissimo tema delle città meta di turismo – religioso, economico, culturale, di conoscenza – ma anche luogo di incontri commerciali o scontri militari. Indagate nel loro formarsi e trasformarsi a seguito di esodi periodici, stagionali o eccezionali, le città diventano oggetto di nuove riflessioni propositive e di confronto tra i più svariati ambiti disciplinari attinenti alla storia urbana.
Napoli, simbolo di tradizione, memoria e accoglienza, sempre più all’attenzione del pubblico colto e dei media per la sua eccezionale stratificazione e per le sue straordinarie dinamiche urbane, è stata dunque individuata quale luogo ideale per lo svolgimento del Congresso dal significativo titolo “La città, il viaggio, il turismo - percezione, produzione e trasformazione”.
L’organizzazione di questa edizione del Congresso è stata condotta, per la prima volta, dalla sinergia di tre atenei, l’Università di Napoli Federico II – a cui spetta anche il coordinamento generale delle giornate di studio, affidato ai due centri interdipartimentali di ricerca BAP e CIRICE –, l’Università della Campania Luigi Vanvitelli e l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Le tre giornate di studio si svolgeranno rispettivamente nelle sedi accademiche di Corso Umberto I, via De Crecchio e via Toledo e i lavori si articoleranno in sette macrosessioni, alle quali hanno aderito oltre 670 relatori, provenienti da tutto il mondo: Italia, Spagna, Portogallo, Olanda, Inghilterra, Giappone, Brasile, Australia. Inoltre sono previste visite guidate presso importanti attrattori turistici napoletani e campani, quali il centro antico di Napoli, il complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore, l’Archivio storico del Banco di Napoli, Castel Nuovo, le Metropolitane dell’arte, Pompei, Capri. Contestualmente i tre atenei apriranno agli studiosi le porte dei loro poli museali più significativi, tra cui i ricchissimi Musei Scientifici dell’Università di Napoli Federico II e il Museo di Anatomia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, unico al mondo nel suo genere, sito a Napoli nell’ex complesso monastico di Santa Patrizia; il Museo Storico Universitario e la straordinaria raccolta d’arte della “Collezione Pagliara” nella Cittadella dell’Università Suor Orsola Benincasa al corso Vittorio Emanuele.
A supporto di questa logica inclusiva, sono state garantite numerose borse di studio per i giovanissimi ricercatori e laureati e molti di loro riceveranno ospitalità presso la Residenza Universitaria dell’Università Suor Orsola Benincasa, così da coinvolgerli e sensibilizzarli attraverso la partecipazione diretta alle attività di gestione scientifica del Congresso.

locandina

Che ormai il fenomeno delle baby gang sia entrato nel vocabolario quotidiano di radio, televisione e testate giornalistiche è chiaro già da qualche tempo, la situazione però non solo non accenna a migliorare ma, l’escalation di violenza, sembra essere sempre più difficile da gestire. Bande di ragazzini che rappresentano un pericolo reale all’incolumità di tutti. Vittime delle gang non solo altri minorenni, ma anche adulti, le cronache riportano proprio in questi giorni di aggressioni a clochard e a poliziotti, fatti che sottolineano l’effettiva mancanza di rispetto assoluta non solo nei confronti dei coetanei ma anche degli adulti in genere e dell’autorità. 
Per capire come nasce il fenomeno delle baby gang abbiamo parlato con la docente di Antropologia culturale del Dipartimento di Psicologia Fulvia D’Aloisio.
“Dal punto di vista storico-sociale possiamo sicuramente affermare che Napoli è una città dove la violenza, in forme diverse, è stata sempre presente nel corso della storia e la brutalità di queste gang di ragazzini rappresenta un fenomeno decisamente inquietante. Indubbiamente i contesti educativi e le modalità stesse della crescita andrebbero indagate per capire da dove nasce questa piaga sociale.” e continua “Certo è che nel caso come la città di Napoli dove gli spazi di aggregazione, le strutture predisposte a servizi d’integrazione e ludoteche sono pochi, problema non imputabile all’amministrazione in carica, ma disagio antico della città stessa, non aiuta alla formazione di una visione del mondo che non contenga la violenza come momento di aggregazione o tempo libero.”
 
Molti si chiedono se Gomorra possa avere influenzato il fenomeno. Possiamo parlare di emulazione? 
“Per capire se Gomorra possa o non possa produrre emulazione, bisognerebbe chiedere il parere degli psicologi, certo è che non rappresenta l’unica fonte di violenza gratuita a cui sono esposti i giovani. Basti pensare a quanto è semplice imbattersi in questi fenomeni sul web o ai numerosi videogiochi aggressivi in vendita senza controllo. Non mi preoccuperei, quindi, solo di un serial come Gomorra, ma mi preoccuperei della violenza in generale.”
 
Per concludere, come si può arginare il fenomeno?
 “Maggiore attenzione all’infanzia e all’adolescenza, sono periodi molto difficili. La nostra società occidentale, globalizzata ed economicamente avanzata presenta molti punti di stallo, le baby gang sono il sintomo di una crisi generale. L’azione deve essere sinergica anche la ricerca, ormai sempre più interdisciplinare, deve iniziare a studiare ed interrogarsi su queste tematiche per riuscire a capire meglio da dove si generano, dove conducono e cercare di capire come intervenire, sicuramente tramite trattamento psicologico unito a politiche pubbliche che prestino più attenzione a queste delicate fasi della vita.”
 
a cura di Margherita Tamburro, studentessa in Lettere Moderne al Dipartimentodi Lettere e Beni Culturali

Preparando un esame universitario, in vacanza, in città o in viaggio, ecco una piccola prima lista di letture consigliate per questa estate. Classici e novità, dieci consigli per leggere con piacere.

