Premio “Migliore Giovane Ricercatore italiano under 40” - nell'ambito del 76° Congresso Nazionale della Società Italiana di Anatomia e Istologia (SIAI), per Giovanni Cirillo, Ricercatore RTD-B e docente di Anatomia Umana nel Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. 

La commissione giudicatrice della SIAI presieduta dal prof. Lucio Cocco, Presidente della SIAI e Ordinario presso l’Università di Bologna, ha premiato il ricercatore napoletano/vesuviano, afferente al gruppo di ricerca dell’Ateneo Vanvitelliano “Laboratorio di Morfologia delle reti neuronali e dei sistemi biologici complessi, coordinato dal prof. Michele Papa, per l’eccellenza dei risultati ottenuti nella ricerca scientifica in campo
morfologico e per la qualità dell’attività scientifica nel campo delle Neuroscienze.

miraglia del giudiceIl Prof. Michele Miraglia del Giudice è il nuovo presidente della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP). È stato eletto durante il XXIV Congresso Nazionale a NAPOLI.  

Professore di pediatria presso l’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e membro del Senato Accademico, ha contribuito attivamente negli ultimi anni alla crescita della SIAIP. La SIAIP è società affiliata alla Società Italiana di Pediatria, ha circa 1500 iscritti e ha lo scopo di diffondere la cultura allergologica e immunologica attraverso attività di formazione permanente e aggiornamento dei Medici e degli Operatori Sanitari che operano nell’ambito della salute dell’infanzia. 

www.siaip.it 

Presentazione dell’innovativa strumentazione alle ore 10 nella sede del Rettorato di Caserta

Una radioterapia, la BNCT – Boron Neutron Capture Therapy –, in grado di colpire solo le cellule malate risparmiando quelle sane, riducendo così le complicanze legate a questo tipo di terapia.  La BNCT sarà presentata il prossimo 14 settembre, nella sede del Rettorato di Caserta in viale Ellittico 31, dalle ore 10,  nell’ambito del progetto di ricerca Anthem  a valere sui Fondi complementari al PNRR e che ha come capofila l’Università di Milano Bicocca con la collaborazione dell’Università Vanvitelli e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Interverranno il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, e il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca.

Un progetto che si struttura su 4 assi/obiettivi:

- Nuove tecnologie per migliorare l’assistenza sanitaria;

- Incremento della Telemedicina;

- Ricerca finalizzata al miglioramento delle terapie;

- Aggiornamento del parco tecnologico per la ricerca di base in campo oncologico.

E’ proprio su questo ultimo obiettivo che sarà realizzato entro un massimo di 4 anni il nuovo e rivoluzionario sistema di radioterapia BNCT che utilizza il Boro come sorgente di neutroni che permette di colpire solo le cellule neoplastiche risparmiando le cellule sane, rendendo molto più efficace, ma soprattutto più sicura, la radioterapia nel paziente oncologico e in particolare nel paziente oncologico anziano e fragile.

Sarà il primo macchinario del genere in tutto il Centro Sud Italia, il secondo in tutta Italia.

Nel Progetto, in particolare, l’INFN ha come obiettivo quello della costruzione della BNCT, mentre l’Ateneo Vanvitelli è impegnato per l’allestimento degli  spazi necessari per l’installazione: circa 2000 mq nei quali sono previste aree dedicate alla ricerca e ad attività cliniche per i ricercatori della Vanvitelli, idonei al contenimento e al funzionamento di tale strumento terapeutico di avanguardia mondiale. Strumento che farà della Regione Campania un centro di riferimento Europeo per la terapia oncologica.

“La realizzazione di questo progetto – ha commentato il Rettore dell’Università Vanvitelli, Gianfranco Nicoletti – farà della Regione Campania, e dunque del nostro Ateneo, un centro di riferimento Europeo per la terapia oncologica. Grazie ai fondi complementari al PNRR e alla sinergia con l’Università Bicocca e l’INFN, tanti ricercatori potranno lavorare con queste rivoluzionarie strumentazioni e sia la ricerca che le terapie cliniche beneficeranno di un parco tecnologico di così elevato livello. Sarà una punta di diamante in un’Università che già vanta diversi primati in campo oncologico e più in generale in quello della ricerca scientifica internazionale”.

