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Uno studio dell’Università Vanvitelli rivela i meccanismi che sottendono il fenomeno della sensibilità cutanea nei pazienti emicranici (allodinia) e si aggiudica il “Wolff Award”, il più importante premio internazionale nella ricerca nell’ambito delle cefalee, conferito per la prima volta ad un gruppo italiano dalla Società Americana delle Cefalee. Un riconoscimento ambitissimo da tutti i ricercatori nel campo delle cefalee che si aggiunge al premio europeo Greppi conferito nel 2019 allo stesso gruppo di ricerca diretto da  Gioacchino Tedeschi e formato da Antonio Russo, Alessandro Tessitore e Marcello Silvestro.

Lo studio del gruppo di neurologi del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Università Vanvitelli e del Centro Alti Studi di Risonanza Magnetica diretta dal professore Gioacchino Tedeschi, dimostra che questo sintomo può essere previsto anche con tre anni di anticipo. Infatti, prima ancora che si sviluppi l’allodinia, i pazienti emicranici mostrano nel loro cervello, se studiato con la risonanza magnetica funzionale (chiamata così perché ci permette di studiare non solo la “forma” del cervello ma anche il suo “funzionamento”) delle anomalie in alcuni circuiti cerebrali.

“L’allodinia, – ci spiega Tedeschi, professore ordinario della Vanvitelli e Presidente della Società Italiana di Neurologia– è quella sensazione di dolore che porta il paziente, nel corso dell’attacco di emicrania, ad avvertire dolore anche per stimoli innocui, come pettinarsi, indossare gli occhiali, gli orecchini o la cravatta, toccarsi il volto o tenere i capelli legati. Dal punto di vista clinico l’allodinia è un sintomo legato ad un decorso peggiore dell’emicrania. Infatti, i sintomi dell’emicrania non si limitano al dolore al capo ma comprendono un corteo di accompagnamento caratterizzato da nausea, vomito, fastidio per la luce, per i rumori e per gli odori e, appunto, l’allodinia. Quest’ultima, quando presente nei pazienti emicranici, è un elemento prognostico che ci informa su un peggiore andamento dell’emicrania che tenderà alla cronicizzazione”.

“Nello specifico – chiarisce Antonio Russo – professore associato e responsabile del Centro Cefalee – ciò avviene perché la corteccia del cervello emicranico interpreta “in maniera scorretta” gli stimoli non dolorosi applicati alla cute durante un attacco emicranico. Quanto detto si associa ad anomalie strutturali e funzionali di aree cerebrali deputate non solo alla percezione e modulazione dello stimolo doloroso ma anche nei circuiti deputati alla interpretazione dello stimolo doloroso stesso”. 


I dati dello studio sono stati presentati nella cerimonia di apertura del congresso internazionale della “International Headache Society” che si sarebbe dovuto tenere a San Diego, ma che, causa pandemia da Covid-19, si è tenuto nei giorni scorsi in modalità virtuale ed a cui hanno partecipato i principali esperti mondiali in tema di cefalee.


Per il momento, questo tipo analisi avanzate sono possibili solo in pochissimi centri – nei quali coesistono competenze sia nel campo dell’emicrania che dell’imaging avanzato – e quindi non è ancora possibile identificare su larga scala i pazienti destinati ad un peggiore andamento della loro emicrania con diversi anni di anticipo, ma l’identificazione di una alterazione dei circuiti cerebrali che sottende alla cronicizzazione del dolore, ha una enorme importanza per la comprensione dei meccanismi intrinseci del dolore. E questo potrebbe riguardare anche altri tipi di dolore oltre a quello dell’emicrania.

L’emicrania è il mal di testa disabilitante più frequente nella popolazione generale. In Europa ne soffrono circa 136 milioni, di cui 6 milioni solo in Italia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha considerato l’emicrania come la patologia più invalidante nella popolazione al di sotto dei 50 anni in quanto responsabile del maggior numero di anni persi a causa della malattia.