1) M. Yourcenar, Memorie di Adriano, ed. a scelta
Il capolavoro di Marguerite Yourcenar unisce al cesello perfetto della ricostruzione storica il coraggio di presentare a tutto tondo un grand'uomo, l'imperatore Adriano,  l'altezza del suo pensiero, la disponibilità intellettuale, le intuizioni profetiche, donandoci non già un saggio erudito, ma un libro dei giorni nostri, e dei giorni a venire. Perché, come ha scritto la Yourcenar, «non siamo i soli a guardare in faccia un avvenire inesorabile». I taccuini di appunti dell'autrice (annotazioni di studio, lampi di autobiografia, ricordi, vicissitudini della scrittura) perfezionano la conoscenza di un'opera che fu pensata, composta, smarrita, corretta per quasi un trentennio. La nota della traduttrice, Lidia Storoni Mazzolani, ci regala la storia di un'amicizia nata lavorando insieme alla versione italiana

2) La storia delle api - di Maja Lunde, Marsilio 2017
Tra passato presente e futuro, legate dal progetto di un rivoluzionario modello di alveare, le vicende di William, biologo inglese vissuto a metà dell'Ottocento, di George, apicoltore dell'Ohio che si affida alla tradizione per contrastare la misteriosa moria del 2007, e di Tao, giovane madre che, in un futuro non molto lontano, si dedica all'impollinazione manuale in una Cina dove le api e i colori sono ormai scomparsi, ripercorrono il rapporto tra l'uomo e la natura nel corso del tempo. Dall'Europa all'America, quel plico di preziosi disegni, racchiuso in un baule al seguito di una donna sola e appassionata, attraversa terre e secoli con il suo bagaglio di invenzioni e regole, depositario di una conoscenza, e di una speranza, da affidare alle generazioni che verranno. Custode di un sogno che deve diventare tale per tutti noi. "La storia delle api" è un romanzo epico nel quale, accanto al tema dell'equilibrio ambientale, sono i sentimenti che realmente muovono la nostra vita a determinare l'azione. L'amore soprattutto: per il coniuge, per i figli per cui desideriamo solo il meglio, per la scienza, per la propria passione.

3) P. Di Paolo, Mandami tanta vita, Feltrinelli 2014
Febbraio 1926. Moraldo arriva a Torino per una sessione di esami, si porta dietro una strana rabbia e una valigia più pesante di quanto gli sembrasse alla partenza da Casale Monferrato. Dagli anziani coniugi Bovis, che lo ospitano, Moraldo apre la valigia e scopre che deve averla scambiata con quella di un fotografo di strada. Come per chiudere un conto in sospeso, Moraldo si mette ancora una volta sulle tracce di un suo coetaneo. Si chiama Piero. Moraldo gli ha scritto due lettere senza ottenere risposta, l'ha visto passare all'università circondato dal gruppo dei suoi amici. Qualcuno li definisce l'Accademia dei Patiti, ma Moraldo ammira quella vivacità intellettualeproteste, riunioni, giornali, libri...

4) W. Siti, Bruciare tutto, Rizzoli 2017
A chi apparteniamo? A quale legge ubbidiamo? Per un prete che significa, davvero, amare Dio? Questo si chiede don Leo nelle sue giornate divise tra oratorio, mensa dei poveri (che sono sempre di più anche nella Milano del nuovo skyline da bere e da mangiare), ripetizioni ai bambini in difficoltà, messe celebrate con confratelli molto diversi da lui. Un prete è un uomo mangiato, potato come una vigna; la vita privata di un prete sono gli altri e don Leo lo sa bene, mentre cerca risposte in un dialogo con un Dio che lo spia e lo ascolta dalla sua Onnipotenza ma risponde a strappi, con frasi ambigue e talvolta dispettose. Un Dio che sembra non riuscire mai a liberarsi dall'ombra del suo Avversario. In un'epoca in cui la sottomissione a Dio è diventata un tema geopolitico, Walter Siti scrive un romanzo che stordisce e lascia nudi di fronte al dolore e alle domande sul senso profondo della fede e del tempo che viviamo. 

5) Zadie Smith, Swing Time, Mondadori 2017
Un'amicizia straordinaria fra due ragazze diversissime fra loro eppure accomunate nel profondo: due aspiranti ballerine, che vengono unite e divise dal destino, dal talento, dal caso e da una precisa concezione della libertà. Dopo anni di romanzi sofisticati e di acuta analisi sociale, Zadie Smith torna a raccontare una storia che ha la forza e la vivacità del suo bestseller d'esordio Denti bianchi: la storia di due amiche nere nella Londra di oggi che vogliono diventare ballerine, ma solo una, Tracey, ne ha il talento. L'altra, la narratrice, ha le idee: sul ritmo, sui neri e sulla musica nera, su ciò che rende una persona veramente libera.

6) P. Roth, Nemesi, Einaudi 2013
Al centro di "Nemesi" c'è un animatore di campo giochi vigoroso e solerte, Bucky Cantor, lanciatore di giavellotto e sollevatore di pesi ventitreenne che si dedica anima e corpo ai suoi ragazzi e vive con frustrazione l'esclusione dal teatro bellico a fianco dei suoi contemporanei a causa di un difetto della vista. Ponendo l'accento sui dilemmi che dilaniano Cantor e sulla realtà quotidiana cui l'animatore deve far fronte quando nell'estate del 1944 la polio comincia a falcidiare anche il suo campo giochi, Roth ci guida fra le più piccole sfaccettature di ogni emozione che una simile pestilenza può far scaturire: paura, panico, rabbia, confusione, sofferenza e dolore. Spostandosi fra le strade torride e maleodoranti di una Newark sotto assedio e l'immacolato campo estivo per ragazzi di Indian Hill, sulle vette delle Pocono Mountains - la cui "fresca aria montana era monda d'ogni sostanza inquinante" -, "Nemesi" mette in scena un uomo di polso e sani principi che, armato delle migliori intenzioni, combatte la sua guerra privata contro l'epidemia. Roth è di una tenera esattezza nel delineare ogni passaggio della discesa di Cantor verso la catastrofe, e non è meno esatto nel descrivere la condizione infantile.