“Il progetto Anthem, che nasce anche per abbattere le differenze tra i sistemi sanitari regionali – ha sottolineato la Rettrice dell’Università di Milano-Bicocca, Giovanna Iannantuoni –, intende promuovere un'innovazione non solo scientifica ma anche politica e sociale, nella logica della migliore valorizzazione possibile dei fondi del Piano Complementare. Riunendo eccellenze italiane sia pubbliche sia private su tutto il territorio nazionale, il consorzio Anthem si pone l’obiettivo di migliorare la salute e la qualità della vita delle persone e dei pazienti fragili, grazie a soluzioni di tecnologia avanzata, protocolli di monitoraggio a distanza e trattamenti di medicina personalizzata”. 

Un acceleratore per la radioterapia BNCT – Boron Neutron Capture Therapy – in grado di colpire solo le cellule malate. Il progetto di ricerca Anthem a valere sui Fondi PNRR, che ha come capofila l’Università di Bicocca e che vede la collaborazione dell’Università Vanvitelli e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è stato selezionato nei 4 progetti nazionali che sono ammessi alla fase 2 che prevede la sola negoziazione economica.

Sarà così possibile realizzare entro un massimo di 2 anni il nuovo e rivoluzionario acceleratore lineare BNCT che utilizza il Boro come sorgente di neutroni che permette di colpire solo le cellule neoplastiche risparmiando le cellule sane, rendendo molto più efficace, ma soprattutto più sicura, la radioterapia nel paziente oncologico e in particolare nel paziente oncologico anziano e fragile.

Questo importante macchinario consentirà alla Regione Campania un riconoscimento quale Centro di Eccellenza e di Ricerca internazionale per la Radioterapia delle malattie oncologiche. Sarebbe il primo macchinario del genere in tutto il Centro Sud Italia, il secondo in tutta Italia.
La Vanvitelli ha già pronti gli spazi per l’installazione e la costruzione di un bunker di circa 450 mq, Idoneo al contenimento e al funzionamento di tale strumento terapeutico di avanguardia.
“Grazie al convinto e solido appoggio anche della Regione Campania e del Presidente De Luca – ha detto il Rettore dell’Università Vanvitelli, Gianfranco Nicoletti – che fin dall’inizio ha creduto e supportato la nostra partecipazione il nostro Ateneo si conferma quale riferimento di eccellenza per questo tipo di terapie oncologiche”.

 

 Premio AIRCMO 2023 alla ricerca “Safety and Efficacy og Gene Transfer for Leber’s Congenital Amaurosis“ pubblicata su The New England Journal of Medicine e diretta da Francesca Simonelli, professore ordinario di Malattie dell'apparato Visivo dell'Ateneo Vanvitelli e responsabile dell'UOC di Oculistica. 

Il premio AIRCMO è assegnato a un'equipe di ricercatori che si sia particolarmente distinta nell'ambito specifico di studio applicativo. Nell’ambito delle iniziative volte a favorire la ricerca scientifica e medica, l’Associazione istituisce un premio biennale, da assegnare a un’equipe di ricercatori che si sia particolarmente distinta nell’ambito specifico di studio applicativo; finanzia inoltre centri di ricerca e favorisce la costituzione di comitati scientifici ad hoc. 