L’Azienda Ospedaliera Universitaria dell’Ateneo Vanvitelli ha iniziato, così come programmato, a ricoverare pazienti COVID-19 per fare fronte all’emergenza epidemiologica e per garantire in modo ottimale la risposta clinico assistenziale. Ciò è stato reso possibile grazie alla riorganizzazione di un intero padiglione del Complesso di Cappella Cangiani principalmente a supporto dell’Ospedale Cotugno. La struttura di Malattie Infettive è stata riorganizzata e potenziata per arrivare a complessivi 25 posti letto completamente dedicati a pazienti COVID-19 e tutte le strutture aziendali sono state coinvolte in uno sforzo corale che ha permesso questo assetto, comunque aperto a modifiche in considerazione dell’evoluzione dell’attuale scenario epidemiologico ed in relazione al perdurare dello stato di emergenza.

Nella struttura è stato costituito un team multidisciplinare per la gestione dei pazienti COVID-19, coordinato dai medici specializzati in malattie infettive, composto da pneumologi, internisti, cardiologi, radiologi, anestesisti e rianimatori oltre che da personale infermieristico e socio-sanitario. 

L’attivazione dei posti letto è stata assunta dalla Direzione Generale in pieno accordo con l’Ateneo e con il Team di Governo Posti Letto della Regione Campania.

“Il ruolo sinergico della Azienda Ospedaliera Vanvitelli insieme al Cotugno – ha detto Maurizio Di Mauro del  Team di Governo Posti letto della Regione Campania - attualmente entrambe sotto la mia direzione, è un elemento estremamente importante nel panorama assistenziale del Sistema Sanitario Regionale perchè dimostra ancora una volta , anche in questo momento di grave emergenza e bisogno,  che la collaborazione di due entità assistenziali apparentemente diverse può trasformarsi in un meccanismo di reciproco potenziamento con grandi vantaggi per tutto il Sistema sanitario Regionale ma prima di tutto per i pazienti. E’ auspicabile che questo modello sia seguito anche da altre realtà assistenziali campane.“ 

Una ricerca della Vanvitelli apre nuove prospettive terapeutiche

Lo scompenso glicemico responsabile di complicanze nei pazienti anziani affetti da COVID-19. Una ricerca campana evidenzia gli effetti del controllo glicemico precoce sull’evoluzione della malattia COVID-19 e apre nuove prospettive terapeutiche indirizzate a ridurne la mortalità.

Lo studio, pubblicato su Diabetes Care, è frutto di un'analisi su 59 pazienti ricoverati presso i reparti di Malattie Infettive dell’ospedale Sant’Anna di Caserta e dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Il gruppo di ricerca composto da internisti, infettivologi, e biologi, e coordinato da Raffaele Marfella, professore ordinario di Medicina Interna all’Università Vanvitelli, ha evidenziato che valori elevati di glicemia, superiori a 140 mg/dl al momento del ricovero in ospedale, si associavano ad aumentato rischio di mortalità.

E’ ormai noto che i pazienti più anziani e con altre patologie presentano un maggior rischio di sviluppare forme severe di COVID-19 e una maggiore mortalità. Il sovrapporsi della pandemia di COVID-19 alla pandemia di diabete ha fatto sì che il diabete tipo 2 fosse una delle patologie più frequenti: è del resto ampiamente documentata l’associazione fra diabete e rischio di mortalità nei pazienti con COVID-19. Meno chiaro era invece l’impatto del controllo glicemico sull’intensità del trattamento richiesto e sulla mortalità nei pazienti con COVID-19.

La ricerca ha evidenziato che il sangue dei pazienti iperglicemici presentavano alti livelli di infiammazione e di fattori che favorivano la coagulazione. Da qui l’ipotesi che lo scompenso glicemico possa peggiorare la malattia COVID-19 provocando gravi alterazioni dell’apparato respiratorio e cardiovascolare.

“Abbiamo osservato – spiega Marfella - che la normalizzazione precoce della glicemia, mediante insulina, si associa ad una riduzione dell’infiammazione, della coagulazione della mortalità. Quindi una maggiore attenzione ai livelli glicemia potrebbe migliorare in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti affetti da COVID-19. Ecco perché questi risultati oltre ad aver indicato la modalità con cui il diabete peggiora la malattia COVID-19, aprono nuove prospettive terapeutiche indirizzate a ridurre la mortalità”.