7) I giorni di scuola di Gesù – J. M. Coetzee. Einaudi 2017
Un romanzo misterioso e sapiente sul significato di crescere e imparare, sull’essere genitori e l’essere figli e sull’eterno conflitto tra emozioni e intelletto. Non fosse che l’ha scritto un premio Nobel per la Letteratura, è sicuramente da mettere in valigia.

8) Exit West – Moshin Hamid, Einaudi 2017
La fragile tenerezza di un amore giovane in un mondo che cambia istantaneamente sotto i nostri occhi. Come nel migliore dei classici, Hamid racconta la storia universale del mondo attraverso il particolare dei destini individuali. 

9) La regola dei pesci – Giorgio Scianna, Einaudi 2017
Quattro ragazzi trascorrono le vacanze estive in Grecia. Uno di loro, però, non ritorna a casa e gli altri si chiudono in un mutismo inattaccabile. Tra cronaca recente e romanzo di formazione, questo libro ci offre una preziosa analisi dei 18enni d’oggi, guidati dalla regola dei pesci: “muoversi tutti insieme senza scontrarsi e senza perdere nessuno, basta fidarsi l’uno degli altri”.

10) Federico Baccomo, Anna sta mentendo, Giunti 2017
Cosa accadrebbe se una app ci segnalasse ogni qualvolta il nostro interlocutore non sta dicendo la verità? Succede in questo romanzo che getta luci inquietanti sulla comunicazione di oggi, spesso trattata con leggerezza e ingenuità. 

 



L’esercito di terracotta e il primo imperatore della Cina. La grande mostra internazionale, Basilica dello Spirito Santo, Napoli. Curatore italiano Fabio Di Gioia. Dal 24 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018, dalle 10 alle 20 tutti i giorni, biglietto 12,00 euro
https://www.esercitoditerracotta.it/


A cura di Carlo Rescigno, docente di Archeologia Classica al Dipartimento di Lettere e Beni culturali

Ho incontrato per la prima volta l’esercito di Qin Shi Huangdi lontano dalla sua terra di origine, a Roma, dove una moderna Via della Seta, quella delle mostre internazionali, aveva condotto un drappello scelto di soldati e dignitari presso le Scuderie del Quirinale, per apparire in una esposizione dedicata all’ascesa dell’impero cinese (Cina. Nascita di un impero, Roma, Scuderie del Quirinale, 22 settembre 2006 – 28 gennaio 2007; catalogo a cura di L. Lanciotti, M. Scarpari, Milano 2006). Ampia e documentata, narrava dei presupposti, dell’affermarsi, dopo la confusione dei Regni Combattenti, della rivoluzione Qin (221 a.C.-206 a.C.), dell’unità dei regni, della sommossa che dopo pochi anni avrebbe condotto all’affermarsi, in continuità, degli Han cui si dava ampio spazio.

Ho così appreso che, in una concezione culturale della morte, l’esercito di terracotta del Primo Augusto Imperatore non era unico e, per esempio, un altro, composto da più di duemila unità, contribuiva a definire lo spazio funerario di due importanti ufficiali militari Han (II a.C.) con sculture, però, a un terzo del vero. Anche di questo esercito la mostra esponeva una scelta, e questa riduzione di originalità nulla sottraeva alla maestosità delle statue del primo imperatore, né la mostra si affidava a una retorica del grande per convincere il pubblico, lasciando parlare, anche nella comunicazione pubblicitaria, gli oggetti e l’invisibilità della storia.

L’impressione che ne ricavai stenta a cancellarsi. Luca Ronconi chiamato, con Margherita Palli, ad allestire, a partire da una esperienza cinematografica e teatrale, la mostra, aveva sapientemente costruito il racconto. Le statue maggiori si presentavano quasi nude allo spettatore, i vetri delle teche erano stati perlopiù soppressi e a difendere il cumulo degli anni aggregato sulla fragile e pesante terracotta dei guerrieri era un tessuto forato, che diventava invisibile in lontananza ma che, prossimi agli stalli delle teche, spingeva i curiosi ad affacciarsi oltre le linea di difesa dello schermo che si piegava e assumeva, nel contatto con il visitatore, le sue sembianze. Una pellicola densa ma permeabile alla vista costituiva l’osservatorio sulla storia e sui guerrieri che apparivano in tutte le loro scabrosità di integrazione e restauro, nei dettagli preziosi e nei resti di pellicole pittoriche fino a rilasciare il senso di un lavoro artigianale cui erano stati dedicati centinaia di artigiani che presso il giardino funerario imperiale vissero, lavorarono e morirono, lasciando di sé, ai posteri, i propri scheletri in tombe povere addensate ai margini del luogo imperiale.

La tomba monumentale del Monte del Cavallo Nero rappresenta la sepoltura del primo imperatore della Cina (regno 243 a.C.-210 a.C.), che unificò i regni e avviò una tradizione che, nonostante gli scossoni, le pause e i cambi di dinastie, si è trasmessa in continuità fino alla rivoluzione socialista. Il sepolcro ancora non indagato era circondato da un mondo altro, che ripeteva con la sua folla di dignitari, scribi, funamboli, la varietà di una vita lussuosa, associava agli spazi della rappresentazione quelli del culto e del rito, dando spazio ai banchetti e ai dignitari viventi. Le forze della natura circondavano e serravano il luogo e, nell’unico punto in cui l’altezza delle montagne e la corrente del fiume lasciava sguarnito il luogo, fu schierato, in fosse, il potente esercito.