La valutazione scientifica e l’impatto “sociale/operativo” sono i cardini su cui ruota e vive la scelta delle ricerche destinate ad essere selezionate per il Premio AIRCMO.
Una giuria composta da affermati professionisti in ambito medico-scientifico, in forma completamente anonima, opera la scelta della ricerca migliore basandosi su una precedente selezione effettuata da consulenti scientifici. Solo dopo questa delicata e approfondita selezione viene individuata la ricerca da premiare

La proteina SGLT2 è presente nelle cellule cardiache e aumenta nei pazienti diabetici. Responsabile dell’inefficienza energetica del cuore, questa proteina facilita lo sviluppo dello scompenso cardiaco. Questo il risultato di una ricerca congiunta condotta da Raffaele Marfella dell’Università Vanvitelli e da Ciro Maiello dell’Azienda Ospedaliera Monaldi, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Pharmacological Research.
Una ricerca effettuata sia su biopsie cardiache di 67 pazienti sottoposti a trapianto di cuore, che in culture cellulari di cardiomiociti umanizzati, ha dimostrato la presenza di SGLT2 aprendo quindi nuovi scenari per l’efficacia delle terapie.

“Recentemente – spiega Raffaele Marfella docente dell’Ateneo Vanvitelli - numerosi trials farmacologici avevano dimostrato che gli inibitori di questa proteina (glifozine), oltre a migliore il compenso metabolico nei diabetici, erano in grado di migliorare le performance cardiache riducendo il rischio di scompenso cardiaco nei pazienti con e senza diabete, ma non era chiaro come questi farmaci agissero a livello cardiaco. Oggi invece abbiamo un quadro più chiaro”.

Lo studio, infatti, dimostra non solo la presenza della proteina SGLT2 nelle cellule del cuore, la cui concentrazione è peraltro accentuata dall’iperglicemia, ma anche che la capacità di aumentare l’utilizzo del glucosio ma non quello dei lipidi nelle cellule cardiache è da considerarsi un meccanismo che riduce l’efficienza energetica e quindi la capacità di contrazione di tali cellule.

“L’importanza di questa ricerca - conclude Giuseppe Paolisso, docente della Vanvitelli e coordinatore dello studio - permette di capire come le glifozine siano efficaci nella terapia dello scompenso cardiaco nei pazienti non diabetici e diabetici, ma soprattutto di individuare per la prima volta nell’uomo un meccanismo farmacologico specifico cardiaco oltre a quelli extra-cardiaci fina ad ora conosciuti”.

 

È stato presentato il 20 aprile presso l’Università di Milano-Bicocca l’Hub delle Tecnologie avanzate per la Medicina. 

La collaborazione che coinvolge 23 enti, tra cui l'Ateneo Vanvitelli, e di cui è ente promotore l’Università Milano - Bicocca, porta il nome di ANTHEM (AdvaNced Technologies for HumancentrEd Medicine) e permetterà di realizzare dispositivi e strumenti digitali per la raccolta dati a supporto di soluzioni di medicina di prossimità, sviluppare strumenti di monitoraggio e valutazione dei fattori ambientali, di stile di vita e patologici nelle popolazioni fragili e croniche e implementare metodologie di terapia oncologica per quei tumori che non possono essere trattati con approcci convenzionali,.

Colmare, con l’ausilio di tecnologie e percorsi multidisciplinari e innovativi, il divario esistente nell’assistenza sanitaria dei pazienti fragili e cronici all’interno di specifici territori caratterizzati da patologie orfane di terapie specifiche. È questo l’obiettivo principale che il progetto si prefigge di raggiungere nei prossimi quattro anni grazie alla partnership con 9 università, enti di ricerca e di assistenza sanitaria pubblici e privati e a un investimento complessivo di oltre 123 milioni di euro, finanziato dal Piano complementare al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

L’investimento andrà a finanziare attività di ricerca e di trasferimento tecnologico e di conoscenze, in ambito sanitario e assistenziale. In tutto verranno coinvolti, intorno a 28 progetti, oltre 200 ricercatori appartenenti a 10 tra Università ed Enti di ricerca, 8 tra Strutture sanitarie, sociosanitarie e di ricerca medica e 5 tra Imprese ed Enti privati. È previsto un reclutamento di 80 tra ricercatori e tecnologi e di 65 dottori di ricerca.