Venticinque posti letto dedicati ai pazienti COVID-19

L’Azienda Ospedaliera Universitaria dell’Ateneo Vanvitelli destina un intero padiglione per la assistenza ai pazienti COVID-19 a supporto all’Ospedale Cotugno.

Venticinque posti letto completamente dedicati, con medici e personale sanitario specializzato, saranno disponibili già da martedì nel Padiglione 3 del Complesso di Cappella Cangiani dove fino a sabato svolgevano l’attività le strutture di Gastroenterologia, Reumatologia e Malattie infettive.

“I posti letto del padiglione saranno tutti messi a disposizione per garantire l’assistenza ai pazienti COVID-19 – spiega Italo Angelillo Coordinatore dell’Unità di Crisi COVID-19 per la Vanvitelli – per sostenere il Cotugno che, come è a tutti noto, sta combattendo in prima linea questa emergenza. In questo padiglione, coordinati dall’azione dei medici specializzati in malattie infettive, lavoreranno rianimatori, pneumologi e internisti, oltre al nostro personale infermieristico e socio-sanitario. Desidero ringraziare tutti coloro che stanno lavorando e continueranno a farlo: dai vertici dell’Azienda e dell’Ateneo, ma soprattutto ai medici, agli infermieri e agli operatori sanitari il cui contributo è fondamentale per contrastare l’emergenza".

Questa decisione è stata presa insieme al Team di Governo Posti letto della Regione Campania, composto da Maurizio di Mauro, Antonio Postiglione e Giuseppe Galano, che sta sovrintendendo alla gestione dell’emergenza ospedaliera.

Leggi anche Pazienti COVID-19 al Policlinico della Vanvitelli, un team multidisciplinare per 25 posti letto

Tumori del cuore, oggi sappiamo come nascono. Sarebbe infatti una cellula staminale tumorale la responsabile dell’origine di uno dei tumori primitivi del cuore, il mixoma atriale. Ad effettuare la scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica ‘European Heart Journal’(https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehaa156), i ricercatori dell’Università Vanvitelli insieme all’Università Magna Graecia di Catanzaro e ad un team di esperti.

“I tumori primitivi del cuore sono patologie molto rare, la cui stragrande maggioranza è rappresentata dai mixomi cardiaci - ha detto il professor Michele Torella, nel team di ricerca della Vanvitelli. - Il mixoma atriale è tipicamente considerato una neoplasia benigna in senso convenzionale, per il suo basso grado di invasività locale e l’assenza di metastasi.”
Un tumore benigno, quindi, non esente tuttavia da rischi clinici per i pazienti. “In virtù della loro posizione anatomica, i mixomi atriali possono produrre diversi quadri clinici - continua il docente - tra i quali rientrano lo scompenso cardiaco per disfunzione valvolare acuta e l’embolizzazione distale a carico del cervello o di altri organi”.

Molte le menti al lavoro su questa scoperta. La ricerca ha visto infatti una attiva collaborazione tra il gruppo di ricerca della Cardiochirurgia della Vanvitelli diretta dalla professoressa Marisa De Feo con il team della Cardiologia del professor  Daniele Torella, ordinario di Cardiologia dell'Università Magna Graecia di Catanzaro. Hanno collaborato al lavoro i docenti Antonella De Angelis e Liberato Berrino della Vanvitelli, Alessandro Weisz, docente all’Università di Salerno, e gli scienziati internazionali Bernardo Nadal-Ginard di Boston (USA) e Georgina M. Ellison-Hughes del King’s College di Londra.

Nel corso della ricerca sono stati analizzati 26 mixomi umani, identificando e isolando delle cellule con caratteristiche di vere cellule staminali tumorali capaci di riformare il mixoma cardiaco.