Questo, in forme diverse, è ora tornato in Italia e approdato a Napoli, nella chiesa dello Spirito Santo, su via Toledo, dove, dall’ampia nave centrale, dilaga, con dettagli e racconti, negli ambienti minori del complesso architettonico. La novità è che nulla di quanto esposto è originale. Tutto è copia fedele, dai bronzi, ai vasi, alle monete fino agli uomini armati che sono stati realizzati in Cina, tratti da stampi calcati direttamente sugli originali ricreando, come in un grande episodio di archeologia sperimentale, il ciclo di produzione seguito nella cittadella funeraria circa 2.300 anni fa. La riproduzione, nelle statue, giunge a ripetere le tracce di colori dando una parvenza di verità che, però, non riesce ovviamente a risolvere quella dimensione di oggetti-testimoni, gli originali che, sepolti e fracassati dal peso dei crolli e della terra, consunti da azioni chimiche, travolti dal vortice della storia, sono stati dal tempo trasformati in monumenti.

Esiste, quindi, nella mostra napoletana rispetto a quella romana, un artificio che raffredda l’emozione, che gli organizzatori denunciano in silenzio, forse anche troppo. E non si tratta di uno snobismo culturale: questa, come tante altre esperienze immersive, può emozionare, insegnare, ma non costruisce un reale incontro più di quanto si potrebbe farlo tramite altre più comode realtà artificiali per tramite delle quali è oggi possibile assumere informazioni, imparare e trasmettere il conosciuto senza muoversi. La mostra, ora a Napoli, rientra in quelle forme di spettacolarizzazione del passato o del contemporaneo, che nelle forme migliori, come la nostra, punta sul contenuto narrativo, in quelle inferiori sulla semplice emozione, ma in entrambi i casi rinuncia allo scopo fondamentale di un evento culturale, creare un laboratorio di conoscenze che tramite contatti tra istituzioni, dialoghi tra curatori e studiosi, faccia sì che, di quel dato argomento, si possa a fine della mostra conoscere di più, vuoi per scienza pura vuoi per creazione di un senso diffuso di conoscenza.
E’ per questa necessità di scienza, presupposto di ogni mostra, che lascia perplessi, in quella napoletana, per esempio, il poco spazio concesso agli autori, a chi l’ha per primo allestita, e ancor di più non trovare nei pochi nomi denunciati on line quelli di studiosi e archeologi. Eppure la mostra, tranne qualche strana eccentricità nei pannelli e qualche errore, credo dovuto a frettolose traduzioni, ha un suo impianto narrativo che deriva da una conoscenza ormai consolidata su quanto ad oggi noto del grande sepolcro dell’imperatore Qin.

Letta come un percorso didattico, da exhibit e da museo della scienza, la mostra napoletana suscita interesse e in alcuni punti sbalordisce. Il percorso si arrotola e poi svolge lungo i margini della chiesa fino a raggiungere il cuore della nave centrale, percorso disseminato di frammenti di statue che spingono, con i pannelli e le installazioni, a entrare all’interno delle sculture ancora prima di conoscerle, a comprenderne i meccanismi di produzione. Testi e, poche, a volte non belle, riproduzioni di oggetti, narrano del contesto storico e topografico. Forse una pianta gigante del giardino funerario del re avrebbe aiutato a visualizzare il fatto funerario e a comprenderne il linguaggio monumentale. In questo lento percorso di approfondimento, segue uno squarcio, l’ingresso mediato da stretti passaggi alla ricostruzione di una parte minima, ma significativa e impressiva, di una parte dell’esercito. Indipendentemente dal sistema di luci che illustra, con l’aiuto di una voce narrante, le caratteristiche dei guerrieri, le informazioni apprese durante il percorso permettono di arrivare all’emozione della navata con un carico di attese ma anche di strumenti per comprendere quanto la vista assume. Per quanto copie la magia della storia c’è.

E’ luogo letterario, quasi indissolubile dall’esercito di terracotta, che il miracolo delle statue della Collina del Cavallo Nero risieda nella individualità, nell’essere ogni scultura un pezzo a sé, come se gli artigiani avessero riprodotto le fattezze multiformi della vita reale. In realtà sono il prodotto di un artificio e di un’arte che mescola alla creazione la standardizzazione. E’ un principio che possiamo trovare identico anche nelle produzioni di epoca classica, sul quale poco riflettiamo o che, meglio, rimuoviamo nella certezza di uno stereotipo culturale, tutto romantico, dell’artista che crea a partire da un estro individuale irripetibile. Le sculture furono realizzate recuperando argilla in un luogo non lontano dalla tomba, la cui cava abbandonata divenne poi un lago artificiale. I forni per potere cuocere una quantità di opere così massiccia, non trovati, erano ugualmente in loco e dalle montagne doveva provenire la legna necessaria a cicli di cottura lunghi e ripetuti.

A lavorare erano gruppi di maestri, certificati da bolli e firme graffiate sulla superficie essiccata dell’argilla, aiutati da operai, perlopiù schiavi. Di questo la mostra ben parla e documenta. Il maestro si aiutava per la realizzazione delle figure con matrici, queste erano utilizzate anche per i volti. Era solo il lavoro di assemblaggio delle parti e di finitura con dettagli e colori che permetteva alle statue di assumere individualità, di creare livree dell’apparire che corrispondevano ai ruoli, militari e di censo, in cui nell’immenso archivio di Shaanxi erano suddivisi guerrieri, artisti e dignitari. Matrici e parti dei corpi, dalle prime derivate, funzionarono come le lettere dell’alfabeto, limitate per numero ma capaci di produrre parole infinite. Attraversando secoli e spazio, solo gli addetti ai lavori sanno che questo stesso metodo di produzione di altissimo artigianato caratterizza anche la produzione artistica occidentale dai bronzi di Riace alle belle maioliche rinascimentali dei Della Robbia.