Le attività progettuali saranno coordinate, gestite e monitorate dalla Fondazione Anthem, con sede a Milano. ANTHEM opererà in profonda sinergia con l’ecosistema economico e industriale, le amministrazioni locali e la società civile in ambito di innovazione sanitaria e assistenziale sia a livello locale sia a livello nazionale. Gli ambiti di intervento del progetto sono quattro, ognuno coordinato da un ateneo: tecnologie e gestione di dati per la diagnostica e la cura (Università di Bergamo); ambienti smart e sensori innovativi per la medicina di prossimità (Università di Milano-Bicocca); ricerca di fattori di rischio e strumenti per il monitoraggio dei pazienti cronici (Politecnico di Milano); soluzioni terapeutiche innovative per patologie orfane (Università di Catania).

Il progetto agirà su contesti territoriali e sistemi sanitari specifici e rappresentativi della diversità del Paese in termini di organizzazione, tecnologia, densità di popolazione, presenza di ospedali e di strutture di prossimità, facilità di accesso, efficienza diagnostica e terapeutica, uso delle tecnologie digitali. Saranno coinvolte cinque regioni (Lombardia, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia), le comunità montane, come la Val Seriana e la Val Brembana in provincia di Bergamo, e le comunità metropolitane e distrettuali (Milano, Monza e Brianza, Napoli, Taranto, Bari, Lecce).

Leggi il comunicato stampa

Un nuovo studio della SISSA e dell’Università Vanvitelli approfondisce le dinamiche che inducono le proteine prioniche ad assumere la forma patologica responsabile di gravi malattie neurodegenerative. Le malattie da prioni, come l’encefalopatia bovina spongiforme (“morbo della mucca pazza”), sono patologie infettive neurodegenerative letali che colpiscono esseri umani e altri mammiferi e per cui oggi non esiste una cura. Queste malattie sono causate dall’accumulo di prioni, versioni mal ripiegate di una proteina naturalmente presente nel nostro cervello.

Una nuova ricerca guidata da Giuseppe Legname della SISSA e da Roberto Fattorusso dell’Università Vanvitelli, pubblicata recentemente su Chemical Science, approfondisce il meccanismo molecolare che induce le proteine prioniche ad assumere la forma patologica. Una scoperta che apre la strada a possibili opzioni terapeutiche.

I prioni sono forme alterate, cioè mal ripiegate, della proteina cellulare prionica (PrPC) che è presente principalmente nel nostro cervello. Si tratta di agenti infettivi in grado di indurre la versione originale della proteina prionica ad assumere la forma patologica. L’accumulo di prioni nelle regioni cerebrali è la causa delle malattie prioniche, patologie neurodegenerative rapidamente progressive che colpiscono sia l’uomo che altri animali. In particolare, la replicazione dei prioni nel cervello crea delle minuscole bolle che portano alla formazione di forellini microscopici che rendono il tessuto cerebrale simile a una spugna, da qui il nome encefalopatie spongiformi. Le malattie prioniche sono caratterizzate da un graduale declino delle capacità cognitive e delle funzioni motorie, fino alla morte. Nonostante i numerosi studi sperimentali e teorici, il meccanismo molecolare che regola il cambiamento della struttura del prione dalla forma fisiologica a quella patologica era finora poco conosciuto.

“Per approfondire le dinamiche che regolano questo meccanismo, abbiamo effettuato sofisticati esperimenti di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) multidimensionali, condotti da Luigi Russo presso il nostro Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche  - spiega Roberto Fattorusso, coordinatore dello studio pubblicato su Chemical Science, rivista di punta della Royal Society of Chemistry - Grazie ad approcci sperimentali multidisciplinari che spaziano dalla biologia strutturale alla biologia cellulare  è stato possibile mettere in luce nuovi importanti dettagli sulle basi molecolari delle malattie prioniche”.

