Una fotografia del cervello che mostra come l’emicrania arriva dagli occhi. Un’immagine che ha conquistato la copertina di febbraio della più importante rivista scientifica internazionale del settore, “Cephalalgia”. E’ lo studio di un gruppo di ricerca napoletano l’origine di queste immagini ottenute con la risonanza magnetica funzionale che, per dirla in termini scientifici, mostrano come due forme apparentemente simili di emicrania, ovvero l’emicrania senza aura e l’emicrania con aura, siano caratterizzate da un particolare funzionamento delle aree cerebrali visive.

“Il nostro studio - spiega Gioacchino Tedeschi, direttore della I Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliera della Seconda Università di Napoli (AOU-SUN) - conferma che l’aura emicranica è presente quanto vi è un’intensa attività dei neuroni, dapprima focalizzata nelle aree che controllano la visione e poi diffusa attraverso la corteccia cerebrale. Nel corso degli attacchi di emicrania con aura si verifica l’attivazione della corteccia visiva che resta attiva anche quando gli attacchi emicranici non sono presenti. Come una vera e propria “impronta”, quella che è stata appunto “fotografata”, che può distinguere i pazienti affetti da emicrania con aura rispetto ai pazienti con emicrania senza aura”.

Quella che i ricercatori chiamano “aura visiva”, può presentarsi come uno scintillio luminoso o al contrario come una macchia cieca nell’ambito del campo visivo ed accompagna, più frequentemente precede, un attacco emicranico.

“Purtroppo, molto frequentemente - prosegue Alessandro Tessitore, coordinatore della ricerca - i pazienti con episodi di emicrania con aura o ancor di più con “aura senza emicrania” sono costretti a peregrinare per diversi specialisti in attesa di una diagnosi corretta e di una conseguente terapia appropriata”.

I risultati di questo studio permettono di osservare più profondamente questo diffusissimo mal di testa, e quindi “può consentirci - prosegue Antonio Russo, coordinatore del Centro Cefalee dell’AOU-SUN a cui afferiscono ogni anno oltre 1200 pazienti – di gettare le basi per una più completa caratterizzazione dei pazienti emicranici non solo dal punto di vista della ricerca scientifica ma anche della gestione clinica e terapeutica”.

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