Comunicare l’Università: le ragioni di una scelta.
Comunicare una istituzione pubblica come quella di una università non è mai operazione semplice nel suo posizionarsi – il processo progettuale e gli obiettivi della comunicazione – in quella linea sfumata nella quale le teorie del branding si intrecciano con la comunicazione di pubblica utilità o, ancora più specificatamente, con la comunicazione degli istituti di cultura.
Lungi dal voler stilare una ricognizione storica su quella stagione della Grafica di Pubblica Utilità1 che tanto ha animato il dibattito degli anni ’80 e ‘90, ci preme sottolineare, in questa sede, come la necessità di costruire una propria identità, per gli istituti universitari, sia diventato, oggi più che mai, un imperativo. Ma non perché un Ateneo sia assimilabile a un prodotto da commercializzare - tutt’altro – ma quanto invece perché il suo sistema identitario diventa strumento di connessione e dialogo attraverso la declinazione di artefatti, cartacei e digitali, che non a caso, proprio nel catalogo della mostra parigina del 1988 al Centre Pompidou- Images d’utilité publique – furono definiti “oggetti pubblici”2 .
Questa definizione è più che mai attuale e chiarisce l’aspetto centrale del ruolo prima di tutto sociale che un sistema identitario per una istituzione pubblica deve avere che non è solo strumento per diffondere il proprio brand quanto, invece, per comunicare la propria policy e affermare il proprio ruolo politico, di governo, culturale, e anche strategico in relazione al territorio nel quale si inserisce, al network nazionale e internazionale nel quale vuole vivere e per quell’utenza, interna ed esterna, che è il vero attore della vita di un Ateneo. Un vero strumento di dialogo, quindi, che non può essere demandato solo al disegno di un “logo”, magari esteticamente anche gradevole, ma privo di quei contenuti valoriali che un falso sistema botton up non sarebbe in grado di fare evolvere, bensì una vera e propria architettura di brand, capace di veicolare valori condivisi e documentati, costruiti attraverso una visione strategica e di sistema.
Queste, tra le altre, le ragioni che hanno accompagnato la giuria interazionale dalle prime fasi di apertura dei plichi e analisi dei progetti, fino alle valutazioni conclusive, per un concorso internazionale – aperto a tutti i progettisti e vincolato dall’anonimato - che si presentava come una sfida non facile, sia per i suoi aspetti tecnici che di contenuto. Il bando infatti, e il brief allegato, richiedevano la progettazione di un sistema identitario in grado di poter essere declinato su un doppio registro – uno istituzionale di rappresentanza degli organi di governo dell’Ateneo e delle sue strutture – e uno più divulgativo e friendly – in grado di aprire ad un pubblico più ampio non necessariamente interno all’istituzione. Operazione non facile laddove i due registri, seppur differenziati, avrebbero dovuto comunque convergere su un sistema di identificazione unico, forte e a chiara riconoscibilità.
Altro aspetto di non facile gestione, la necessità di staccarsi da un segno, il precedente emblema, che seppur nel suo tentativo di rievocare origini storiche, attraverso la forma a medaglia, di fatto lasciava intravedere nella declinazione debole degli elementi iconici coinvolti, la sua reale giovane età. L’inversione narrativa che quindi si è voluta dare, con il cambio di naming prima e con il concorso di rebranding poi, ha voluto significare diverse cose: da un lato la necessità di fare chiarezza sulle proprie origini rivendicando la propria natura contemporanea come vantaggio competitivo laddove la connotazione storica la si è ricercata nella relazione con le radici del territorio, italico, nel quale l’Ateneo vive; dall’altro lato, la natura reticolare dell’Ateneo, lontano dai “palazzi” di matrice ottocentesca, si presenta con una sua natura pulviscolare e diffusa in grado di costruire una vera e propria relazione con il territorio. Una tessitura acentrata attraverso la quale veicolare la natura dinamica dell’Ateneo come valore strategico.
Il concorso come forma di partecipazione.