Sapere oggi come nascono aiuterà la ricerca ad individuare precocemente eventuali rare recidive della malattia. Non solo. Comprendere l’origine dei mixomi atriali potrà favorire gli studi nello sviluppo di una adeguata terapia farmacologica che impedisca la trasformazione del mixoma.

 “Queste sono le ipotesi che stiamo testando al momento. Certo abbiamo bisogno di ulteriori studi prima di arrivare alla pratica clinica, ma continuiamo a lavorare e collaborare con altre realtà anche in tempi così difficili, tenendo sempre ben a mente l’ imprescindibile mission accademica medica di formazione, assistenza, ricerca e sviluppo dell’Università ” – conclude il professore Torella.

Allarme Coronavirus anche in Italia leggi Nuovo Coronavirus. Indicazioni e comportamenti da seguire

 

 

Intervista a Nicola Coppola, professore ordinario di Malattie infettive del Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva dell’Ateneo Vanvitelli, del 31 gennaio 2020

Cos'è il coronavirus? Come si è sviluppata questa nuova forma?
Il coronavirus è un virus appartenente alla famiglia dei Nidovirales generalmente causa di infezioni delle vie aeree superiori come il comune raffreddore. Dei coronavirus si conoscono quattro generi a cui afferiscono varie specie che provocano infezioni nei mammiferi ed uccelli. A volte alcune specie di coronavirus, ma anche altre specie di virus ad RNA, possono effettuare il così detto salto di specie (spill over). Infatti lo sviluppo di mutazioni e/o ricombinazioni geniche comporta l’acquisizione da parte del virus di meccanismi patogenetici capaci di infettare specie prima non infettabili. La “nascita” di questo nuovo virus determina l’insorgenza di una nuova epidemia essendo tutta la popolazione della specie sensibile all’infezione.

La virulenza: da cosa è partito? Perchè proprio a Wuhan?
Dobbiamo prendere come punto di riferimento le precedenti epidemie di coronavirus, SARS nel 2020 e MERS nel 2012, durante le quali è avvenuto un salto di specie che ha messo il virus nelle condizioni di infettare l’uomo. Nel caso della SARS il virus da un pipistrello è passato ad una civetta delle palme mascherata e ad cane procione per poi determinarsi nell’uomo.
Si presume, quindi, che nel mercato di Wuhan si sia verificato un simile meccanismo di spill over anche se mancano certezze sulle dinamiche.

Come si diffonde?
Il virus si diffonde attraverso i droplets o goccioline, cioè attraverso starnuti, saliva e tosse di un paziente infetto e penetra nelle mucose esposte (bocca, naso, congiuntiva) direttamente o indirettamente contaminando oggetti e le mani.
Pertanto per prevenire bisogna, al momento:
. evitare la diffusione dei droplets di pazienti infetti munendosi di una mascherina;
. non usare mascherine ed occhiali dei soggetti contagiati;
. lavarsi frequentemente le mani per sfuggire alla contaminazione da oggetti.

Qual è il rischio che possa diffondersi nel mondo e soprattutto in Italia?
Tenuto conto del facile collegamento aereo tra continenti e del possibile contagio da soggetti asintomatici, il rischio di diffusione dell’infezione a livello globale è presente. Notizia di queste ore è la conferma di due casi anche in Italia, a Roma: due turisti cinesi infetti. Le autorità sanitarie hanno adottato misure preventive in grado di contenere, per il momento, l’infezione. Ovviamente questo non ci deve indurre a desistere dalla situazione di allerta che deve continuare ad essere alta.

Quali sono i sintomi? Quanto può essere pericoloso?
L’attuale infezione da coronavirus (2019-nCoV) si manifesta come una sindrome influenzale e prevede:
- febbre;
- tosse;
- mialgia;
- mal di gola;
- raffreddore.
I sintomi respiratori possono peggiorare per interessamento polmonare di varia gravitá, che puó comportare necessitá di cure di tipo intensivistico-rianimatorio. I casi di infezione polmonare grave sono più probabili nei pazienti anziani e/o con comorbidità.