Al lavoro ha partecipato anche Giulia Salzano, ex dottoranda SISSA e attualmente post-doc presso lo Human Technopole di Milano.
Si è dunque arrivati a evidenziare una struttura della proteina prionica umana che è un intermedio tra la forma cellulare fisiologica e quella patologica. “Grazie a questa scoperta – spiega Giuseppe Legname, anche lui coordinatore dello studio e Direttore del Laboratory of Prion Biology della SISSA – ora sarà possibile disegnare nuove molecole organiche, e quindi dei farmaci, in grado di bloccare la transizione della proteina prionica dalla forma fisiologica a quella patologica, impedendo così la replicazione dei prioni. Un passo avanti molto importante per combattere questa famiglia di malattie neurodegenerative per cui al momento non esiste ancora una cura”.

IMG 2083Marco Romano, Primario della UOC di Epatogastroenterologia e Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Digerente dell'Ateneo Vanvitelli, è stato designato dalla Società Italiana di Gastroenterologia (SIGE) come coordinatore per la stesura delle linee guida sul trattamento dell’infezione da Helicobacter (H.) pylori in Italia.

Queste linee guida sono state stilate con il metodo GRADE dalla SIGE in collaborazione la Società Italiana di Endoscopia Digestiva (SIED) e sono state pubblicate sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità ed autorizzate all’uso in tutto il territorio italiano (Sistema Nazionale Linee Guida). L'infezione da H. pylori è particolarmente diffusa nella popolazione generale con una prevalenza variabile tra il 30 e il 50% .

L’ H. pylori è il principale agente eziologico di diverse patologie gastroduodenali, come la gastrite, la dispepsia, l'ulcera peptica, il linfoma gastrico MALT e l'adenocarcinoma dello stomaco ed inoltre è coinvolto nella patogenesi di diverse malattie extra-gastriche. È opportuno sottolineare come l’International Agency for Research on Cancer (IARC) abbia inserito l’H. pylori nel gruppo degli agenti carcinogeni di tipo 1 per il cancro dello stomaco e, pertanto, l’eradicazione dell’ H. pylori svolge un ruolo importante nella prevenzione primaria del cancro gastrico.

Vi è unanime consenso internazionale nel considerare la gastrite da H. pylori come una malattia infettiva, anche quando i pazienti non hanno sintomi ed indipendentemente dalla presenza di complicanze, come l’ulcera peptica ed il cancro gastrico. Pertanto, tutti i soggetti con infezione da H. pylori dovrebbero ricevere una terapia di eradicazione, a meno che non ci siano particolari controindicazioni. L'eradicazione dell'infezione è cruciale e sta diventando sempre più difficile da raggiungere a causa della aumentata resistenza dell’ H. pylori agli antibiotici comunemente utilizzati nella pratica clinica. Peraltro, una terapia guidata dall’ antibiogramma è scarsamente fattibile in Italia, così come nel resto del mondo, poiché i test di suscettibilità agli antibiotici condotti mediante coltura o test genetici su campioni bioptici di mucosa gastrica sono ancora scarsamente disponibili, onerosi, difficili da eseguire e necessitano dell’esecuzione della gastroscopia.

Pertanto, il trattamento dell’infezione da H. pylori nella pratica clinica è basato necessariamente su terapie prescritte empiricamente. E’ quindi molto importante adattare le raccomandazioni terapeutiche ai diversi tassi di resistenza locali agli antibiotici più comunemente utilizzati nell’eradicazione del batterio, in particolare claritromicina, metronidazolo e levofloxacina. La gestione terapeutica dei pazienti con infezione da H. pylori è in evoluzione per quanto concerne gli schemi terapeutici e la loro durata, proprio in funzione delle diverse prevalenze nazionali di ceppi batterici farmaco-resistenti. Da qui la necessità di linee guida italiane sul trattamento dell’ infezione da H. pylori.