Quando in Cina si costruiva la tomba e il grande esercito di terracotta, Roma era impegnata nelle guerre contro Annibale e si avviava a dominare il Mediterraneo. I suoi templi non erano ancora di marmo e apparivano decorati con immagini di creta. L’argilla, lavorata da ben più modeste squadre di artigiani, era piegata a narrare nei frontoni scene di lotta tra Giganti e dei, a celebrare le guerre contro i Galati. Le figure sono in movimento e comunicano, con forme diverse e non ieratiche, il loro contenuto. Sono due mondi diversi che entrano a confronto, il primo nato dalla evoluzione delle piccole città stato, l’altro fondato su di un potere assolutistico e su territori sconfinati. Solo con l’impero romano si raggiungeranno forme e dimensioni degne di essere contrapposte alla grandezza della Cina antica. Salvatore Settis nello stesso catalogo che accompagnava la mostra romana (op. cit.; ma sul tema di veda anche I Due Imperi. L’Aquila e il Dragone, Milano, Palazzo Reale, 15 aprile – 5 settembre 2010, catalogo a cura di S. De Caro, M. Scarpari, Milano 2010), discute circa il valore del classico tra Cina e mondo greco-romano. Ai cicli di rinascita, si accompagna, nel mondo occidentale, il lutto di una frattura netta, la caduta di una civiltà, mai più ricomposta anche se periodicamente vagheggiata e riedificata dal contemporaneo; nell’oriente cinese regna il senso di un mondo che muta ma in continuità, senza fratture: un tempo che non richiede originali, perché le vestigia di una generazione precedente non hanno il tempo di trasformarsi in cimeli e passato vagheggiato, sono ricostruite e proseguono la loro vita. Come un albero che, ricordo di un evento, muore ma, periodicamente sostituito, ripropone il suo senso pur non essendo sempre quell’unico e originale iniziale.
Così guardando la Cina ritroviamo il senso profondo del tempo occidentale. E ritroviamo immancabile, quando ci si confronta con l’Oriente, la necessità di riflettere su originale e copia.

A cura di Carlo Rescigno, docente di Archeologia Classica al Dipartimento di Lettere e Beni culturali

Una piattaforma digitale per i beni culturli della Campania. Il progetto, finanziato nell’ambito della precedente programmazione europea, sarà presentato giovedì 8 giugno, alle ore 10,00, presso il Dipartimento di Scienze Politiche “Jean Monnet” dell'Università della Campania Luigi Vanvitelli.
Capofila dei progetti e delle attività realizzate è il COSME (Centro-Osservatorio sul Mezzogiorno d'Europa) di questa Università che ha operato in accordo con il MIBACT, la Regione Campania e la Reggia di Caserta.
La piattaforma che ospita gli archivi digitali (Manifatture Cotoniere meridionali, Cartografia borbonica, Archivio Storico della Reggia di Caserta) sperimenta tecnologie innovative in quanto è predisposta per ospitare i prototipi di ontologie, georeferenziazioni di fonti cartografiche e percorsi di story telling per i Beni Culturali.
I progetti, la costruzione della piattaforma, la realizzazione dei percorsi narrativi di story telling, costituiscono un primo passo per una nuova fruizione dei Beni Culturali e della loro comunicazione. Nel corso dell’incontro saranno discusse idee progettuali per la prosecuzione dei risultati sin qui raggiunti.

programma

L'Ateneo Vanvitelli e il Corpo Consolare della Campania del Touring Club Italiano insieme per formazione, promozione della cultura e salvaguardia del patrimonio storico-culturale. Questi gli obiettivi del protocollo d'intesa tra Touring e Università per comunicare e promuovere, nella maniera più ampia possibile, le iniziative e gli strumenti per la diffusione, la tutela e il godimento del patrimonio italiano di storia, d’arte e di natura quali mostre, esposizioni, organizzazione di conferenze, seminari, workshop, percorsi turistico-culturali, etc.

Il Corpo Consolare del Tci nell'ambito del proprio impegno teso alla valorizzazione e al miglioramento della fruizione del patrimonio culturale e attraverso questa intesa, mira a offrire a tutti gli utenti dell'Unicampania la possibilità di partecipare alle iniziative ed eventi organizzati sul territorio campano, in particolare:

 - Eventi come le visite del Corpo Consolare e dei Club di Territorio del Tci della Campania volte allo sviluppo di iniziative di valorizzazione territoriale e del patrimonio culturale attraverso itinerari e percorsi di visita in aree o luoghi di eccellenza;

- Iniziative mirate alla promozione della conoscenza del patrimonio culturale e alla sua valorizzazione tramite la collaborazione dei Volontari per il Patrimonio Culturale nell'ambito dell'iniziativa "Aperti per Voi".

Per partecipare e conoscere tutte le iniziative guarda il programma.

 

Inaugurazione del cippo commemorativo del placito capuano (marzo 960), il documento in cui compare la più antica attestazione scritta di un volgare del dominio linguistico italiano. La cerimonia si terrà il 27 maggio, a Capua, alle ore 10.30, nella Chiesa di San Salvatore a Corte, in via Principi Longobardi. Alla cerimonia parteciperà il presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini. L’iniziativa, realizzata concretamente dalla sezione Terra di Lavoro del Touring club con il contributo di associazioni di volontari e sponsor locali, è stata progettata d’intesa con l’Accademia della Crusca e con la cattedra di linguistica italiana del Dipartimento di lettere e beni culturali dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli.