Differenze con i virus passati
Dai report si possono evidenziare similitudini e differenze con i virus passati. I sintomi sembrerebbero simili con interessamento delle vie respiratorie superiori ed inferiori, ma con una mortalitá ed una severitá più moderata rispetto alle precedenti epidemie. Attualmente la mortalitá, dagli ultimi dati dell’OMS, è del 2.2% (170 decessi/7818 infetti al 30/1/2020), sicuramente inferiore a quella registrata nelle precedenti due epidemie (circa 9% per la SARS e circa 30% per la MERS). Per quanto riguarda il tasso di infezione, sembrerebbe al momento piú simile alla SARS che alla MERS.

Il vaccino: come procede la ricerca?
Grazie alle conoscenze sulla SARS è stato possibile un pronto sequenziamento del genoma del virus, passo fondamentale per la messa a punto del vaccino. Molte sono le organizzazioni che al momento sono impegnate nelle ricerche. Sicuramente la comunità scientifica è quella più avvantaggiata avendo già informazioni sulle epidemie passate.

Possibili terapie?
Al momento non ci sono terapie che agiscono direttamente sul virus, inibendone la replicazione ed il danno cellulare provocato. La terapia è confinata a terapie sintomatiche (anti-piretici) e al supporto delle condizioni vitali nei vari stadi patologici, compreso il managment intensivistico-rianimatorio nei casi più gravi. Nuove terapie eziologiche contro i coronavirus sono in fase precoce di studio.

Allarme o psicosi: è possibile davvero propagare il virus mediante spedizioni internazionali?
No, anche se il virus può contaminare con i droplets gli oggetti, ha una capacità di resistenza nell’ambiente estremamente ridotta (meno di 1 ora), rendendo impossibile tale meccanismo di trasmissione.

 

L'Università Vanvitelli segue l’evoluzione dell’epidemia tramite i canali ufficiali del Ministero della Salute

 

Nota Ministero della Salute
- Indicazioni per la gestione degli studenti e dei docenti di ritorno o in partenza verso aree affette della Cina

 

Nota informativa sul Coronavirus inviata dalla CRUI
- versione in italiano
- versione in inglese

 

L'Università Vanvitelli partecipa alla diffusione di "Libera puoi", la campagna promossa dal Dipartimento per le Pari opportunità a sostegno delle donne vittime di violenza durante l'emergenza causata dall'epidemia da Covid-19.

centri antiviolenza sono sempre operativi: è possibile chiamare il numero verde 1522, gratuito e attivo 24 ore su 24, oppure scaricare l'app "1522" sul proprio smartphone per chattare con le operatrici e chiedere aiuto e sostegno.

L’iniziativa, promossa dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, coinvolge anche diversi artisti, i quali hanno contribuito alla diffusione dell’importante messaggio attraverso la realizzazione di uno spot con il contributo di diversi artisti: Caterina Caselli, Paola Cortellesi, Marco D’Amore, Anna Foglietta, Fiorella Mannoia, Emma Marrone, Vittoria Puccini, Giuliano Sangiorgi, Paola Turci.

"I Farmaci non sono caramelle!"

Un uso inappropriato dei farmaci può rendere la terapia inefficace e può sviluppare effetti avversi.

L'Ateneo Vanvitelli informa sui rischi che comporta l'uso inappropriato dei farmaci nel trattamento dello scompenso cardiaco, del diabete e in generale nel paziente anziano con comorbidità.
Nello specifico sono oggetto della campagna: 
Il rischio di interazione tra farmaci e tra farmaco e patologia nel trattamento dello scompenso cardiaco e del diabete nel paziente anziano.
La Polifarmacoterapia nel paziente anziano con comorbidità: come ottimizzare la terapia e prevenire le reazioni avverse da farmaci

Per saperne di più, scarica l'opuscolo informativo


Partecipa all'evento che si terrà in Piazza degli Artisti il 13 e 14 dicembre dalle 9.00 alle 18.00

Diabete

Farmaci

Problemi cardiovascolari

 

Rosso, Giallo-arancio, Verde, Bianco, Blu-viola: questi sono i colori della frutta e della verdura, alimenti essenziali, poco calorici e ben presenti nella Sana Dieta Italiana. Il colore indica la presenza di differenti sostanze salutari con forte potere antiossidante: i Colori del Benessere.