Questi i presupposti alla base del concorso internazionale bandito dall’Ateneo con la supervisione di Aiap - Associazione italiana design della comunicazione visiva, e che ha contato 140 plichi dei quali 13 arrivati fuori termine (e, quindi, non valutabili) da diversi paesi di provenienza tra cui Spagna, Grecia, Croazia, Portogallo, Germania e molti altri ancora a riprova dell’interesse suscitato nella comunità internazionale dei designer e a riprova della serietà del processo adottato. Un processo in linea con le direttive internazionali di Ico_D International Council of Design3, in merito a concorsi di questo tipo e che prevede, tra le altre, l’obbligo dell’anonimato per i partecipanti, tempi di realizzazione adeguati al lavoro richiesto, trasparenza delle norme di valutazione, definizione precisa del tema e dei materiali richiesti, predisposizione di una adeguata documentazione, congruità dei premi, giuria qualificata che comprenda esperti di comunicazione e/o progettazione grafica4. Elementi questi, tutti presenti nel bando così come la presenza, in giuria, di due esponenti di spicco nel panorama internazionale del progetto.
Parliamo di Ruedi Baur, designer di fama internazionale, già membro Agi Alliance Graphique International5, fondatore della rete interdisciplinare Intégral Concept per la quale dirige i laboratori di Parigi, Zurigo e Berlino; docente dal 1987, coordinatore del dipartimento di design della École des Beaux-arts di Lione, professore presso la Hochschule für Grafik und Buchkunst di Lipsia, di cui è stato rettore dal 1997 al 2000. Nel 2004, ha fondato l'istituto di ricerca Design2context presso la Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK) e dal 2011 insegna presso l'Università di Arte e Design di Ginevra, alla École des Arts décoratifs di Parigi e regolarmente in Cina alla Luxun Academy di Shenyang, al CAFA di Pechino e alla École internationale de Percé di Percé, legata a Université Laval à Québec che gli ha conferito un dottorato honoris causa nel 2007. Tra i tantissimi progetti da lui ideati ci limitiamo a segnalare: l'identità visiva per il Centro Pompidou, quella per Chambord Parco, e la Cité internationale universitaire de Paris. Attualmente sta lavorando al sistema di identità visiva del La Sorbonne di Parigi.
Ma parliamo anche di Astrid Stavro, designer italo-spagnola, anch’essa membro AGI del quale attualmente è segretario generale. Designer pluripremiata, fonda la Atlas a Palma de Mallorca e New York lavorando, tra gli altri per: Phaidon, Camper, IBM, BMW, Random Houdìse Mondadori, Laurence King, Museo National Centro de Arte Reina Sofia, Mirò Foundation, Lars Müller Publishers e il Design Museum di Barcellona. Astrid Stavro ha accumulato oltre 300 premi in importanti concorsi internazionali di design, tra i quali la Graphite Pencil alla D&AD quale migliore agenzia internazionale del 2015, scrive per numerose riviste internazionali di design e attualmente è direttore creativo e redattore della rivista Elephant. Designer leader dell’AIGA di New York, Graphic designer Master, membro della Società Internazionale di progettisti grafici (ISTD) e membro del Consiglio ADG (Associazione Spagnola dei Progettisti Grafici).
Due presenze di indiscussa autorevolezza, quindi che, nei tre giorni fitti di valutazione, ha impresso un metodo di lavoro severo e attento attraverso il quale ogni progetto pervenuto è stato discusso, analizzato e valutato non solo per la sua forza comunicativa ma anche per la sua capacità di aderire alle istanze dell’Ateneo e alle indicazioni evidenziate nel brief.
Il progetto premiato si è rivelato essere, a chiusura della graduatoria, e ad apertura delle buste, a firma di Dario Curatolo, architetto e designer che vive e lavora a Roma, già membro del comitato scientifico della Triennale di Milano e membro del direttivo ADI.