Il placito di Capua è il più antico e importante dei quattro documenti detti placiti (o giudicati) cassinesi (o campani), in cui sono riportate formule testimoniali in volgare campano. Si tratta di atti giudiziari in forma di sentenza (Capua marzo 960; Sessa Aurunca marzo 963; Teano ottobre 963) o di documento privato (memoratorio di Teano, 26 luglio 963) in cui erano definite controversie su beni immobili rivendicati dall’abbazia di Montecassino, che tra la fine del IX e l’inizio del X secolo aveva subito ingenti perdite patrimoniali. Il placito capuano, oltre a essere il più antico dei giudicati cassinesi, è quello in cui è decisa (a favore dell’Abbazia) la controversia patrimoniale più rilevante: i terreni contesi tra il monastero (rappresentato dall’abate Aligerno) e la controparte (tal Rodelgrimo, nativo di Aquino) si estendevano per circa 20.000 ettari (più o meno un quarto delle proprietà fondiarie di Montecassino). Probabilmente anche per questo motivo il giudice di Capua, Arechisi (di cui sono noti altri giudicati, anche successivi, interamente in latino), scelse la soluzione innovativa (e ripresa negli altri tre giudicati cassinesi) di far giurare i tre testimoni chiamati in causa su una formula in volgare campano da lui preparata.

Il placito capuano e gli altri tre giudicati cassinesi attestano dunque la precisa consapevolezza da parte di Arechisi (e dei giudici operanti a Sessa Aurunca e Teano) della distinzione tra latino e volgare, e soprattutto la chiara volontà di elaborare una scripta specifica e ufficiale per il volgare (cioè un sistema in grado di rendere nella scrittura la lingua parlata). La coscienza della separatezza del volgare dal latino e il carattere ufficialità dei giudicati cassinesi fanno di essi le più antiche e sicure attestazioni scritte di un volgare italiano, anche rispetto ad altri testi a essi precedenti, quali l’Indovinello veronese (VIII-IX sec.) o il Graffito della catacomba di Commodilla (IX sec., metà).

Il placito capuano, pertanto, si colloca a fianco di documenti quali i Giuramenti di Strasburgo (14 febbraio 842, il primo testo in antico francese e la più antica attestazione di un volgare romanzo), all’alba quindi delle lingue neolatine, che costituiscono una parte essenziale del patrimonio linguistico dell’Europa moderna.

programma cerimonia

Tornano i Giovedì alla Reggia, le giornate di studio per approfondire il riformismo di Carlo di Borbone, i suoi rapporti con personaggi di spicco della cultura napoletana e alla regia dimora casertana. Il primo appuntamento è per il 19 ottobre alle ore 17.30 presso la Cappella Palatina della Reggia di Caserta con Luigi Mascilli Migliorini, con una conferenza dal titolo Uno sguardo sull'Europa. Maria Carolina tra rivoluzione e restaurazione.
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"Studiosi di storia, scienza, arte e paesaggio si alterneranno per raccontare di un re che tanto ha segnato il nostro Meridione – spiega Rosanna Cioffi, docente all'Università Vanvitelli e organizzatrice della manifestazione – e nella cui eredità culturale possiamo ancora ritrovare le testimonianze di un bello e di un buono che ci ha fatto grandi e che deve spronare le più giovani generazioni".

Quarantacinque eventi in quattro giorni nelle piazze di Caserta: innovativi, creativi, di altissimo taglio speculativo o di puro divertimento letterario. Quattromila persone in strada a intepretare poesie d’amore, solo d’amore, recitandole, teatralizzandole o cerando nuovi modi d’espressione. E’ la formula inedita, per la prima volta alla prova, di «FestBook», il festival della creatività, dei libri e della follia, che parte il 25 maggio a Caserta, con due anteprime il 13 e il 24 maggio; sparso per quattro giorni in tante diverse location della città.
Laboratori
La manifestazione mette in campo tre laboratori quotidiani, dalle 16 alle 19, ogni giorno dal 25 al 27 maggio: #Giocaitaliano, sull’imparare l’italiano divertendosi (16/17); @danteide, su tutto ciò che avremmo voluto sapere su Dante e non lo abbiamo mai chiesto (dalle 17 alle 18, nelle aule dell’ateneo Luigi Vanvitelli, ex palazzo delle Poste, nei pressi della Reggia); @leggerelArte, per imparare l’arte attraverso i suoi capolavori, con alcuni dei massimi esperti nel loro periodo storico-artistico (dalle 18 alle 19, nella galleria di arte contemporanea di Caserta, nel centro Sant’Agostino. Per iscriversi ai laboratori, solo cento posti disponibili, consultare www.festbook.it o la pagina facebook: festbook o scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).
“Si tratta di una iniziativa di grande valore per il Casertano e l’Italia – spiega il prorettore dell’Ateneo Luigi Vanvitelli, Rosanna Cioffi - che mette in risalto la capacità di fare rete di un territorio e di fare cultura partendo dal basso”. Al termine dei laboratori, poco prima che finiscano, alle 18.30, comincia una idea innovativa e travolgente: le #pattugliepoetiche, ogni giorno, dal 25 al 28 maggio, dalle 18.30 alle 20.30, in quattro piazze della città: piazza Dante, Vanvitelli, Duomo e piazza Pitesti; tutti potranno confrontarsi con i capolavori universali della poesia o con le loro opere, interpretandole, mettendole in scena, leggendole. Ogni pattuglia sarà aperta da un gruppo di attori appositamente preparati e nelle pattuglie ci saranno anche giovani disabili, per sviluppare il sentimento d’inclusione. Unico obbligo il tema: l’amore (Per iscriversi, solo cento posti disponibili, consultare www.festbook.it o la pagina facebook: festbook; o scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). La stima è di almeno 4mila persone che parteciperanno alle pattuglie poetiche.
Nelle librerie di Caserta ci saranno, ogni giorno, eventi e presentazioni di libri. Mentre sono previste anche delle iniziative a sorpresa, come flash mob e sit in legati ai monumenti del Casertano. “E’ un modo nuovo di comunicare con i giovani attraverso la cultura – ha sottolineato il sindaco di Caserta, Carlo Marino – e di costruire reti di relazioni innovative per il territorio, che altirmenti sarebbe impossibile mettere insieme. Io stesso ho spesso difficoltà a trovare le parole adatte. Il frutto di un lavoro di condivisione che parte dal basso e che proprone Casreta al parterre nazionale come soggetto attivo culturale”.
Flash Mob e preambolo sulla cultura
Il 26 mattina una pattuglia poetica a Marcianise al Liceo Quercia, mentre il 27 mattina flash mob poetici in giro tra Casertavecchia, San Leucio, la Reggia e le frazioni di Caserta. Domenica 28, in mattinata, flash mob dedicato all’antica Capua a Santa Maria Capua Vetere, che poi convergerà per un gemellaggio a Caserta in Piazza Dante, con le pattuglie poetiche; dove sarà letto un preambolo sulla cultura dei sindaci del territorio: per rilanciare la cultura come elemento di rinascita di Caserta e della sua provincia. Nel pomeriggio del 28 si sale a Casertavecchia con #leggereCaserta nella cattedrale del borgo antico, dalle 17 alle 19, cioè conoscere Caserta attraverso i suoi monumenti.
“Dovunque in Italia si fa cultura partendo da soggetti istituzionali, che investono e costruiscono progetti – spiega Luigi Ferraiuolo dell’Ucsi Caserta, coordinatore di FestBook – a Caserta abbiamo cominciato dal basso: i soggetti che fanno cultura per vocazione si sono messi insieme e creano innovazione e dibattito partendo dalle persone del territorio: artisti, studenti, intellettuali, persone semplici, a costo zero”.