Semplificando, Rosso: licopene; Giallo-arancio: carotene; Verde: clorofilla; Bianco: polifenoli, Blu-viola: antocianine. Una sana abitudine nutrizionale prevede 5 porzioni al giorno di verdura e frutta, ognuna di un diverso colore. Il peso di ogni porzione si aggira tra i 200 e 250 grammi. Talvolta, 2 porzioni di frutta e verdura possono costituire un pasto leggero per compensare l’eccesso calorico di pasti troppo abbondanti. La presenza di fibra ed acqua rendono la frutta e la verdura alimenti con alto potere saziante e con scarso apporto calorico, caratteristiche eccellenti per poter prevenire e combattere l’epidemia di obesità che affligge il mondo industrializzato.

La Sana Alimentazione Italiana, come stile di vita non solo come comportamento alimentare, rappresenta un modello culturale di immenso valore da esportare nel mondo intero. La varietà dei colori soddisfa anche l’occhio (che vuole la sua parte!), in una visione edonistica della Buona Tavola: le pietanze devono essere salutari, ma anche belle e specialmente gustose. Se così non fosse, potremmo nutrirci come gli astronauti: cibi bilanciati, ma …. che tristezza! 

D’altronde un’alimentazione con molta frutta e verdura e con quantità giuste di olio extravergine d’oliva (attenzione all’alto potere calorico!) può “mettere di buonumore”, riducendo non solo il peso corporeo, ma anche il grado di infiammazione cronica, molto dannosa nel lungo periodo, come dimostrato da una miriade di studi, compresi quelli condotti nei laboratori del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.


Ed allora verdura e frutta a tutta forza, incamminandosi virtualmente (RESTIAMO A CASA!!!) lungo il Sentiero del Benessere.

 

Marcellino Monda, docente di Fisiologia dell'Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli.

Una tecnica innovativa di cura per bambini ipovedenti dalla nascita. Un intervento eseguito su due piccoli pazienti nella Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli restituisce la speranza ai piccoli affetti da cecità congenita.
La tecnica e i risultati ottenuti, unici in Italia, saranno presentati da Francesca Simonelli, Direttrice della Clinica Oculistica dell’Ateneo Vanvitelli, il prossimo 16 dicembre, alle ore 11.30, nell’aula Giacinto Auricchio dell’Edificio 15, V piano, Policlinico di via Cappella Cangiani, Napoli.

Parteciperanno alla conferenza, moderati dal giornalista e conduttore Rai Daniel Della Seta:
• Giuseppe Paolisso - Rettore dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
• Antonio Giordano- Direttore Generale AOU Luigi Vanvitelli
• Francesca Simonelli – Direttrice della Clinica Oculistica dell'Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
• Maria Vittoria Montemurro - Direttore Sanitario AOU Luigi Vanvitelli
• Giuseppe Limongelli - Direttore Centro Coordinamento Malattie Rare Regione Campania
• Alberto Auricchio - Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem)
• Michele Della Corte – Responsabile Chirurgia vitreoretinica AOU Luigi Vanvitelli
• Rosa Annibale - Responsabile Farmacia AOU Luigi Vanvitelli
• Assia Andrau – Presidente Retina Italia Onlus Associazione pazienti con distrofie retiniche
• Fulvio Luccini - Patient Access Head Novartis

 

Economici, sociali, organizzativi, climatici. Tantissimi sono gli effetti della pandemia da covid19, nessuno di questi trascurabili, tutti visibili, e tutti all'attenzione del Governo e delle istituzioni. Ma restano ancora da valutare, invece, gli effetti della quarantena sulla salute mentale della popolazione.