Ad oggi non esistevano linee guida ministeriali sull’argomento e questa pubblicata con il coordinamento di Marco Romano è la prima in merito. La stesura del lavoro ha visto impegnati come membri della SIGE e della Vanvitelli Antonietta Gerarda Gravina, Ricercatore in Malattie dell’Apparato Digerente e Raffaele Pellegrino e Giovanna Palladino, medici in formazione specialistica in Malattie dell’Apparato Digerente.
Per la SIED hanno invece preso parte Rocco Maurizio Zagari, Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Digerente dell’ Università degli Studi di Bologna, Leonardo Henry Umberto Eusebi, Professore Associato di Malattie dell’Apparato Digerente, Università degli Studi di Bologna, Leonardo Frazzoni, Dirigente Medico, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Università degli Studi di Bologna e Elton Dajti, medico in formazione specialistica in Malattie dell’Apparato Digerente, Università degli Studi di Bologna.

Per maggiori informazioni: https://snlg.iss.it/wp-content/uploads/2023/01/LG-435-SIGE-Terapia-H-pylori.pdf

Natalità e benessere riproduttivo, appuntamento a Napoli il 17 e il 18 settembre in piazza del Plebiscito per discutere insieme ad esperti delle difficoltà e domande di uno dei momenti più delicati della vita di coppia.

Lo scopo di questa iniziativa è quello di parlare di natalità con le sue speranze, i suoi desideri, le sue problematiche, per  essere vicini alle coppie ed  aiutare le future mamme e i futuri papà a realizzare il loro desiderio con la fiducia di un parto ed una nascita sicura.

"Creare un villaggio in città ci è sembrata la soluzione migliore è più concreta per dialogare direttamente con le coppie, offrendo loro sia visite specialistiche gratuite che uno spazio per dialogare delle difficoltà riproduttive - afferma Nicola Colacurci, ordinario di Ginecologia alla Vanvitelli e Presidente della SIGO .- Lo scopo è quello di fare in modo che la gravidanza diventi nuovamente un momento centrale nella vita della donna, in un momento in cui c'è ancora il massimo della realtà riproduttiva".

Nel corso delle giornate si potranno ricevere consulti da parte di esperti in ostetricia, ginecologia, endocrinologia, andrologia, oltre a consulti di tipo alimentare e psicologico, per chiarire i tanti dubbi che spesso si accompagnano all'essere genitori.  

Ma non solo. Sarà anche possibile effettuare visite e check-up gratuiti sia per le coppie che lo desiderano sia per bambini fino a 12 mesi.

L'evento, patrocinato, tra gli altri, dall'Università Vanvitelli e  dall'Aou Vanvitelli e dalla Federico II, è stato è organizzato dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) in collaborazione con la Società Italiana di Endocrinologia (SIE) e la Società Italiana di Neonatologia (SIN)

Tra gli ospiti dell'evento ci sarà anche Francesca Valla, meglio conosciuta come Tata Francesca di SOS Tata.

SIGO scende in piazza attività cliniche Locandina

Vincono il titolo di miglior team italiano gli specializzandi di Pediatria dell’Ateneo Vanvitelli. La competizione si è tenuta a Padova nei giorni scorsi e ha visto la partecipazione di ben 35 scuole di pediatria provenienti da tutta Italia. Al termine di una serie di prove di simulazioni di rianimazione su manichini/neonati, hanno conquistato il primo posto i dottori della scuola di specializzazione dell’Università Vanvitelli, guidata da Silverio Perrotta.

La gara, la prima al mondo nel suo genere, era stata organizzata dal Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino dell’Azienda Ospedaliera di Padova.
Il team Vanvitelli era formato dai dottori Francesco Fasolino, Alberto Maria Colasante, Antonio Paride Passaro e dalla team leader Simona Puzone del reparto di Pediatria diretto da Emanuele Miraglia del Giudice.
Le 35 squadre erano state divise in sette giorni. Le migliori otto sono passate alla seconda fase che si è svolta ad eliminazione diretta, fino ad arrivare alla finale vinta dalla squadra Vanvitelli.