Il simbolo

Normalmente i festival postulano un dogma: arrivano esperti, testimoni che raccontano a un territorio il loro sapere. Noi abbiamo scelto di invertire il postulato, di scioglierlo se possibile, non per presunzione, ma per condividere e confrontarci. Scegliamo un artista, un simbolo del territorio che può dare al Paese e alla cultura. E per la durata del festival lo esponiamo a Casertavecchia, alla memoria collettiva, nella Cattedrale medievale. Quest’anno è stato scelto il pittore casertano Antonio De Core, morto vent’anni fa con un quadro della serie “La Reggia”. Antonio De Core è stato uno dei promotori del gruppo “Proposta 66” assieme ad artisti del calibro di Crescenzo Del Vecchio, Andrea Sparaco, Gabriele Marino e Attilio Del Giudice, ed è stato tra i principali ambasciatori di Caserta e della sua identità in giro per l’Italia, avendo allestito mostre in alcuni tra i principali spazi espositivi in tutto il Paese. “Si tratta di una avventura che parte dal territorio - spiega l’assessore alla Cultura Daniela Borrelli - e mette in rete le risorse intellettuali della provincia, per creare cultura”.

 

Le Presentazioni

giovedì 25
Feltrinelli, corso Trieste, ore 18:00 Francesco Borrasso, La Bambina Celeste. Ad est dell’equatore
ore 18,00 Libreria Pacifico Via Alois, 24
Luciano Brancaccio, I clan della camorra, Donzelli
Libreria Giunti Piazza Matteotti, ORE 18, PINO IMPERATORE, Allah, San Gennaro e i tre kamikaze
Libreria Guida, via Caduti sul Lavoro, ore 18, Adriana Caprio, Ora: la leggenda delle quattro guerriere terrestri, Vozza Editore
venerdì 26
Libreria Feltrinelli, corso Trieste, ore 18, Carla Pasquali, Prolungati momenti di felicità. Vertigo
Libreria Pacifico, via Alois 24 Caserta, ore 18, Ecco chi sei. Pio La Torre, nostro padre, San Paolo
Sabato 27
Libreria Feltrinelli, corso Trieste, ore 16:30, Domenico Bidognetti, Il sangue non si lava, ABEditore
Domenica 28
Libreria Feltrinelli, corso Trieste, Vittorio Russo, La porta degli esili sogni. Cairo

 

Le anteprime FestBook

Libreria Feltrinelli, Corso Trieste, ore 18.30, 13 maggio,
Marilena Lucente, DI UN ULISSE, DI UNA PENELOPE. Insieme all’autrice saranno presente anche Giulio Baffi, presidente dell’ANCT (Associazione nazionale critici di teatro) che cura la prefazione al libro, e Roberto Solofria, regista teatrale che metterà in scena il testo nella sua personale trascrizione, in scena dal 19 al 21 maggio 2017 al Teatro Civico 14 di Caserta. La presentazione sarà moderata dalla regista cinematografica Barbara Rossi Prudente.
il 24 maggio, alle 18.30, alla libreria pacifico
un dibattito filosofico musicale amoroso sul ludus mundi, il gioco del mondo, il più eversivo dei pensieri, tra Lucio Saviani e Aldo Masullo, con Nicola Magliuolo e Giancristiano Desiderio, un saluto del vescovo emerito di Caserta Raffaele Nogaro e la speciale partecipazione di Pasquale Panella, paroliere di fama internazionale, tra l’altro, di Lucio Battisti e Riccardo Cocciante


Promotori

FestBook è promosso da Università Luigi Vanvitelli, Ucsi Caserta, Società Dante Alighieri Caserta, insieme con il Comune di Caserta; le Scuole (Liceo Giannone, Liceo Manzoni, Istituto Mattei, Istituto Terra di Lavoro, Istituto Giordani, Istituto De Amicis-Leonardo da Vinci, Istituto Lorenzini, Fondazione Villaggio dei Ragazzi, Liceo Quercia di Marcianise, Ites Da Vinci di Santa Maria Capua Vetere e tante altre scuole con i loro docenti e allievi) e le librerie di Caserta (Feltrinelli, Guida, Giunti, Pacifico), l’Assostampa, la Pro Loco di Casertavecchia, la Cattedrale di Casertavecchia, il coasca, associazioni e movimenti e i gruppi teatrali della città (al momento Cts, Compagnia della città, Fabbrica Wojtyla, Mutamenti/Teatro Civico 14, La Mansarda/Teatro dell’Orco, Officina Teatro, Ali della mente; e gli artisti gabriele MiMinino, Tonia Cestari, Alex Ronca), e tanti altri (L’elenco è continuamente in aggiornamento).