Per trovare risposte a questa necessità, l'Università Vanvitelli, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e altre 9 Università italiane (Ancona, Ferrara, Milano Bicocca, Milano Statale, Perugia, Pisa, La Cattolica e La Sapienza di Roma, Trieste) hanno dato vita ad un progetto di ricerca che indaga gli effetti della pandemia da Covid-19 sulla salute mentale della popolazione italiana. Obiettivo, mettere a punto adeguati interventi di assistenza e cura.

"L’isolamento sociale, la solitudine, la paura dell’infezione e di non riuscire a provvedere ai beni primari rappresentano importanti fattori di rischio per lo sviluppo di malattie psichiatriche - ha detto Andrea Fiorillo, ordinario di Psichiatria e Presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale -. Identificare le strategie più adeguate per tutelare la nostra salute mentale è davvero importante, e possiamo farlo insieme, attraverso un semplice questionario da compilare, anonimo e veloce" - conclude il docente.

Make and share! Compila il questionario e condividi il più possibile! https://ec.europa.eu/eusurvey/runner/COVIDSurvey2020

 

Big data in sanità, alla Vanvitelli una banca dati gigantesca potrà prevenire i tumori. Si chiama Synergy-net ed è un archivio informatico di grandissime proporzioni che consentirà di analizzare dati relativi ai più disparati casi di malattie oncologiche e confrontarle tra loro, grazie alla sinergia tra intelligenza umana ed intelligenza artificiale.
Il progetto sarà presentato Giovedì 12 dicembre 2019 ore 10.00 all’Università Vanvitelli, nella Sala degli Affreschi il Complesso di S. Andrea delle Dame Via Luigi De Crecchio.
“L’informatizzazione dei dati dei malati affetti dalle principali patologie tumorali può consentire l’utilizzo guidato di un notevole bagaglio di informazioni, i cosiddetti Big data” afferma il Prof. Docimo “Si tratta di giganteschi serbatoi dai quali attingere informazioni e soprattutto con i quali analizzare denominatori comuni, sospetti e poi eventualmente confermati, in un contesto apparentemente eterogeneo (immagini diagnostico-terapeutiche e dati puri)”.
Scienza e statistica insieme, dunque, per sperimentare diversi percorsi finalizzati ad “anticipare” le malattie oncologiche. “L’estrazione dei dati” prosegue il Prof. Docimo “può migliorare anche in campo oncologico le strategie diagnostiche e decisionali; ma per raggiungere tale obiettivo occorre la più alta competenza nell’individuare e analizzare le informazioni potenzialmente utili da acquisire, senza trascurare le basi delle conoscenze mediche e la guida dell’indispensabile intuito clinico. Attraverso questo articolato percorso si potrà arrivare alla tanto attesa sanità preventiva, predittiva e pro-attiva”. In campo oncologico la prevenzione primaria evita l’insorgere della malattia, la prevenzione interrompe l’evoluzione verso forme più importanti, mentre la prevenzione terziaria previene la comparsa di recidive.
“Pensiamo sia possibile” conclude il prof. Docimo “sperimentare l’utilizzo di questi percorsi anche per poter anticipare le malattie oncologiche, attraverso la costruzione di una rete sinergica per i tumori più diffusi in Campania, i cosiddetti top killer di cute, polmoni, mammella, tiroide, prostata, colon-retto e stomaco, aprendo la strada a sistemi esperti in grado di riprodurre artificialmente e rapidamente le deduzioni che uno specialista di un determinato settore otterrebbe in un tempo notevolmente maggiore.
La particolarità del nostro studio si basa anche sull’originale opportunità di studiare le variabili durante il percorso di diagnosi e cura, in modo da validare oltre all’andamento clinico anche singoli accertamenti e specifiche caratteristiche degli strumenti utilizzati”. L’auspicio è che sarà presto possibile interpretare aspetti determinanti delle principali malattie tumorali che affliggono la nostra regione, individuando profiling clinici e genetici dei soggetti a rischio oncologico, che oggi preoccupano maggiormente la popolazione e chi ha il compito di governarne, validarne e monitorarne efficaci indirizzi dei percorsi diagnostico-terapeutici.

All’evento parteciperà Vincenzo De Luca, Presidente Regione Campania.

Locandina