Un sistema aperto
Entrambi i giurati, insieme agli altri membri della giuria –Patrizia Ranzo, decano di design, Cinzia Ferrara Presidente Aiap e Giuseppe Paolisso quale rappresentante istituzionale dell’Ateneo, hanno valutato il progetto premiato per la capacità di essere un sistema aperto, gestibile sul doppio registro – istituzionale e colloquiale – richiesto dal bando e anche, per il suo carattere da un lato assertivo - la base solida costituita dal simbolo “V” sintesi della “U” ripresa dalla scrittura epigrafica latina e dalla “V” di Vanvitelli, compenetrate in un unico segno distintivo espressione del passato e del futuro dell’istituzione, e dall’altro lato, incredibilmente aperto, in grado non solo di accogliere le differenti anime dei saperi scientifici presenti nei vari dipartimenti, ma anche rappresentare un tessuto, connesso e variabile, in grado di costruire elementi narrativi a carattere dinamico, riaffermati e ricreati continuamente.
Il sistema infatti, prevede tre differenti registri comunicativi:
un primo livello, istituzionale, dove il naming dell’Ateneo si accompagna al segno/simbolo che riassume in sé il senso della “V” capitale messi in raccordo grazie alla coppia dei due punti, segno di punteggiatura dell’alfabeto, che si antepone alla seconda parte testuale del marchio in cui è riportata la denominazione dell'Ateneo. Espediente questo che ha consentito di riassumere, in un unico sistema, descriptor e valori; la radice culturale – il riferimento storico a Vanvitelli e alla sede casertana - e allo stile istituzionale proprio di un Ateneo trasferito attraverso l’elegante scelta del Baskerville quale font per la denominazione; ma allo stesso tempo, attraverso la forma sintetica e asciutta della capitale “V” un senso di profondo radicamento nella contemporaneità.
Un secondo livello, solido nella sua matrice principale –la “V” capitale con i due punti, e variabile nella seconda area del campo nella quale la denominazione dell’Ateneo cede il posto ai vari significati specifici dei singoli dipartimenti o delle singole aree disciplinari. Come a dire: la Vanvitelli è. E ogni volta è un aspetto specifico della didattica, della ricerca, del sapere contestualizzato in un simbolo, in una immagine, in una firma. Un sistema aperto pronto ad accogliere e ad assimilare le differenti anime dell’Ateneo.
Il terzo registro, invece, si pone come matrice generativa laddove il modulo quadrato puntinato diventa base costruttiva in grado di generare infiniti campi visivi. “Forme senza confini”, così le ha definite il designer autore del progetto, che creano pattern modulabili su qualsiasi superficie e che da un lato rafforzano il sistema identitario principale sistema dall’altro lato consentono declinazioni variabili e dinamiche. Una interpretazione sobria delle indicazioni poste del brief, che non scivola nell’eleborazione di immagini meramente decorative, bensì diventa amplificatore evocativo, rimandando sempre alla matrice principale del segno istituzionale.
Un progetto molto contemporaneo, quindi, che si pone come un sistema narrativo composto da diversi elementi intercambiabili ma riconducibili ad una unità comune e riconoscibile. Un sistema forte nella sua essenzialità e che ci riporta a paradigmi di lontana memoria, quel less is more, che in tempi di overproduzione di immagini stabilisce un principio di rigore nella gestione di un sistema identitario come quello del nostro Ateneo, per sua stessa natura complesso, policentrico, dinamico e aperto.
Guarda la gallery
di Daniela Piscitelli, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile, Design, Edilizia e Ambiente dell'Università degli studi della Campania luigi Vanvitelli
1Nel suo saggio “Cultura del design e design per la cultura” Dario Scodeller traccia con grande attenzione gli episodi storici che intrecciano la stagione della Comunicazione di Pubblica Utilità con la nascita della Università Europea. Pag 6 Scodeller, etc etc…..
2Una interessante ricognizione sulla comunicazione pubblica e per le università la si trova in Dario Scodeller, “Culture del design e Design per la cultura” in Veronica dal Buono, Comunicare l’Università, collana Media MD, 2016
3A questo link è possibile visionare le norme complete: http://www.aiap.it/documenti/8051
4Al seguente link è possibile scaricare tutta la documentazione del bando: http://www.aiap.it/notizie/14928/
5l’AGI è un “club” internazionale i cui parametri di ingresso sono severissimi e molto restrittivi. Farne parte significa aver superato una serie di valutazioni internazionali e giurie di selezione. Per ulteriori informazioni: http://a-g-i.org