Per informazioni

www.festbook.it 
ff/festbook 
twitter: festbookitaly 

Le Università incontrano il Museo Campano. Partono le lezioni brevi di archeologia, di arte, di letteratura e di storia dal 1 ottobre e per tutti i fine settimana del mese, tenute da docenti universitari, ricercatori, dottorandi per conoscere più a fondo i tesori di Palazzo Antignano e, attraverso di essi, la storia del territorio, dai tempi preistorici ad oggi. I principali atenei coinvolti nella manifestazione sono le Università Federico II, il Suor Orsola Benincasa di Napoli, l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, a cui si aggiungono l’Università “L’Orientale” di Napoli, l’Università del Salento, l’Università autonoma di Barcellona, l’Istituto Storico Italiano per il Medioevo di Roma, la Bibliotheca Hertziana Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte di Roma ed altre autorevoli istituzioni.

“L’Università Vanvitelli lavora come università del territorio su questo museo da 24 anni – spiega Rosanna Cioffi, docente universitaria e tra gli organizzatori dell’evento - con pubblicazione di studi e formazione degli studenti capuani e non sull'importanza di questo museo di respiro internazionale. Siamo lieti che anche altre università abbiano preso a cuore la salvaguardia di questo museo che conserva opere d'arte, libri antichi, carte d'archivio e preziosissime pergamene”.

Dopo la petizione "Salviamo il Museo Campano di Capua. Salviamo la nostra memoria", che ha raccolto finora circa 15.000 adesioni, l’iniziativa mira a far conoscere il patrimonio del Museo Campano e le sue collezioni, ancora troppo poco conosciuti al di fuori del territorio cittadino. Come didascalie parlanti, i relatori presenteranno un pezzo in esposizione, con riferimento alla sua personale esperienza di ricerca e all’importanza di quel reperto, illustrandone le origini e l’importanza storica e culturale. I temi approfonditi attraverseranno millenni di storia, fino ai giorni d’oggi, dalle tanagrine di terracotta alle ceramiche ellenistiche, dai materiali dell’anfiteatro campano ai manoscritti dell’archivio storico, dalle statue votive delle matres matutae alle antiche monete ed ai mosaici. La storia di Capua e di tutto il meridione d’Italia si intreccerà alla letteratura e all’arte di cui le preziose collezioni del museo sono una straordinaria testimonianza.

“L’evento, organizzato in collaborazione col Museo Campano e patrocinato dal Comune di Capua, si è reso possibile anche grazie ad una profonda sinergia con le realtà associative locali che hanno contribuito all’organizzazione e saranno presenti per tutto il periodo di svolgimento della manifestazione – ha continuato la docente - Promotrice dell’evento, insieme agli studiosi, l’Associazione culturale Capuanova, presente sul territorio dal 1984 e che per il museo sta portando avanti il progetto di valorizzazione e diffusione della conoscenza della collezione delle matres matutae “Adotta una Madre”.

 

La manifestazione avrà inizio domenica 1°ottobre. Ecco il calendario generale e il programma della prima giornata.

domenica 1° ottobre, inaugurazione, dalle 9:00 alle 13:00
sabato 7 ottobre e domenica 8 ottobre, dalle 9:00 alle 13:00
sabato 13 ottobre e domenica 14 ottobre, dalle 9:00 alle 13:00
sabato 21 ottobre e domenica 22 ottobre, dalle 9:00 alle 13:00
sabato 28 ottobre e domenica 29 ottobre, dalle 9:00 alle 13:00


Guarda il programma completo ed il calendario:

http://www.capuanova.it/adottaunamadre/le-universita-incontrano-museo-campano-capua/

https://www.facebook.com/Futuro-Museo-Campano-416653265356951/

In occasione della manifestazione, il costo ridotto del biglietto di ingresso al museo è €3. È gradita la prenotazione, in particolare per i gruppi, al numero 0823 961402 – 620076

 

 

Le Università incontrano il Museo Campano

Ideatori e organizzatori:
Giancarlo Alfano, Università Federico II di Napoli
Giovanna Farina, Tempo digitale web Agency – Ass.cult.Capuanova
Vittoria Fiorelli, Università Suor Orsola Benincasa di Napoli
Alessandra Perriccioli Saggese, Università della Campania Luigi Vanvitelli
Francesco Senatore, Università Federico II di Napoli
E con: Museo Campano di Capua

Lezioni di fiaba, nasce al Pan di Napoli il laboratorio di lettura per insegnare agli adulti come leggere le favole. L’originale proposta, ideata da Marina Tripodi, Presidente della Società Italiana di Foniatria e Logopedia e docente all’Università Vanvitelli, si chiama “Se puoi sognarlo puoi farlo” e nasce per liberare la creatività spontanea nei bambini, e prevede un vero e proprio “corso di studio” in cui si affronteranno temi centrati su diversi argomenti, come l'importanza delle favole nei bambini, quando iniziare a leggerle, quali storie da raccontare per gestire piccoli e grandi problemi quotidiani come un trasloco, l'arrivo di un fratellino, la separazione dei genitori, e così via. "Le fiabe - spiega la Tripodi - sono importanti perché trasmettono insegnamenti morali, indirizzando il bambino verso comportamenti giusti, come il concetto del buono e del cattivo. Contribuiscono, inoltre, sia allo sviluppo del linguaggio che all'arricchimento linguistico e anche alla nascita del pensiero narrativo". Sono aperte le iscrizioni per i prossimi incontri, che si terranno al Palazzo delle Arti di Napoli/Museo Pan in via dei Mille. Per info: 081261196 o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.