La gara si basava sui principali scenari di rianimazione neonatale, dall’asfissia alla cardiopatia, passando per le insufficienze respiratorie, fino alle sindromi da inalazione. Ogni team ha avuto a disposizione 10 minuti di tempo. Le simulazioni di salvataggio sono state effettuate su manichini, tecnologicamente avanzati, simili a bambini, tali da diventare cianotici ed emettere versi, così da far capire se le manovre che si facevano erano corrette o meno.

Le squadre sono state valutate da una giuria composta da 10 membri del Gruppo di Studio di Rianimazione Neonatale della Società Italiana di Neonatologia tra cui il professor Gary M. Weiner, neonatologo di Ann Arbor in Michigan, USA, membro della International Committee on Resuscitation's Neonatal Life support Task Force e autore dell'ultima edizione del Manuale di Rianimazione neonatale dell'American Academy of Pediatrics/American Heart Association usata in tutto il mondo.

Identificata una proteina responsabile dello sviluppo delle leucemie. Una proteina che potrebbe diventare quindi un bersaglio di terapie farmacologiche, rendendo questo tipo di tumore sempre più curabile.

In uno studio italiano condotto dai ricercatori del laboratorio di epigenetica presso il Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università Vanvitelli, coordinati dalla professoressa Lucia Altucci, in collaborazione con BIOGEM e un team di ricercatori olandesi, è stata identificata una nuova proteina coinvolta nell’insorgenza e nella progressione della Leucemia mieloide acuta (AML). La ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista “Molecular cancer”.

La proteina si chiama CBX2 ed appartiene ad una classe di proteine epigenetiche cosiddette regolatori epitrascrizionali. CBX2 funziona come un interruttore molecolare che, quando presente, è capace di “intrappolare” specifiche regioni del DNA (fenomeno conosciuto come condensazione del DNA) che diventano inaccessibili ai comuni fattori trascrizionali, non permettendo la trascrizione di geni in esse contenuti.

Nello studio, i ricercatori hanno osservato che le cellule leucemiche mostrano livelli di CBX2 più alti rispetto alle cellule normali ed hanno associato l’elevata espressione di CBX2 con le caratteristiche distintive del cancro, valutando come questa iper-espressione fosse strettamente implicata nella sopravvivenza delle cellule leucemiche stesse.
In seguito, i ricercatori attraverso l’utilizzo di tecnologie genetiche all’avanguardia, hanno chiarito il meccanismo attraverso cui CBX2 favorisce lo sviluppo della leucemia.

“L’aumentata espressione di CBX2 nelle cellule tumorali- afferma Nunzio Del Gaudio, ricercatore dell’Università Vanvitelli e principale autore dello studio - intrappola diversi geni all’interno di regioni molto condensate della cromatina (DNA e proteine) impedendone la trascrizione. Sorprendentemente abbiamo osservato che molti di questi geni codificano per proteine aventi una forte attività antitumorale”.

I ricercatori hanno infine dimostrato come la riduzione dei livelli proteici di CBX2 nelle cellule tumorali fosse capace di inibire la proliferazione tumorale ed eccezionalmente innescare i meccanismi di morte cellulare programmata evasi dal tumore.

“Il nostro studio – afferma Lucia Altucci, docente dell’ateneo Vanvitelli - identifica CBX2, come un nuovo potenziale bersaglio terapeutico per lo sviluppo di nuove terapie tumorali, inoltre, in laboratorio sono già in corso disegni sperimentali volti a sviluppare nuove molecole capaci di inibire l’attività di CBX2”.
Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “Molecular cancer” annoverata tra le più importanti riviste mondiali in campo oncologico (fattore di impatto 41,44!!). Pertanto, i risultati dello studio pongono le basi per lo sviluppo di nuove terapie molecolari di precisone allo scopo di rendere il cancro sempre più curabile.